La casa dove Goldoni trascorse l’infanzia
Nel 1931 fu acquistata dal Comune di Venezia e nel 1953 divenne museo goldoniano e centro di studi teatraliL'ingresso della casa di Goldoni e una delle scrivanie dello studio (s. p.)
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«Sono nato a Venezia, nel 1707, in una grande e bella casa, situata tra il ponte dei Nomboli e quello della Donna onesta, all’angolo della calle di Ca’ Cent’anni, nella parrocchia di San Tomà». Così l’ottantenne Carlo Goldoni, ormai a Parigi da 25 anni, ricorda la sua casa natale in apertura dei “Memoires”, l’autobiografia cui si dedicò negli ultimi anni della sua vita. E al numero 2794 dell’attuale Rio Terà dei Nomboli apre le porte il museo ospitato nell’edificio in cui il grande commediografo nacque e trascorse l’infanzia. La struttura fu eretta nel XV secolo e si tratta di un palazzo gotico di discrete dimensioni che, nonostante le molteplici ristrutturazioni, conserva l’impianto e gli elementi tipici dell’architettura civile veneziana del tempo.
Tra gli spazi si snoda un percorso che fonde vita privata e professionale, in quell’incontro tra mondo e teatro che Goldoni considerò i libri che meglio lo formarono. Ci sono i costumi di scena, copie autografe dei contratti con i vari teatri cittadini, stoviglie e arredi che riportano i visitatori all’ambiente quotidiano che si respirava tra quelle mura. Gli ambienti sono tre: il portego, la sala del teatrino e la sala da pranzo. Il primo è la sala di ricevimento degli ospiti nonché come luogo di passaggio per accedere alle altre stanze. Al centro c’è un lampadario in vetro e alle pareti, alcuni ritratti di Goldoni. Intorno sono allestite scene tratte da alcune commedie goldoniane con costumi e posture eloquenti ed estremamente espressive. A sinistra si accede nella sala del teatrino, che rimanda ad alcuni temi cari alla produzione dell’artista: il gioco d’azzardo e, in generale, la decadenza economica e sociale della Serenissima. Protagonista dell’ambiente è lo splendido teatrino, risalente al XVIII secolo e dotato di un cospicuo numero di marionette originali. L’ultima sala è quella da pranzo, in cui sono allestite scene tratte da “Chi la fa l’aspetta”, con un tavolo che rimanda a un momento conviviale, dove giacciono due bottiglie di vino vuote, cinque bicchieri e una pagnotta ancora intonsa. Alla parete è appoggiata una credenza con cineserie. Le suddette sale si trovano al primo piano rispetto alla corte interna, con tipica pavimentazione in cotto, dalla quale si accede al piano superiore attraverso una scala scoperta che poggia su archi acuti digradanti, con balaustra in pietra d’Istria a semplici pilastrini cilindrici.
Inizialmente la proprietà dell’edificio era della famiglia Rizzi, il palazzo fu poi affittato ai Zentani o Centani, da cui prese la futura denominazione, ospitando anche una fiorente Accademia artistica-letteraria. Verso la fine del’600 vi si stabilì il nonno paterno di Goldoni, il notaio di origine modenese Carlo Alessandro, e la sua famiglia rimase in questa casa finì al 1719. Goldoni infatti trascorse in questa casa i primi anni, perché furono ben nove le dimore che lo accolsero. E non solo a Venezia, in quello spirito cosmopolita e complesso tragitto artistico che lo caratterizzarono per tutta la sua esistenza. Nel 1931 la casa fu acquisita dal Comune di Venezia per essere restaurata e destinata a museo goldoniano e centro di studi teatrali, venne poi inaugurato e aperto al pubblico nel 1953.
