L’incanto dei Giardini reali tanto amati dalla principessa Sissi
L’area ospita circa 25 alberi ad alto fusto, 832 arbusti, più di seimila specie erbacee e circa tremila specie bulbose: dopo un periodo di declino, è stato recuperato nel 2020I giardini reali di Venezia (s. p.)
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Tra piazza San Marco e lo spazio d’acqua su cui si affaccia, ci sono i Giardini Reali di Venezia, un’area verde che incanta per l’intensità dei colori e la cura che la caratterizza. L’area ospita circa 25 alberi ad alto fusto, 832 arbusti, più di seimila specie erbacee e circa tremila specie bulbose. Tra le piante più caratteristiche ci sono il glicine (con fioriture spettacolari in primavera ed estate), gli agapanti, gli alberi di acacia, le siepi di alloro e l’albero di Giuda.
Sono presenti anche bambù, canfore e mirti. Agli arbusti sempreverdi preesistenti, sono state affiancate piante esotiche, in omaggio alla tradizione della Serenissima e tenendo conto del particolare ambiente salmastro. Grandi vasi in terracotta ospitano melograni, fichi, nespoli, aranci amari e viburni lucidi. Per molto tempo fu un’oasi di bellezza e pace molto amata anche dalla principessa Sissi. La loro progettazione risale ai tempi di Napoleone, che li inserì nella sua riforma dell’area marciana. Nel 1807, Bonaparte e il viceré Beauharnais decisero di collocare il Palazzo della Corona nelle Procuratie nuove, quindi l’architetto Giovanni Antonio Antolini realizzò i primi progetti per la residenza con un giardino allestito sul terreno che prima ospitava i granai di Terra Nova, ovvero un edificio gotico del 1304 utilizzato come spazio a supporto del mercato del grano e delle piccole botteghe, mentre nel Quattrocento divenne la sede della nuova magistratura: i Provveditori della Sanità. Con la caduta di Napoleone e il ritorno degli austriaci, i Giardini Reali furono oggetto di nuovi interventi: il lato verso la laguna fu arricchito dalle costruzioni di una serra sul ponte della Zecca e dalla parte opposta di un’elegante Coffee House, progettata in stile neoclassico da Lorenzo Santi fra il 1815 e il 1817. Fu lui, dunque, a dare forma compiuta al giardino, delineando un viale alberato affacciato sul bacino di San Marco, parterre geometrici “all’italiana” e due boschetti “all’inglese” alle estremità, i cui alberi, piante fiorite e agrumi in vaso provenivano dal Parco Reale di Stra. Un ponte levatoio sul rio della Zecca fu realizzato per collegare gli spazi verdi direttamente alle Procuratie, in modo da agevolare l’uso dello spazio come giardino del Palazzo Reale con passeggiata sull’acqua. Nel 1857 il viale lungo la riva fu separato dai Giardini e aperto al pubblico per volontà dell’ arciduca Ferdinando Massimiliano, mentre i Giardini restarono a uso esclusivo della Corte e nel 1872, per permettere l’accesso alla piazzetta San Marco, fu costruito sul rio della Zecca un nuovo ponte in ferro. Alla fine del XIX secolo venne realizzato un pergolato con struttura in ferro e ghisa, che costituisce uno degli elementi principali dell’architettura del luogo. Decorato con motivi floreali, si articola in 23 campate di circa tre metri ognuna con un gazebo ottagonale, per un totale di 90 metri di passeggiata coperta da glicine e bignonia lungo il viale che attraversa tutto il giardino. Il 23 dicembre 1920 i Giardini vennero interamente aperti al pubblico e consegnati al Comune.
Gli anni 2000 hanno segnato un vero declino per lo spazio verde, che ha ritrovato la cura e la bellezza solo nel 2020, dopo un attento restauro.
