È un piccolo capolavoro "La regina degli scacchi" (titolo originale "The Queen's Gambit") che racconta senza pietismo la vita travagliata di Beth Harmon, orfana che scopre nello scantinato dell'istituto che la accoglie di avere un talento incredibile per gli scacchi. Un dono che viaggerà di pari passo con la dipendenza da psicofarmaci e alcol.

La storia (su piattaforma Netflix), tratta dal romanzo di Walter Tevis, traccia il cammino di formazione della piccola Beth Harmon. Dopo il suicidio della madre (una donna con seri problemi mentali), Beth viene spedita in un orfanotrofio del Kentucky. Ed è qui che, grazie a un taciturno inserviente, scopre la passione per il gioco degli scacchi. Un amore che subito diventa ossessione, non solo per le sue doti geniali, ma anche a causa dell'uso smodato di psicofarmaci che venivano dati a tutte le bambine della struttura per mantenerle tranquille. Ormai adolescente, Beth viene adottata ma, per sua sfortuna, non da una famiglia felice. Anzi. La nuova madre è alcolizzata, il padre la ignora come del resto poco considera la moglie. Siamo alla fine degli anni '50, le compagne di classe di Beth seguono la moda. Lei, invece, viene mandata a scuola con abiti di pessima fattura, comprati al discount e quasi da anziana. Subito si ritrova ai margini e bullizzata sino a quando non viene bandito il primo concorso per scacchisti. E da lì tutto cambia. Per Beth sarà il passaggio dalle stalle alle stelle, anche se i suoi demoni busseranno subito alla porta.

È una storia di formazione quella messa in scena dall'abile mano del regista Scott Frank, già candidato come sceneggiatore a due premi Oscar con "Logan- The Wolverine" e "Out of Sight", nonché vincitore del Golden Globe per "Get Shorty". Forse sarebbe il caso di dire addirittura che si tratta di una vicenda di ricostruzione di un'anima lacerata come quella della giovane Beth Harmon magistralmente interpretata dall'attrice Anya Taylor-Joy.

Molto della buona riuscita delle serie (otto puntate) poggia proprio sulla sua protagonista. Nononostante la sua giovane età, 24 anni, Anya Taylor-Joy ha già una robusta carriera alle spalle. Chi la ricorda protagonista, nel 2015, al debutto nel film horror "The Witch"? E chi come la rampante e spregiudicata Gina Gray (moglie di Michael Shelby, rampollo della famiglia criminale) nell'ultima stagione di "Peaky Blinders"? Ecco, il suo volto può vestire la perfidia ma è in grado di interpretare opposti sentimenti. Non a caso è stata scelta per il ruolo della famosa Emma Woodhouse nel lungometraggio di "Emma" tratto dal romanzo omonimo di Jane Austen e diretto da Autumn de Wilde. Ecco, Anya Taylor-Joy in "The Queen's Gambit" mette insieme le sue doti per dare corpo a una campionessa di scacchi piena di dolcezza ma anche di lune nere che la trascinano in tremendi periodi di autolesionismo.

Ma anche i co-pratagonisti regalano alla narrazione forza e credibilità. Su tutte la signora Alma Wheatley (parte affidata all'attrice Marielle Heller, già in nomination agli Oscar per "Beautiful Day in the Neighborhood"): è una casalinga solitaria, depressa e alcolista con un marito assente e anafettivo. Alma porterà via Beth dall'orfanotrofio più per avere una compagnia che una vera figlia. Eppure bilanciando le loro debolezze Alma e Beth saranno salvifiche l'una per l'altra. E ancora il signor Shaibel (l'attore Bill Camp), il silenzioso uomo tuttofare dell'orfanotrofio che con rigore introdurrà la bambina prodigio alla magia degli scacchi.
© Riproduzione riservata