Anche i più distratti si sono accorti della “febbre” del mare: l’acqua è sempre più calda, e non solo in estate. In Sardegna però nessuno ha mai condotto una campagna di misurazioni per tenere sotto controllo il progressivo riscaldamento del Mediterraneo, in particolare nelle zone costiere, quelle con una profondità inferiore ai 50 metri che i rilevatori satellitari non riescono a valutare.

«Le ondate di calore negli ultimi anni si stanno ripetendo con frequenza sempre maggiore, pensate ai picchi di 30 gradi raggiunti nel 2022 nel nostro mare», spiega Sergio Stagno, cagliaritano esperto di comunicazione e fondatore di Netsoul, che ultimamente si è immerso nel progetto Medsea Pod.

«Il nostro obiettivo è misurare le temperature dell’acqua. Si potrebbe pensare che ci sia già una rete in grado di farlo. In realtà ci sono alcuni strumenti satellitari, ma non riescono ad essere così precisi sotto costa». Una volta avuta l’idea, si è trattato di metterla in pratica. «Abbiamo coinvolto la parte scientifica del progetto, cioè il Cnr. Qui in Sardegna esiste l’Istituto per lo studio degli impatti Antropici e Sostenibilità in ambiente marino (Ias) a Torregrande, una realtà di eccellenza. Poi abbiamo pensato a come raccogliere i dati: uno dei modi più interessanti è sicuramente il coinvolgimento dei cittadini».

Medsea Pod è un esempio di citizen science, scienza partecipata che si fonda sul contributo delle comunità. Il progetto ha vinto un bando di Sardegna ricerche ed è stato presentato in diversi convegni internazionali, oltre ad aver ricevuto il supporto da parte dei responsabili del piano europeo Emodnet Physics.

Il primo tassello della ricerca prenderà forma nell’isola di un’isola: “Il monitoraggio parte da San Pietro, con la collaborazione di tutta la comunità di Carloforte. Per diversi motivi. L’isola è esposta a tutti i venti e alle maree. Ma soprattutto ha una forte identità e questo è un aspetto che secondo noi è fondamentale perché speriamo sia più facile coinvolgere la cittadinanza”.

Il riscaldamento del Mediterraneo rischia di diventare un problema. Le temperature più alte sconvolgono l’ecosistema. Arrivano nuove specie. «Ad esempio nelle nostre coste ora si può trovare il pesce coniglio. È arrivato dal Canale di Suez e si sta diffondendo in maniera incontrollata, sottraendo spazio a una specie molto diffusa qui da noi come la salpa. Oppure i ricci di mare, sempre più piccoli a causa del riscaldamento dell’acqua. Non sono uno scienziato, ma questi fatti senza dubbio mi colpiscono», spiega Stagno.

Come verranno misurate le temperature? «Saranno utilizzati alcuni “data logger”, dispositivi che vanno ancorati sul fondo del mare, grandi più o meno come un telefonino. Per due anni raccoglieranno i dati, che poi verranno esaminati e elaborati».

Fondamentale la sponda del Cnr: «Il progetto è sostenuto da ricercatori con esperienza decennale, come Stefano Marras e Alberto Ribotti. Abbiamo coinvolto aziende esperte in comunicazione come la Maraltro. E poi altre eccellenze nel campo degli sportivi apneisti e subacquei».

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