Il conflitto tra Russia e Ucraina produce distruzione e semina morte, uccide perfino le speranze e costringe migliaia di persone ad abbandonare le proprie abitazioni. "I bambini in Ucraina hanno sopportato due lunghi anni di violenza e distruzione. Molte famiglie sono state costrette a lasciare le loro case in cerca di sicurezza e hanno scelto di tornare non appena è stato possibile farlo. Per loro, nessun posto è come la loro casa e noi dobbiamo rispettare la loro volontà di essere nel luogo a cui appartengono”, dice Sonia Khush, direttrice di Save the Children Ucraina. “Entrando nel terzo anno di guerra, la nostra attenzione si sposta sull'aiuto alle comunità colpite dal conflitto a ricostruire e a riprendersi, in modo che le famiglie abbiano gli strumenti per ricominciare la loro vita e i bambini possano essere bambini - imparare, giocare e ridere insieme ai loro amici - nonostante le atrocità che li circondano".

L’organizzazione umanitaria che da oltre un secolo si batte in 120 paesi del mondo a tutela dei diritti dei più piccoli svela cifre drammatiche e testimonianze agghiaccianti. “Nei due anni trascorsi dall'escalation del conflitto in Ucraina, avvenuta il 24 febbraio 2022 – si legge in un documento che gronda orrore - milioni di persone sono fuggite per mettersi in salvo, oltre 15 milioni di persone hanno abbandonato le proprie case. Ancora oggi, 6,3 milioni di ucraini sono rifugiati all'estero e 3,7 milioni sono sfollati all'interno del Paese”. A livello internazionale il triste primato dei bambini sfollati in aree di guerra spetta al Sudan dove lo scorso anno oltre quattro milioni di loro hanno dovuto abbandonare le loro abitazioni. Ma la situazione è drammatica anche in Somalia e nei Territori palestinesi.

“Secondo le Nazioni Unite, i bambini rappresentano circa il 40% delle persone costrette ad abbandonare le loro case nel mondo. Molti di loro non possono andare a scuola, non hanno cibo a sufficienza, hanno scarso accesso all'assistenza sanitaria, sono a rischio di abusi e violenze e necessitano di sostegno psicologico dopo gli eventi di cui sono stati testimoni. Le difficoltà economiche possono, inoltre, esporre i bambini al rischio di essere coinvolti in attività criminali, lavoro minorile, sfruttamento sessuale o di aderire a gruppi armati”, osserva Daniela Fatarella, direttrice generale di Save the Children. “Le statistiche sono schiaccianti, ma un bambino sfollato non è solo un numero. È un bambino che molto probabilmente è stato testimone del tipo di violenza o distruzione che nessun bambino dovrebbe mai vedere, prima di doversi lasciare alle spalle tutto ciò che conosce. Quando i bambini perdono le loro case, perdono quasi tutto: l'accesso all'assistenza sanitaria, all'istruzione, al cibo e alla sicurezza. Cose che non possono essere portate con sé”.

Una donna ucraina lascia la propria casa dopo un bombardamento (Ansa)
Una donna ucraina lascia la propria casa dopo un bombardamento (Ansa)
Una donna ucraina lascia la propria casa dopo un bombardamento (Ansa)

Le voci delle ucraine in fuga dalla guerra sintetizzano la portata della tragedia umanitaria che purtroppo non ha confini Fotografata anche da una testimonianza raccolta sulla striscia di Gaza.

Maryna, 39 anni, di Kherson, è fuggita con la famiglia in un villaggio vicino a Mykolaiv, nel settembre 2022. Quando la famiglia è tornata a casa, ha trovato distruzione e abbracciato un marito che nel frattempo aveva perso ogni mezzo di sostentamento. “Il terreno – racconta - era più o meno a posto, ma la casa era distrutta. Quando siamo tornati qui, non c'era lavoro perché tutto era stato distrutto qui intorno. In estate hanno iniziato a riparare i macchinari che erano rimasti... così mio marito veniva pagato un tanto all'ora. Ora, in inverno, non ha lavoro e nessuno sa se in primavera ce ne sarà perché i terreni agricoli non sono stati sminati”.

Immaginabile l’impatto psicologico di esperienze del genere sui bambini e sulle loro famiglie, La figlia di Maryna, Anna, 12 anni, non vedeva l’ora di tornare a casa a Kherson: "La gente dice: Est o Ovest, la casa è la cosa migliore. Il villaggio in cui abbiamo soggiornato era un posto migliore e più curato. Avrete visto che qui non abbiamo nulla. Ma a casa si sta molto meglio. Qui abbiamo cani e gatti, le sono mancati molto. E anche la nonna e il nonno”. La bambina esprime desideri per ora irrealizzabili, visto che la tregua non accenna a materializzarsi.

“Vorrei studiare a scuola, in qualche modo, ma non a distanza”, continua Anna. Parlare con gli insegnanti a scuola, con i bambini, in modo che ci sia comunicazione, che possa vedere gli amici. La mia amica vive lontano, vorrei parlarle. Ci parlo comunque, ma vorrei farlo di persona”, prosegue la piccola che frequenta solo lezioni online perché è troppo pericoloso giocare all'aperto, a causa dei bombardamenti.

Dall’Ucraina al Medio Oriente la sostanza non cambia. Shady, 40 anni, agricoltore del nord di Gaza, è fuggito al sud quando l’offensiva israeliana si è fatta più intensa. Ogni giorno la mancanza di cibo e l’emergenza igienico sanitaria costituiscono una sfida da affrontare.

“Ci siamo lasciati tutto alle spalle. Tutti i nostri beni, tutto ciò che possediamo, i nostri vestiti e le nostre lenzuola, tutto è rimasto indietro", racconta Shadi. “Durante il giorno, nella tenda fa caldo. E quando arriva la notte, è freddo. Fa un freddo cane fino alle 7 del mattino. Stringiamo i nostri figli nei nostri vestiti per riscaldarci”.

Francesco Alesi per Save the Children
Francesco Alesi per Save the Children
Il flashmob promosso da Save The Children davanti al Pantheon di Roma (Francesco Alesi per Save the Children)

Nei giorni scorsi, per sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema, Save The Children Italia ha lanciato la campagna “Cisa salveresti?” initando a rispondere a questa domanda. “Cosa salveresti se fossi costretto ad abbandonare la tua casa a causa di una guerra?” Il quesito è stato lanciato in un flashmob organizzato a Roma, nei pressi del Pantheon. Attori nel ruolo di profughi passavano tra la gente con una valigia, dove raccogliere giocattoli, fotografie, indumenti e un’etichetta che racconta la storia di chi è costretto a fuggire.

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