Se è vero che la scarsità di un bene ne aumenta il valore, il titolo di altezza reale in questo 2022 in un ideale borsino del sangue blu fa segnare un’impennata.

In realtà la tendenza si registrava già dal 2019, quando il re di Svezia Carlo XVI Gustavo aveva deliberato di togliere l’appellativo a cinque dei suoi nipotini: i due figli del principe Carlo Filippo e i tre della principessa Maddalena. Non si trattava di una punizione – d’altra parte avevano tutti fra uno e cinque anni, non potevano aver commesso nulla di imperdonabile – ma di un mix pragmatico di liberalismo e sobrietà: con la revoca, che li lascia comunque duchi e duchesse, i piccoli hanno guadagnato la libertà di fare ciò che vorranno del loro futuro dal punto di vista professionale e hanno perso l’appannaggio che le regole della monarchia svedese prevedono per chi fa parte della famiglia reale anche dal punto di vista istituzionale e rappresentativo.

Insomma, l’appellativo e i relativi privilegi spettano a chi resta nella ditta, secondo la distinzione britannica con cui abbiamo imparato a familiarizzare un anno dopo la scelta del re di Svezia, cioè quando Harry e Meghan decisero di rinunciare agli incarichi di corte e di essere membri senior della famiglia. In quel caso però il titolo di altezza reale non fu revocato ma semplicemente congelato: il secondogenito di Carlo e Diana non lo adopera ma non ha perso per sempre il diritto a fregiarsene. Ben più drastico il cambiamento di status che all’inizio del 2022 ha riguardato uno zio di Harry, il principe Andrea.

Chiunque abbia seguito negli anni le vicende di casa Windsor - o abbia semplicemente visto la serie “The Crown”, che ha trasformato una buona fetta degli abbonati di Netflix in appassionati royal watcher – sa bene come il duca di York fosse considerato unanimemente come il figlio preferito di Elisabetta II. Eppure uno degli ultimi atti significativi della regina fu privarlo del titolo di altezza reale e indurlo a rinunciare ai gradi militari. Quest’ultimo è un passo indietro altrettanto doloroso, visto che il Duca non aveva un curriculum militare decorativo ma effettivo e aveva anche partecipato come ufficiale di marina alla guerra delle Falkland, facendo impensierire molto il governo britannico che non era abituato ad avere un membro della famiglia reale in prima linea. Differenti e meno onorevoli angosce doveva procurare anni dopo la consuetudine di Andrea con il finanziere americano Jeffrey Epstein, morto suicida nel carcere dove scontava una condanna per abusi sessuali, e la causa intentata al duca di York da Virginia Giuffre, che lo accusava di aver abusato di lei (all’epoca dei fatti 17enne) proprio con la complicità di Epstein. L’azione legale fu conclusa da un accordo stragiudiziale ma a quel punto l’immagine di Andrea era così compromessa che Buckingham Palace lo declassò.

Un anno cominciato così prosegue con il probabile no di Carlo, nel frattempo diventato re, al conferimento del titolo di royal highness ai figli di Harry e Meghan, Archibald e Lilibeth.

Non è chiaro se il nuovo monarca voglia stigmatizzare così le intemperanze del secondogenito, molto polemico con la casa reale, o se sia una scelta di sobrietà per evitare che il pantheon della Corona sia troppo affollato. I tabloid danno per certe tanto la scelta del re quanto l’amarezza del figlio, non per la perdita economica che la revoca dell’appellativo comporterebbe per i figli quanto per l’automatica privazione della scorta della polizia sul territorio del Regno Unito.

Infine è recente la revoca dell’appellativo di altezza reale decretata dalla regina di Danimarca per quattro nipoti, i figli del suo secondogenito Joachim, in modo che possano «determinare le loro vite in maniera molto più ampia». Margherita II in sostanza segue la linea scandinava inaugurata dal re di Svezia, e quindi veste in stile libertario una scelta che ha anche un’altra motivazione, cioè non far gravare sui contribuenti i privilegi che la condizione principesca dei nipoti comporterebbe.

Chi si preoccupa per questa falcidie di titoli e onori che colpisce i discendenti cadetti delle case reali europei, sappia che ci sono inconvenienti anche per l’alta aristocrazia che non ha troni né corone. Per esempio al duca di Norfolk, il nobile inglese di maggior rango nonché organizzatore per diritto ereditario ieri dei funerali di Elisabetta II e domani dell’incoronazione di Carlo III, pochi giorni fa è stata ritirata la patente per sei mesi. La polizia lo ha sorpreso mentre bruciava un semaforo rosso, distratto da una vietatissima telefonata al volante. Ha conservato comunque il diritto di seguire la cerimonia dell’incoronazione, ma in taxi.

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