Merci, la continuità mai nata penalizza la Sardegna
Dall’aumento del prezzo del carburante a qualche nuova tassa, ogni motivo è buono per scaricare sui passeggeri i problemi delle compagnie navaliPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Costosi. E con poche, pochissime certezze. I trasporti delle merci in Sardegna non sono molto diversi da quelli delle persone: ci sono mesi – specialmente quando si avvicina l’estate – in cui le aziende di logistica non sanno se riusciranno a imbarcare i camion sui traghetti, e ogni anno che passa i biglietti sono sempre più costosi. Dall’aumento del prezzo del carburante a qualche nuova tassa, ogni motivo è buono per scaricare sui passeggeri i problemi delle compagnie navali.
L’ultima trovata si chiama Ets, acronimo di Emission trading sistem, ed è un’imposta pensata dall’Ue per ridurre la produzione di Co2 e altri gas inquinanti, secondo il principio del «chi più inquina più paga». Sarebbe anche una buona notizia – soprattutto per l’ambiente –, se non fosse che di fatto la nuova imposta europea introdotta all’inizio dell’anno si è trasformata nell’ennesimo aumento per i biglietti del trasporto marittimo. In particolare quelli delle merci. Camion e tir pagano circa il 20% in più rispetto al 2023. E dire che nel corso degli ultimi anni le aziende di logistica avevano già dovuto affrontare un’altra ondata di rincari.
Eppure da ormai 25 è in vigore una legge, mai applicata totalmente, che potrebbe dare certezze al sistema dei trasporti sardi: il provvedimento che ha istituito la continuità territoriale marittima e aerea nel 1999 comprende anche un comma dedicato alla mobilità delle merci. Il testo autorizza la conferenza di servizi composta da Ministero e Regione, la stessa da cui nascono gli oneri di servizio pubblico sulle rotte aeree tra l’Isola e gli scali di Roma e Milano, a definire un bando anche per le merci, «al fine di contenere i costi di trasporto che gravano sui prodotti finiti o semilavorati esportati fuori dalla regione da aziende artigianali, agricole e di pesca, estrattive e di trasformazione con sede di stabilimento in Sardegna». Ma quel comma «è stato sempre ignorato», racconta Antonio Attili, deputato per due legislature tra il 1996 e il 2008, «ed è stato un grave errore di cui ho discusso con tutti i presidenti di Regione di quegli anni». Attili aveva immaginato per il trasporto delle merci un sistema molto simile alla continuità territoriale che conosciamo per le persone: le rotte indispensabili per garantire i collegamenti tra la Sardegna e i porti della Penisola sarebbero state sovvenzionate per abbattere le tariffe a carico delle aziende.
«C’era anche un finanziamento statale di 22 milioni, necessari per garantire una compensazione economica alle compagnie sulla base dei costi sostenuti», ricorda Attili, ma poi quei soldi si persero ai tempi dell’accordo Prodi-Soru del 2006 sulle Entrate. La norma però è ancora in piedi: «Non mi risulta», conclude l’ex parlamentare, «che la legge sia stata abrogata». Sarebbe sufficiente un’intesa tra Ministero e Giunta per far nascere, con 25 anni di ritardo, la continuità marittima per le merci.
La Regione, da poco, è uscita allo scoperto: ha inviato al Governo una richiesta formale di imposizione di servizio pubblico su un collegamento tra Olbia e un porto del centro Italia. In lizza ci sono gli scali di Livorno e Marina di Carrara. Nel frattempo le tariffe proseguono la loro corsa a livello globale. Sulla rotta commerciale tra Shanghai e Genova il costo di trasporto è quasi del 200% su base annua. C’è da scommettere che questa ennesima ondata di rincari si abbatterà presto anche sull’Isola.