La chiamano dispersione scolastica. In termini più spiccioli è la resa dell’intelligenza. Senza condizioni. I ragazzi in fuga da scuola sono sempre di più, aumentano i giovani sfaccendati per forza, chi trova un impiego a tempo indeterminato può dire di aver vinto una scommessa. Vale in Europa, nella Penisola e vale anche in Sardegna, dove – rivela l’Atlante dell’infanzia a rischio, dal titolo “Il futuro è già qui”, diffuso a pochi giorni dalla Giornata mondiale dell’Infanzia e dell’Adolescenza da Save the Children – il quadro delle problematiche che investono infanzia e adolescenza è impietoso. Mancata istruzione e indigenza costituiscono ancora un dramma. “Più di un minore su cinque (22,8%) – si legge nel rapporto dell’associazione umanitaria - vive in condizioni di povertà relativa, superando la media nazionale. Gli “early school leavers” – cioè ragazzi tra i 18 e i 24 anni che non studiano e non hanno concluso il ciclo d’istruzione ­– sono il 12%, una percentuale inferiore rispetto alla media nazionale del 13,1% ma comunque lontana da quella europea (9,9%). I Neet - giovani tra i 15 e i 29 anni che non lavorano, non studiano e non sono inseriti in alcun percorso di formazione - raggiungono la percentuale del 26,1, un numero che supera di poco la media italiana (23,3%) ma che raggiunge il doppio di quella europea (13,7%)”.

Bachisio Porru\u00A0(foto archivio L'Unione Sarda)
Bachisio Porru\u00A0(foto archivio L'Unione Sarda)
Bachisio Porru (foto archivio L'Unione Sarda)

Bachisio Porru, sardo di Olzai, ex sindaco del suo paese, ma soprattutto dirigente scolastico di robusta esperienza e grande competenza ora in pensione, non ha mai smesso di denunciare la mancanza di politiche idonee a sostegno dell’istruzione. E oggi la sua riflessione è la stessa. “Questi diffusi da Save the Children – osserva – sono dati drammatici che non mi meravigliano, appaiono in linea con tutte le rilevazioni nazionali e internazionali sull’istruzione e formazione professionale in Sardegna. Ciò che mi stupisce, invece, è il fatto che tutti gli ultimi esecutivi regionali di centrodestra e di centrosinistra non hanno trovato rimedi, o meglio hanno illuso l’opinione pubblica di averli trovati. Per fronteggiare la dispersione scolastica bisognava invece governare l’offerta formativa rendendola più moderna e più vicina alle esigenze di sviluppo della comunità regionale”.

Daniela Fatarella (foto Francesco Alesi)
Daniela Fatarella (foto Francesco Alesi)
Daniela Fatarella (foto Francesco Alesi)

Le diseguaglianze e la povertà educativa caratterizzano anche la primissima infanzia. In Sardegna - si legge nell'Atlante di Save the Children - poco più di un bambino su 10 (13%) usufruisce di asili nido o servizi integrativi per l’infanzia finanziati dai Comuni, un dato al di sotto della media nazionale che si attesta al 14,7%. La spesa media pro capite (per ogni bambino sotto i 3 anni) dei Comuni della Sardegna per la prima infanzia è di 612 euro ciascuno, un dato basso se si pensa che la media in Italia è di 906 euro (si passa dalla spesa di Trento di 2.481 euro fino ai 149 euro in Calabria).

Il quadro sardo e nazionale ovviamente preoccupa anche i vertici dell’associazione che storicamente difende i diritti dell’infanzia.

“Siamo di fronte a un domani incerto. Da un lato c’è un futuro che rischia di essere compromesso dalla crisi economica, educativa, climatica. Dall’altro sembra esserci la miopia della politica che in questi ultimi decenni non ha investito a sufficienza sul bene più prezioso del nostro paese, l’infanzia. In Italia abbiamo un milione e trecentomila minori in povertà assoluta e la percentuale di Neet (giovani che non studiano, non trovano lavoro e non lo cercano neppure) più alta d’Europa, con un esercito di giovani che non studia, non cerca lavoro e non si forma. Giovani che non sono messi nelle condizioni di contribuire attivamente allo sviluppo del Paese, senza dimenticare che povertà e assenza di educazione sono il terreno perfetto per attrarre risorse nelle mafie organizzate”, afferma Daniela Fatarella, direttrice generale di Save the Children Italia. “Ascoltare le istanze di bambine, bambini e ragazzi è un imperativo: si aspettano una società diversa e dobbiamo renderli protagonisti di questo cambiamento. Il tempo delle parole è passato e ora bisogna immediatamente impegnarsi in politiche concrete a favore dell’infanzia: i fondi dedicati alla Next Generation sono risorse importanti che possono trasformare le parole in realtà ed è un’occasione che non possiamo perdere”.

Un laboratorio scolastico (foto Francesco Alesi)
Un laboratorio scolastico (foto Francesco Alesi)
Un laboratorio scolastico (foto Francesco Alesi)

L’incubo del Covid ha accentuato le diseguaglianze, assottigliato le prospettive, spento perfino le speranze. “Con la pandemia i divari nelle opportunità di crescita si sono ampliati, non solo lungo la linea geografica nord sud, ma anche all’interno delle regioni più sviluppate, nelle grandi città come nelle aree interne”, spiega Raffaela Milano, direttrice dei Programmi Italia-Europa di Save the Children. “Quella descritta dall’Atlante è una geografia dell’infanzia che svela ingiustizie di opportunità, di diritti e di futuro. Il punto di svolta per invertire la rotta è il Pnrr, combinato alla nuova programmazione dei fondi europei e alla Child Guarantee, un investimento complessivo sull’infanzia che non ha precedenti dal dopoguerra. Ma se l’impiego di queste risorse sarà volto a rafforzare solo i territori più attrezzati e verrà tutto deciso dall’alto, senza un coinvolgimento delle comunità locali e degli stessi ragazzi e ragazze, il rischio reale è quello di migliorare gli indicatori nazionali senza tuttavia ridurre – anzi aggravando – le disuguaglianze. È un rischio concreto, se si considerano i primi bandi sugli asili nido che hanno tagliato fuori molti territori più deprivati. Inoltre gli investimenti nelle infrastrutture previsti dal Piano vanno subito collegati ad un aumento permanente della spesa per i servizi, se non vogliamo trovarci, come già successo in passato, di fronte ad asili nido nuovi di zecca che restano chiusi per mancanza di personale. Occorre fare dunque del Pnrr non un insieme di progetti, ma una nuova direzione di marcia per il paese, dove i diritti di tutti i bambini, le bambine e gli adolescenti siano messi al primo posto delle politiche”.

Raffaela Milano (foto Francesco Alesi)
Raffaela Milano (foto Francesco Alesi)
Raffaela Milano (foto Francesco Alesi)

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