Agli americani la storia è piaciuta tantissimo, del resto per loro sentir parlare di Sicilia e padrini evoca subito Marlon Brando e atmosfere rese familiari dal grande cinema. In Italia invece se n’è parlato molto meno, eppure la notizia non è banale: la Chiesa siciliana sta decidendo di eliminare dai battesimi i padrini e le madrine, perché queste figure avrebbero perso la loro funzione originaria e spesso ormai servono, quando va bene, solo ad assicurare al bambino un fornitore di regali costosi. Nei casi peggiori, a creare o consolidare rapporti con famiglie mafiose.

La decisione riguarda per ora solo alcune diocesi, in particolare nelle settimane scorse è stata quella di Catania a emanare il “divieto di padrini”, ma a quanto pare l’orientamento è condiviso da tutti i vescovi dell’isola. La vicenda ha attirato subito l’attenzione del New York Times, che con Jason Horowitz le ha dedicato un servizio molto ampio: troppo ghiotta l’occasione, dato che tutto questo accade – come sottolinea l’articolo – “in the land of the Godfather”, nella terra del Padrino, e qui il riferimento esplicito è al personaggio di don Vito Corleone nella saga diretta da Francis Ford Coppola.

Una tradizione che resiste

Molti altri media americani hanno ripreso la notizia; ma se il loro interesse tradisce una concezione tutto sommato folcloristica del nostro Paese e del fenomeno mafioso, resta il fatto che la decisione dell’arcivescovo catanese Salvatore Gristina ha del clamoroso. Soprattutto, stimola una riflessione che chiama in causa la gran parte delle famiglie in tutta Italia, dato che poche si sottraggono alla tradizione di battezzare i loro figli. Anche quelle che hanno rapporti molto labili con la religione e la Chiesa. E di regola scelgono con cura la madrina e il padrino; ma in base a quali criteri, e per quali finalità?

Marlon Brando in una scena del film “Il padrino” (Interfoto/Archivio US)
Marlon Brando in una scena del film “Il padrino” (Interfoto/Archivio US)
Marlon Brando in una scena del film “Il padrino” (Interfoto/Archivio US)

Non è solo il rischio di inquinamento para-mafioso a compromettere le figure di coloro che, almeno in teoria, dovrebbero accompagnare la crescita del battezzato nella fede cristiana. Tanto è vero che anche in altre regioni italiane ci sono diocesi che hanno preceduto quelle siciliane nel bando ai padrini. Lo stesso articolo del New York Times ricorda che qualche anno fa il cardinale pattadese Angelo Becciu, allora sostituto per gli affari generali della Segreteria di Stato vaticana, era stato interpellato sulla questione dall’arcivescovo di Reggio Calabria, Giuseppe Fiorini Morosini, che intendeva adottare la regola poi formulata dai colleghi siciliani, e per le medesime ragioni. Becciu avrebbe in quel caso concesso un via libera condizionato però al consenso di tutte le diocesi calabresi (cosa che non si verificò), ispirandosi di fatto a una sorta di insolito federalismo spirituale.

Le regole e i requisiti

Ma non è detto che una norma simile non sia opportuna anche nelle regioni immuni al contagio mafioso. Per i cattolici, la presenza dei “genitori nella fede” nel sacramento del battesimo ha un senso ben preciso, quello di affiancare i genitori veri nella formazione religiosa dei giovani. Per questo vengono richieste determinate caratteristiche, che addirittura vengono certificate da un sacerdote (il famoso nulla osta).

“Se applicassimo le regole rigidamente, forse dovremmo consentire di fare il padrino solo al 10 per cento di quelli che ce lo chiedono”, riflette don Luciano Salaris, parroco di San Paolo a Sassari e attento studioso delle questioni teologiche e pastorali. Nel battesimo dei bambini, va detto, non è strettamente necessario che ci siano una madrina e un padrino: “Il Codice di diritto canonico – spiega il sacerdote – dice che devono essere presenti ‘per quanto possibile’, mentre sono obbligatori nel battesimo degli adulti. Ma ritengo che quella espressione si riferisca più che altro ai casi di emergenza”, come quando ci sia l’urgenza di battezzare un bimbo in pericolo di vita. “In generale però la Chiesa preferisce che ci siano”.

Un bimbo viene asperso con l'acqua santa (foto archivio L'Unione Sarda)
Un bimbo viene asperso con l'acqua santa (foto archivio L'Unione Sarda)
Un bimbo viene asperso con l'acqua santa (foto archivio L'Unione Sarda)

Solo che in genere si utilizzano il battesimo e la cresima dei figli per distribuire i ruoli tra i familiari, e la vera preoccupazione è non offendere nessuno. “È vero che è diventata una figura del tutto diversa da quella originaria”, riprende don Salaris, “e la scelta si basa ormai su criteri non cristiani, ma puramente umani. La decisione dei vescovi siciliani si può capire, comunque il problema esiste dappertutto”. Sulla materia, per altro, ci sono tante regole o raccomandazioni che la gente perlopiù ignora: “Per esempio la Chiesa suggerisce che la madrina o il padrino del primo sacramento sia la stessa persona che accompagna il cresimando, per garantire una continuità”. Ma non ne tiene conto praticamente nessuno.

Altre convinzioni diffuse e sbagliate: non sta scritto da nessuna parte che nel battesimo compaiano sia il padrino che la madrina, può esserci solo uno dei due. E non necessariamente dello stesso sesso del battezzando (vale anche per la cresima). Se invece si scelgono due persone, non è prescritta alcuna “parità di genere”: possono essere due uomini o due donne.

L’articolo del New York Times mette in evidenza anche la tendenza a cercare un padrino, se non proprio mafioso, quanto meno potente, per omaggiarlo e meritarne i favori per il bambino: viene citato l’ex governatore siciliano Totò Cuffaro, noto “Vasa Vasa” (che sul NYT diventa ovviamente Kiss Kiss), che però spiega di avere solo una ventina di figliocci, pari appena al 5 per cento delle richieste ricevute. “E comunque io li seguo tutti nella loro crescita di fede”, assicura. “Anche in Sardegna – conferma don Salaris – capita di trovare uomini politici con decine di figliocci, magari consiglieri comunali o regionali. Ma accade meno di prima. E comunque ci sono anche famiglie che invece valorizzano il ruolo spirituale di chi battezza i loro figli”.

Non è facile, per un prete, dire di no a un padrino o una madrina chiaramente privi dei requisiti minimi per il ruolo (tra cui il fatto di vivere in modo conforme al credo della Chiesa): “A volte quando arrivano da noi hanno già comprato il regalo”, racconta il parroco di San Paolo, “io cerco di parlarci, di motivare le regole spiegando il senso e l’importanza della loro figura”. Il tutto con la saggezza e la capacità di comprensione del pastore d’anime: “Provo a far capire che possono anche raccontarmi bugie e indurmi così a firmare il nulla osta, ma in questo modo non saranno mai davvero dei padrini o delle madrine. Se mostri il volto accogliente della Chiesa, a volte si crea anche un del dialogo pastorale e magari da cosa nasce cosa. Alla fine può capitare di rivedere alla Messa persone che non venivano più da tempo. Se invece l’approccio è punitivo”, conclude don Salaris, “se si pretende solo di imporre una serie di lezioni sul battesimo ma senza capire chi si ha davanti, di solito non funziona”. Poi magari la festa si farà lo stesso, arriveranno i regali e gli auguri. Ma senza sapere bene perché.

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