La partita di tennis più bella dell'anno in Sardegna si è svolta in un'anonima giornata di fine estate, il 20 settembre scorso, in campo poco abituato ai riflettori, quello del Tennis club Serramanna, nella prima giornata di un campionato non proprio di primissimo livello, la Serie D2.

Anche il match, a dirla tutta, non passerà alla storia per il pathos: un netto 6-2, 6-2. Anche se il risultato in fondo in questo caso poco importa. Resta la partita più bella perché è la prima giocata da Andrea Tuveri, 46enne giocatore classificato 3/3 di Serramanna, cinque mesi dopo la diagnosi e il ricovero per Covid. La storia di Andrea ha commosso tutti: infermiere nell'Hospice di via Jenner a Cagliari, è rimasto 35 giorni ricoverato in Pneumologia al Santissima Trinità. Uscito dall'ospedale, ha scelto di raccontare a tutti la sua esperienza. Una sorta di accorato monito nei confronti dei negazionisti d'accatto: "Sono uno sportivo allenato, questa malattia mi stava per uccidere. Abituato a correre per ore e ore sul campo da tennis, ho vissuto per colpa del coronavirus la fame d'aria, i polmoni che non si aprivano, il torace che non si muoveva quando cercavo di respirare. Attenti: il Covid è davvero una brutta bestia. Non ho mai visto nessuna malattia causare tanti problemi in così poco tempo: siamo tutti a rischio, adottate tutte le precauzioni anti contagio".

A distanza di quattro mesi Andrea Tuveri ringrazia il tennis una volta di più: "Lo sport mi ha aiutato anche in quei momenti, nel lettino dell'ospedale, durante l'esperienza più difficile della mia vita. Sia perché sono sempre stato uno sportivo allenato, sia perché ho vissuto la situazione come una partita da vincere a tutti i costi. La determinazione e la grinta non mi sono mai mancate, sul campo do sempre l'anima, ma stavolta la forza me l'hanno data soprattutto mia moglie e miei figli: non volevo deluderli, volevo tornare da loro".

Il rientro a casa dopo 35 giorni in ospedale è stato bellissimo, piano piano Andrea Tuveri è tornato al lavoro e alle sue abitudini, tennis compreso. "Tra vecchi tennisti, dopo il saluto, di solito ci si chiede: Ma stai giocando? Ecco, io posso rispondere di nuovo sì, sto giocando anche bene, anche se tornare in campo dopo quello che mi è successo - a prescindere dal risultato - è la vittoria più importante. All'inizio, dopo tante cure e innumerevoli esami, avevo forti dolori al polso, non riuscivo a stringere la racchetta. Non lo nego, in quella prima partita in campionato contro il circolo Acquafredda Siliqua ero molto emozionato e avevo anche una certa paura. E se fossi andato in crisi di fatica? E se avessi pagato lo sforzo? Quando una persona sana prova la fame d'aria come è capitato a me a causa del Covid, bisogna superare il problema anche dal punto di vista psicologico".

Avversario di quel giorno era Bruno Etzi, insegnante di latino e greco e buon tennista di club: "Ho pensato - ricorda Tuveri - a non forzare, a non sbagliare e a trovare piano piano i colpi, la regolarità e le accelerazioni senza forzare. Avevo paura delle reazioni del mio corpo allo sforzo, dopo quel che avevo passato. E' andata bene, ricordo alla fine del match la bella chiacchierata con il mio avversario che mi ha fatto i complimenti non solo per la partita ma soprattutto per la battaglia vinta contro il coronavirus. Dopo quel match poi ho preso coraggio e trovato la forza per intensificare gli allenamenti, e adesso, quando gli impegni di lavoro e della famiglia lo consentono, riesco a giocare anche quattro volte alla settimana".

Andrea Tuveri è una persona molto benvoluta nell'ambiente del tennis isolano. Strenuo combattente, grande cuore, sempre molto corretto, ottimo dritto piatto, palla pesante, per batterlo devi essere nettamente superiore a lui perché punto a punto è un avversario di quelli che non molla mai, tenace. Doti che restano, ovviamente, dopo l'esperienza della primavera scorsa.

"Il Covid mi ha cambiato, sicuramente anche sul lavoro. E' come una cicatrice che rimane. Mi rendo conto di essere più sensibile, di guardare alle cose da un'altra prospettiva. Un infermiere è tutti i giorni a contatto con la vita e con la morte, mi rendo conto che io l'ho vista in faccia e quindi non posso che ringraziare medici e infermieri di Pneumologia, mi hanno aiutato tantissimo in quei momenti Sono riuscito a non essere attaccato al respiratore artificiale perché ha funzionato la terapia con la maschera, dove bisognava seguire un certo ritmo respiratorio e anche in questo senso lo sport e il tennis mi hanno aiutato. Sono orgoglioso soprattutto di essere arrivato in ospedale al Santissima Trinità con la mia auto, dopo aver capito che le mie condizioni di salute a casa stavano peggiorando: volevo risparmiare ai miei bambini l'arrivo dei miei colleghi in ambulanza con le tute speciali, sarebbe stato uno shock".

Discorsi da persona vera: Andrea Tuveri, per certi versi è davvero il tennista dell'anno in Sardegna perché ha vinto la partita più delicata.
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