Ad Eleonora d'Arborea è andata decisamente bene: il Comune di Cagliari le ha dedicato una via del centro molto importante, quella che collega via Sonnino con piazza Repubblica. Si sono dovute accontentare di una strada nel quartiere di San Benedetto le "colleghe" giudicesse Adelasia, Benedetta, Elena e Vera. Ma non possono lamentarsi più di tanto perché sono tra le pochissime donne che hanno avuto un riconoscimento toponomastico. Giusto in tempi recenti, è stata dedicata una piazza (che, per altro, adesso sembra dimenticata) a Maria Lai in Castello. Proprio nello stesso quartiere in cui è stata realizzata, a cavallo del 2000, piazza Mercede Mundula. La situazione, almeno dal punto di vista della toponomastica, è tutt'altro che allegra: le donne sembrano dimenticate. Ci si ricorda di allora, intitolando altri spazi: a Eva Mameli Calvino è dedicata un'aula dell'Orto botanico mentre l'Aula Magna della facoltà di Giurisprudenza porta il nome di Paola Maria Arcari. Giusy Devinu, invece, viene ricordata con il nome dato a una scuola di Mulinu Becciu e con l'arena del Parco della musica.

Tante, tantissime, troppe le donne dimenticate. Ma, almeno per alcune, c'è l'alibi dei termini fissati dalla legge: servono dieci anni (in alcuni casi speciali, cinque) dalla morte per poter intitolare una strada a una persona. Il caso, per esempio, di Nereide Rudas, morta nel gennaio di quattro anni fa.

Vale la pena, per riparare almeno in parte a queste dimenticanze, fare un elenco delle donne dimenticate dalla toponomastica. Un elenco indicativo ma tutt'altro che esaustivo non può che partire proprio da questa donna che ha danno un enorme contributo alla cultura sardo.

NEREIDE RUDAS: nata a Macomer nel 1925, si sposa giovanissima, ha un figlio ma riesce a laurearsi in Medicina e, subito dopo, anche a intraprendere la carriera universitaria. Diventa un'apprezzatissima psichiatra, citata e apprezzata dall'intera comunità scientifica internazionale. Interessata anche ai fenomeni sociali, fonda la "Rivista sarda di criminologia" che dà un importante contributo alla conoscenza del banditismo sardo. Tantissimi i riconoscimenti ottenuti a livello mondiale: rappresenta gli psichiatri italiani a Mosca, Manila, Pechino e Lisbona e viene insignita di un'alta onorificenza scientifica dall'Accademy of Psichiatry and the Law statunitense. Non soltanto: profonda conoscitrice del pensiero di Antonio Gramsci, nel 1990 è stata tra le fondatrici dell'istituto Gramsci della Sardegna. Morta a gennaio di quattro anni fa, dovrà attendere almeno un altro per avere un riconoscimento dalla toponomastica.

FRANCESCA SANNA SULIS: nata a Muravera nel 1716, fu una grande imprenditrice e stilista. SI dedicò all'allevamento dei bachi da seta e creò uno stabilimento tessile a Quartucciu che diede lavoro a tantissime donne. La sua seta fu talmente apprezzata da conquistare i regnanti europei: nel ritratto conservato all'Ermitage di San Pietroburgo, la zarina Caterina di Russia indossa una sua creazione. Ma ebbe il merito anche di creare scuole professionali e "scuole basse" per dare ai più poveri almeno una formazione di base. Fu particolarmente amata dalle donne che lavoravano nel suo stabilimento: a ognuna di esse dava, come regalo di nozze, un telaio per consentire loro di proseguire con la tessitura anche dopo il matrimonio.

MARIA CRISTINA DI SAVOIA: in città, sono ricordati tanti Savoia che non meriterebbero questo onore (a parte la povera principessa Mafalda, morta nel campo di concentramento di Buchenwald, a cui è stata intitolata una piazza in Castello) ed è stata, invece, dimenticata chi si è proposta come figura positiva. Nata a Cagliari nel 1812, Maria Cristina si prodigò sempre per i diseredati. Dopo il matrimonio con Ferdinando II, re delle Due Sicilie, si trasferì a Napoli. E, in provincia di Caserta, creò una fabbrica che diede lavoro a circa trecento donne. Non solo: furono messe in grado di lavorare perché nello stabilimento industriale c'erano asilo e scuole per i loro figli. Il 25 gennaio 2014 è stata proclamata beata.

GIUSEPPINA NICOLI: entrata come novizia delle suore di San Vincenzo de' Paoli, nel 1885 fu mandata a Cagliari dove fondò e diresse, alla Marina, l'associazione dei Marianelli (i "monelli" di Maria): voleva raccogliere ed educare "is piccioccus de crobi". Quei ragazzi che, riders ante litteram, giravano con una cesta per portare la spesa a casa ai signori di Castello. E, quando non ci riuscivano, vivevano di espedienti. Un'opera che fu, poi, proseguita da suor Teresa Zambelli. Anche Giuseppina Nicoli fu beatificata, nel corso di una solenne cerimonia nella basilica di Bonaria il 3 febbraio 2008.

Un elenco, come detto, tutt'altro che esaustivo che proseguirà nelle prossime settimane.

(1 - continua)
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