È ancora, per larga parte, occupazione a tempo, precaria e magari sottopagata, ma c’è un dato interessante che - a distanza di tre lustri - si ripete in Sardegna. Come nel 2008, anche nel 2023 è l’occupazione femminile a trainare il mercato del lavoro. L’aumento del tasso di occupazione complessivo è infatti passato dal 52,9% al 54,3%, e mentre il tasso di occupazione maschile registra un calo, passando da 60,8% a 59,3%, la crescita dell’occupazione femminile è passata da 44,9% a 49,2%.

Niente di straordinario, ma è interessante la spinta che c’è sotto, la scelta delle ragazze e delle donne che sempre meno - anche quando non hanno un elevato livello di istruzione - si rassegnano a fare le casalinghe. Una tendenza messa in luce da un fenomeno contraltare, se così si può dire, e cioè l’affido sempre più frequente dei compiti di cura e assistenza familiare di disabili e anziani alle signore straniere.

Quindici anni fa, quando nell’Isola la crisi economica aveva già divorato 35mila posti di lavoro, un esercito di donne (30mila, era stata la stima fatta da Lilli Pruna, docente di sociologia del lavoro dell’Università di Cagliari), si era messo alla ricerca di un impiego per salvare il bilancio familiare.

È stato quello il momento dello scatto in avanti del lavoro femminile in Sardegna. Uno scatto coinciso con l’emersione di un fenomeno registrato solo nella nostra regione, quando cioè le badanti regolarmente assicurate passarono dalle 1.602 del 2006 alle 2.785 del 2008, a ben 10.507 nel 2010. Lavoratrici sarde, caso anomalo già allora nel panorama nazionale, e che ancora oggi si registra visto che l’81,9% delle occupate sono residenti, mentre in tutte le altre regioni i servizi alla persona sono affidati quasi esclusivamente a badanti straniere.

Oggi nell’Isola le badanti sono oltre 33mila (dieci anni fa, 22mila), una media di 27,3 ogni 100 anziani (un rapporto ben più elevato che in qualunque altra regione). Un lavoro duro e con una paga non adeguata (chi è in regola ha uno stipendio medio di 1.200 euro, chi non lo è può spuntare al massimo 8 euro a ora); condizioni di fronte alle quali, tuttavia - tra occupazione emersa e lavoro nero - le donne sarde non si tirano indietro, ma sono sempre di meno.

Ebbene, è proprio accendendo un faro sull’occupazione nell’ambito dell’assistenza familiare, che anche in Sardegna i sindacati cominciano a registrare l’aumento della quota di lavoratrici straniere, migranti arrivate perlopiù dalla Romania. Un dato speculare all'incremento del tasso generale di occupazione femminile passato appunto dal 44,9% al 49,2% in generale, mentre le laureate occupate sono il 72,6% e le diplomate il 51%. Un fenomeno confermato da Nella Milazzo, segretaria Filcams-Cgil. «La crescita dell’occupazione femminile è in lieve aumento, e sempre di più dunque, visto il mancato sostegno di un adeguato welfare sociale, le donne sono costrette a delegare la cura dei figli o degli anziani, compiti che gli uomini ancora oggi non supportano». Per questo cresce in contemporanea anche il numero delle badanti e delle collaboratrici domestiche straniere, ragazze e signore che cominciano a prendere il posto lasciato dalle colleghe sarde decise, anche quando sono poco qualificate, a cercare lavoro in altri settori. «Una spinta interessante, ma la nota dolente è che la maggior parte di queste donne hanno trovato e trovano un lavoro precario, soprattutto nella ristorazione, nel turismo, in generale nei servizi». Settori, soprattutto sul versante del lavoro femminile, che impegnano non poco i sindacati. Così come il settore dell’assistenza e della cura familiare, l’occupazione di badanti (e colf in misura minore) spesso in nero anche se, negli ultimi dieci anni, le lavoratrici con regolare contratto sono 11mila in più.

«Gli interventi regionali che incentivano la risposta familiare ai bisogni di cura hanno senz’altro favorito le assunzioni con regolare contratto, ma la percentuale del lavoro nero è ancora alta», sottolinea Nella Milazzo. Si tratta delle misure di sostegno alle persone non autosufficienti: la legge 162, i piani personalizzati, i programmi Ritornare a casa. Misure che, tuttavia, non bastano. «Non bastano a coprire tutte le necessità, e le condizioni economiche di molte famiglie non consentono ancora di assumere regolarmente una badante». 

© Riproduzione riservata