New York è la città dove sei stato anche se non ci sei mai stato. Nessun altro posto al mondo ha tanti luoghi iconici, chiunque li ha visti moltissime volte in tv, al cinema, letto nei libri, nelle riviste, nei quotidiani. Pare che a New York siano stati ambientati qualcosa come tredicimila film in totale. Un’enormità che ha contribuito a costruire l’immaginario di questa metropoli simbolo dell’Occidente. L’11 settembre 2001 i terroristi sapevano di colpire al cuore non solo l’America ma questo stesso immaginario. E forse, l’effetto mediatico sarebbe stato diverso se gli aerei si fossero schiantati sui grattaceli di Chicago, o Philadelphia, o Seattle.

La cosa strana è che, da allora, i registi si sono cimentati poco nel racconto di quel giorno terribile e di quelli immediatamente seguenti. In generale, hanno preferito riportare sullo schermo le conseguenze - umane, geopolitiche - meno invece il fumo, la polvere, la vita nelle strade della città nei giorni e nelle settimane successivi, il lavoro fatto per ritornare a un minimo di normalità. Le cose immediatamente tangibili, insomma. Uno dei pochi è stato Oliver Stone in “World Trade Center” (2006). Il film racconta la tragica storia di due agenti della polizia portuale di New York, John McLoughlin e Will Jimeno, che l'11 settembre entrarono per primi nel World Trade Center rimanendo poi intrappolati sotto le macerie. A 23 anni (appena trascorsi) dall’attentato manca ancora quello che Steven Spielberg fece in “Salvate il soldato Ryan”: ricostruire lo sbarco in Normandia del 1944 in un modo pazzesco. «La scena più potente e realistica nella storia dei film di guerra», la definì qualcuno. E’ vero, dell’11 settembre esistono tante immagini e video, in tanti hanno visto in tv il secondo aereo che si schiantava, le persone che si lanciavano nel vuoto per non morire bruciate dentro le torri. Esistono documentari, tanti report giornalistici che descrivono minuziosamente quei momenti di terrore. La settima arte non ha ancora avuto il coraggio di farlo e forse non l’avrà ancora per qualche anno. In compenso, è stata in grado di fotografare benissimo i fatti politici e militari conseguenti.

Una delle migliori opere sul post-11 settembre è “Zero Dark Thirty” di Katherine Bigelov. Il film comincia al buio, con solo le registrazioni vere delle persone intrappolate sulle torri, i riflettori si accendono qualche secondo dopo ma siamo già nel 2003: in una base americana della Cia in Pakistan due agenti interrogano un detenuto affiliato ad Al Qaeda e collegato ai dirottatori dell’11 settembre. Obiettivo, catturare Bin Laden, e i metodi sono quelli del waterboarding o della privazione del sonno, poi condannati dallo stesso governo degli Stati Uniti. E’ la storia vera della cattura e uccisione dello sceicco avvenuta nel 2011. L’11 settembre ha ispirato anche varie serie tv. Una delle più famose è “Homeland”: Carrie Mathison, la bipolare agente della Cia protagonista dello show, non si perdona il fatto di essersi lasciata sfuggire qualcosa che ha permesso ai terroristi di mettere a segno il colpo. Pura fiction. Fatti veri sono raccontati invece in “The looming tower”, dieci episodi molto interessanti perché esplorano i progressi di Al Qaeda verso l’11 settembre, ma anche come la rivalità tra Fbi e Cia ostacolò le indagini per prevenire l’attentato.

© Riproduzione riservata