Federazione italiana tennis e padel, Roma. In una parete della stanza del presidente Angelo Binaghi c’è appesa una fotografia in bianco e nero: Nicola Pietrangeli gioca una volée di diritto sotto gli sguardi rapiti di un raccattapalle, un bambino di otto anni.

Nicola Pietrangeli effettua una volèe di diritto nel campo entrale del tennis club Cagliari di Monte Urpinu: il raccattapalle è Angelo Binaghi, attuale presidente della Federtennis (foto Archivio Unione Sarda)
Nicola Pietrangeli effettua una volèe di diritto nel campo entrale del tennis club Cagliari di Monte Urpinu: il raccattapalle è Angelo Binaghi, attuale presidente della Federtennis (foto Archivio Unione Sarda)
Nicola Pietrangeli effettua una vole di diritto nel campo entrale del tennis club Cagliari di Monte Urpinu: il raccattapalle Angelo Binaghi, attuale presidente della Federtennis (foto Archivio Unione Sarda)

Quel ragazzino è proprio Angelo Binaghi, uno dei ball boys durante il match di Coppa Davis che di fatto inaugurò i campi del Tennis Club Cagliari nel 1968, in un primo turno di fase europea tra l’Italia e l’Ungheria.

In quello scatto c’è l’embrione di un’amicizia che è poi durata una vita. Qualche anno fa Binaghi aveva voluto intitolare a Nick lo stadio dei marmi del Foro Italico a Roma, probabilmente insieme ai campi di Wimbledon il più bello al mondo. E poche settimane fa Binaghi, dai microfoni di RaiUno, ha dedicato la vittoria della Coppa Davis a Bologna contro la Spagna proprio a Nicola Pietrangeli: «Non sta bene, lo salutiamo con affetto».

Il primo dicembre Pietrangeli è morto all’età di 92 anni e con lui se n’è andata una parte dello sport italiano, il primo tennista azzurro a vincere un torneo del grande Slam (Parigi nel 1959 e poi il bis nel 1960), il capitano non giocatore della prima Coppa Davis vinta dall’Italia nel 1976 contro il Cile e contro una parte della politica italiana che pretendeva il boicottaggio di una finale a Santiago del Cile, un paese all’epoca guidato dal sanguinario dittatore Pinochet.

Nicola Pietrangeli a Porto Rotondo nel 2004 (foto archivio Unione Sarda)
Nicola Pietrangeli a Porto Rotondo nel 2004 (foto archivio Unione Sarda)
Nicola Pietrangeli a Porto Rotondo nel 2004 (foto archivio Unione Sarda)

Nicola Pietrangeli è stato soprattutto il primo vero personaggio del tennis italiano. Un campione, strappato al calcio (giocò per tre anni nelle giovanili della Lazio) con doti fisiche e tecniche straordinarie, che probabilmente ha vinto meno di quanto avrebbe potuto (due Roland Garros, tre volte i tornei di Roma e Montecarlo, fu numero tre al mondo quando la classifica era stilata non dal computer ma dai giornalisti specializzati anglosassoni in base ai risultati di tutto l’anno) perché, parole sue, non ha mai «rinunciato a una cena, a una festa, a una donna. Se mi fossi allenato forse avrei vinto di più ma mi sarei divertito molto meno», diceva con il sorriso sornione. Lo stesso con il quale chiamava “Ascenzietto” quell’Adriano Panatta che prima lo spodestò, che poi fu il suo pupillo nella squadra di Coppa Davis e che infine accusò di averlo tradito quando i moschettieri azzurri pretesero (e ottennero) la testa del capitano Pietrangeli per motivi puramente personali, non tecnici. Ascenzietto non in termini dispregiativi ma affettuosi, perché Panatta era il figlio di Ascenzio, il custode del club Parioli, mentre comunque lui era Pietrangeli, l’amico dei principi che lavorava (parolone) come ambasciatore di Ranieri di Monaco e faceva sempre le vacanze in Costa Smeralda.

Roma 20 Aprile 2021 Conferenza stampa di presentazione della 79a edizione degli Internazionali BNL d’Italia Angelo Binaghi e Nicola Pietrangeli Foto Giampiero Sposito
Roma 20 Aprile 2021 Conferenza stampa di presentazione della 79a edizione degli Internazionali BNL d’Italia Angelo Binaghi e Nicola Pietrangeli Foto Giampiero Sposito
Angelo Binaghi e Nicola Pietrangeli Foto Giampiero Sposito

Quello tra la Sardegna e Nicola Pietrangeli fu un amore vero, un legame molto solido al di là dell’inaugurazione del Tennis club Cagliari e delle estati con gli amici (e le amiche come Eva Henger a Porto Rotondo nel 2004).

Ha ripetuto più volte – sornione, piacione, ovviamente - che la sua più grande impresa sportiva non era stata vincere il Roland Garros due anni di fila, ma aver saltato a piedi uniti il muretto di recinzione del campo centrale del Tennis club Cagliari– in occasione del match di Davis contro l’Ungheria del 1968 – «per evitarlo dopo aver inseguito una palla impossibile di un avversario». E quando nel 2010 venne a Cagliari per la presentazione di un libro sul tennis, in tanti arrivarono al Campo Rossi da ogni parte dell’Isola per rendergli omaggio. Claudio Martinini, presidente del Tennis club Olbia, gli portò in dono una vecchia racchetta in legno. «Questa è per lei, Nicola». E lui ringraziò, sorrise e se la portò a casa a Roma in aereo.

FINALE FED CUP A CAGLIARI - NICOLA PIETRANGELI AL TENNIS CLUB CAGLIARI - FOTO: ROBERTO TRONCI
FINALE FED CUP A CAGLIARI - NICOLA PIETRANGELI AL TENNIS CLUB CAGLIARI - FOTO: ROBERTO TRONCI
Nicola Pietrangeli a Cagliari in occasione della finale di Fed Cup Italia-Russia del 2013 (foto archivio Unione Sarda)

Oggi, ai tempi dei social, dei commenti sul web a qualsiasi notizia, dei leoni da tastiera che non conoscono la grandezza di certi personaggi, in tanti ricordano Pietrangeli solo per le sue critiche al tennis moderno, vedono una rivalità con Jannik Sinner, che lo ha superato nella classifica dei migliori italiani di tutti i tempi, probabilmente ingigantita.

Nicola Pietrangeli a Porto Rotondo (foto archivio Unione Sarda)
Nicola Pietrangeli a Porto Rotondo (foto archivio Unione Sarda)
Nicola Pietrangeli a Porto Rotondo (foto archivio Unione Sarda)

Chi lo ha conosciuto di persona ricorda la sua gentilezza, la sua disponibilità, il fatto che dicesse sempre quello che pensava, senza finzioni, senza dover dimostrare coraggio o sfrontatezza, ne era superiore. Soprattutto debordava il suo amore per il tennis. Dalle tribune del Tennis club Cagliari, mentre osservava gli azzurri giocare in Davis, lui che era stato nominato da Angelo Binaghi ambasciatore del tennis italiano insieme alla sua amica Lea Pericoli, spiegava che i giocatori li riconosceva dal rumore che faceva la palla che usciva dalle corde di ogni racchetta. «Senti, come suonano il diritto e il rovescio di Bolelli? Senti come accarezza la palla Fognini? Diventeranno ottimi giocatori. Come me? Ma io facevo un altro sport, basta vedere le racchette e i conti in banca».

Uno sport così diverso che di fatto Nick rinunciò al terzo titolo consecutivo al Roland Garros per tornare a Roma e assistere alla nascita del suo primogenito. 

Unico, indimenticabile Nick. Addio.

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