Dogma molto discusso e spesso malinteso, l’Immacolata Concezione è uno dei concetti che più hanno diviso i teologi: fin dagli albori dell’era cristiana, anche se poi è stato proclamato definitivamente solo l’8 dicembre del 1854. Non molti sanno però che nella storia millenaria del dibattito dottrinale è intervenuta anche una presa di posizione addirittura del parlamento sardo: precisamente degli Stamenti di Cagliari, che il 7 marzo 1632 si trovarono addirittura a votare in favore dell’ipotesi che la Madonna fosse nata senza il peccato originale. Una questione che sembra la più lontana possibile dalle competenze di un’assemblea civica, ma questo lo diciamo alla luce delle nostre attuali teorie sullo Stato laico. Nel XVII secolo, la cosa non era così assurda come apparirebbe oggi.

Il racconto più dettagliato di questo singolare episodio è probabilmente quello del celebre storico cagliaritano Pietro Martini, nella sua “Storia ecclesiastica di Sardegna”, del 1839. Qualche anno dopo lo riprese Efisio Lippi, sacerdote mercedario che nel 1870 diede alle stampe un volume sulla storia del santuario di Bonaria. Non è insignificante il dettaglio che Lippi appartenesse all’ordine di Santa Maria della Mercede. Martini ricollega infatti il voto parlamentare del 1632 alla circostanza che in quell’epoca fossero mercedari due personaggi tra i più potenti a Cagliari: ossia l’arcivescovo Ambrogio Machìn di Alghero e il suo uomo più fedele, Gaspare Prieto, arcivescovo a sua volta (aveva rilevato proprio la sede della città catalana lasciata da Machìn) e nominato dalla Corona spagnola presidente del Regno di Sardegna: carica distinta ma paragonabile a quella del vicerè.

L’influenza dei due prelati

Machìn era anche la “prima voce” (una sorta di presidente) dello stamento ecclesiastico, uno dei tre rami del parlamento sardo, insieme allo stamento militare e a quello reale. Con Prieto perciò non ebbe difficoltà a indurre le Corti intere, prima dello scioglimento, a deliberare quella votazione a metà tra l’affermazione teologica e l’atto di devozione. Scrive Martini che “sotto l’influenza di questi due prelati, accesisi i petti dei rappresentanti della nazione di singolare ardore religioso verso la gran Madre di Dio, deliberarono, che prima di sciogliersi il consesso, in nome del sardo popolo e colle forme le più solenni, ad onore suo giurerebbero il di lei purissimo concepimento”. E così accadde, nella cattedrale cagliaritana di Santa Maria Assunta, dove abitualmente prestavano giuramento i rappresentanti dei tre stamenti. Un giorno che, secondo la narrazione dello storico, fu di grande tripudio, addirittura con giochi pirotecnici: “La città tutta festeggiò fino a notte tardissima. Archi trionfali, fuochi d’artifizio, luminarie vi si fecero”.

Il dipinto della Madonna degli Stamenti, nella cattedrale di Cagliari, davanti al quale fu prestato il giuramento
Il dipinto della Madonna degli Stamenti, nella cattedrale di Cagliari, davanti al quale fu prestato il giuramento
Il quadro della Madonna degli Stamenti, nella cattedrale di Cagliari, davanti al quale gli Stamenti giurarono l'Immacolata Concezione di Maria

La formula votata in quell’occasione recitava, tra l’altro: “Affermiamo che il vero e naturale concepimento della santissima Vergine Maria madre di nostro Signore Gesù Cristo (…), nel primo instante che la di lei anima benedetta fu creata, infusa ed unita col suo sagrato corpo, in nissuna maniera fu tocca della labe comune della colpa originale, cui vanno soggetti gli altri figliuoli di Adamo; ma che anzi, infino dal primo momento della sua creazione, fu sempre immacolata, pura, bella, aggradevole e santa agli occhi di Dio”.

Più di duecento anni prima dell’ufficializzazione del dogma da parte di Pio IX, gli stamenti sardi avevano dunque già preso posizione sulla grande disputa teologica dell’Immacolata Concezione. Che riguarda, appunto, il fatto che Maria sia stata concepita già libera dal peccato originale (non c’entra niente, invece, la sua verginità malgrado il concepimento di Gesù: errore frequente anche tra i fedeli).

Il dibattito dottrinale

Basata su alcune affermazioni bibliche, questa dottrina serviva già ai padri della Chiesa ad affermare che la madre del Salvatore non poteva condividere con gli uomini la natura di peccatori. Alcuni però obiettarono che la salvezza del genere umano operata da Gesù non poteva che essere perfetta, universale: Maria, unica esente dal peccato, l’avrebbe quindi contraddetta. Allora Anselmo d’Aosta, nell’undicesimo secolo, e poi altri teologi tra cui Tommaso d’Aquino ipotizzarono che la Madonna fosse stata concepita come tutti col peccato originale, ma ne fosse stata anche redenta prima della nascita di Cristo. Si parlò quindi di “redenzione anticipata”.

A risolvere il dilemma teologico fu Duns Scoto, nel tredicesimo secolo, che sostenne una redenzione non anticipata, ma “preventiva”. Maria, predestinata dal piano divino a generare il Figlio di Dio, sarebbe stata perciò redenta addirittura prima del suo concepimento: e dunque “concepita senza peccato”, come recita una preghiera tradizionale comune tra i fedeli già prima della proclamazione del dogma nel 1854.

Quest’ultimo aspetto non è strano: molto spesso con i dogmi ufficiali la Chiesa ha dato una veste teologica a concetti già consolidati tra i cattolici, affermati dalla religiosità popolare. Anche per questo il pronunciamento del parlamento di Sardegna, per quanto possa apparire bizzarro al giorno d’oggi, ebbe in realtà un ruolo rilevante nella diffusione, in questo caso tra i fedeli dell’Isola, del culto che poi è stato solennizzato con la festa dell’8 dicembre, che apre le porte al periodo natalizio.

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