Save The Children pubblica l’ennesimo rapporto che gronda orrore. E di mezzo ci sono piccoli strappati alla loro adolescenza e catapultati in un mondo troppo grande e brutto per loro. Nati e cresciuti in zone di guerra passano dalla culla alle armi. Costretti a impugnare fucili, sfruttati come scudi umani o ignari messaggeri di morte. Accadeva in un passato che sembrava dimenticato, succede anche oggi. Oggi che il buio della ragione continua a inghiottire perfino le speranze. Lo scorso anno, certifica l’organizzazione umanitaria nel suo rapporto Unprotected: An Analysis of Funding for Child Protection in Armed Conflict, “circa 468 milioni di bambini – più di 1 su 6 – vivevano in una zona di guerra, numero quasi raddoppiato dalla metà degli anni '90, e 250 milioni di loro erano in prima linea, entro 50 km dal conflitto. L’anno scorso circa 22,4 milioni di minori in contesti di guerra sono stati destinatari di servizi di protezione dell'infanzia ma i governi hanno stanziato solo il 19% dei fondi necessari”. Non parliamo solo di terzo mondo. “In Europa il numero di bambini esposti al conflitto è quadruplicato in un solo anno, passando da due a nove milioni, alimentato dalla guerra in Ucraina. L'Africa è rimasta la regione con il numero più alto di minori che vivono in zone di conflitto: circa 183 milioni. L'Africa occidentale e centrale è anche la regione con il maggior numero di bambini reclutati dai gruppi armati”.

Di recente Save The Children ha inviato un nuovo messaggio, forte e chiaro, ai grandi del pianeta, riuniti alla Conferenza di Oslo sulla protezione dei bambini nei conflitti armati, invitati “a dare priorità ai finanziamenti per la protezione dell'infanzia nelle risposte umanitarie e per sostenere i bambini colpiti dal conflitto, compresi quelli che sono reclutati come soldati. Gli scarsi finanziamenti hanno escluso dalla protezione 18 milioni di minori a rischio di violenza, reclutamento, tratta e gli operatori che intervengono nelle peggiori crisi umanitarie del pianeta”. In sostanza “in molti Paesi dove la guerra e la violenza persistono, il finanziamento non tiene il passo con il crescente numero di famiglie e bambini a rischio”.

Molti Paesi occidentali stanziano cospicui fondi per la costruzione di armi da vendere a Stati più o meno guerrafondai, mentre si aprono voragini quando si tratta di fare i conti sui soldi da destinare alla protezione dei minori. Save The Children ha quantificato “un deficit di quasi 650 milioni di dollari di finanziamenti per la protezione dell'infanzia”, che “sta lasciando quasi 18 milioni di bambini vulnerabili e gli operatori che vivono nelle peggiori crisi umanitarie del mondo a rischio di violenza, sfruttamento. Nel 2022 circa 22,4 milioni di bambini bisognosi e i loro adulti di riferimento sono stati destinatari di servizi di protezione dell'infanzia che richiedono un finanziamento di quasi 795 milioni di dollari. Tuttavia, i governi hanno trovato solo il 19% dei fondi necessari, creando un vuoto finanziario di oltre 646 milioni di dollari e lasciando quasi 18 milioni di bambini, bambine e adulti di riferimento senza aiuto e sostegno”. Le previsioni sono tutt’altro che ottimistiche, generano nuove paure per la sorte di milioni e milioni di bambini. Se questa tendenza al sottofinanziamento continuerà, Save the Children stima che entro il 2026 ci sarà un deficit di 1 miliardo di dollari per la protezione dei bambini nelle zone di conflitto.

Un bambino-soldato in una foto del 2004 in Darfur (Ansa)
Un bambino-soldato in una foto del 2004 in Darfur (Ansa)
Un bambino-soldato in una foto del 2004 in Darfur (Ansa)

La situazione allarma anche le istituzioni che nella Penisola e in Sardegna hanno a cuore le sorti dei bambini. Carla Puligheddu, garante per l'Infanzia e l'adolescenza della Regione Sardegna, manifesta preoccupazione e sconcerto. “In un mondo globalizzato come il nostro – dice - non c’è da rimanere indifferenti. Affrontiamo l’urgenza e l’emergenza di una situazione drammatica vissuta dai bambini e dalle bambine soldato che in molti paesi vengono reclutati a vario titolo, partendo da incarichi di diverso genere. Prima li impiegano come facchini, messaggeri e poi insegnano ai maschi a maneggiare le armi. Le femmine vengono utilizzate per soddisfare i bisogni sessuali dei guerriglieri, stuprate, rese schiave. La situazione è terribile, in un mondo molto difficile da monitorare”. Il rapporto di Save The Children contiene numeri da brivido ma Carla Puligheddu teme che la triste realtà sia sottostimata. “I numeri non sono reali”, ipotizza la garante, “è molto complicato avere un’idea precisa di un fenomeno come questo. Ciò che è grave è che viene insegnato l’odio. Odio nei confronti dei loro fratelli. L’impatto ha conseguenze devastanti dal punto di vista fisico e psicologico”.

Carla Puligheddu (foto l'Unione Sarda)
Carla Puligheddu (foto l'Unione Sarda)
Carla Puligheddu (foto l'Unione Sarda)

La situazione è davvero gravissima. “Terribile se si pensa ad esempio che certi adolescenti diventano bombe umane. Tra Russia e Ucraina succedono cose agghiaccianti, qualche cronista riesce a raccontarlo: lo scorso anno una bambina di 9 anni fu violentata da 11 russi. Che dire poi delle 25 ragazze stuprate. I piccoli in questi scenari sono privi di ogni tipo di dignità e privati di ogni diritto. Il diritto all’istruzione viene calpestato ricorrentemente in Paesi come Afghanistan, Repubblica del Congo, Iraq, Colombia, Mali, Birmania, solo per citarne alcuni. Eppure la convenzione di New York vieta di arruolare bambini e ragazzi fino a 18 anni. Chi ignora questa imposizione commette crimini contro l’umanità. C’è totale mancanza di protezione. E l’istruzione primaria universale è il primo diritto calpestato”. Lo dicono gli stessi bambini che Save The Children è riuscita a intervistare. Maha (il nome è di fantasia), 10 anni, dello Yemen, è stata investita dall'esplosione di una mina antiuomo mentre era con sua sorella. “Abbiamo finito di raccogliere la legna e stavamo per tornare a casa – ha raccontato - C'era un grosso ceppo che volevo portare con me. L'ho tirato e si è verificata un'esplosione. Ero priva di sensi. Non capivo nulla e non ero nemmeno consapevole dei miei occhi feriti. Vorrei che nessun altro dovesse sopportare quello che ho vissuto io. Se avessi un superpotere, metterei fine alla guerra. Metterei in sicurezza la città, l'intera città, per assicurarmi che nessuno subisca danni”.

Junior, 17 anni, della Repubblica Democratica del Congo, era un bambino soldato. Separato dalla sua famiglia a dodici anni. “Gli amici mi hanno convinto a unirmi a un gruppo di vigilanti armati per difendere la nostra comunità dagli attacchi di altri gruppi armati – ha detto - Non avevo un posto dove dormire e non mangiavo bene. Ero incaricato di cercare cibo per i combattenti. Spesso ero costretto ad andare in città a rubare, mi riposavo solo dopo aver provveduto al sostentamento del nostro capo. È stato difficile per me. Ero uno schiavo e ho vissuto una vita di servitù... C'erano tre ragazzi e una ragazza nel nostro gruppo. La ragazza doveva andare a letto con il nostro capo tutti i giorni... Per due volte sono andato in battaglia contro altri gruppi armati. Non potevo sopportare questa violenza e queste atrocità. Fortunatamente per me, ne sono uscito vivo”. Ora fa il sarto, libero grazie all’intervento di un’organizzazione partner di save The Children.

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