Il sogno di Kamala (e di chi sceglie la libertà)
L’ex procuratrice della California e vice di Biden tenta la scalata alla Casa Bianca con il sostegno di “latinos” e comunità Lgbtq+Meno di cento giorni per sognare (le urne americane si aprono il 5 novembre) ma Kamala Harris è già la donna dei record. Dopo il primo spot di fine luglio, i “latinos” che si sono registrati per votare sono cresciuti del 221 per cento in una settimana; nella comunità Lgbtq+ l’ex procuratrice della California è un’icona da tempo. Al Gay pride con il gilet arcobaleno e la bandierina sventolata non la dimenticano.
Ma andiamo con ordine, visto che da qui all’autunno il volto di questa afro-asio-americana farà migliaia di volte il giro del pianeta, prima possibile presidente donna della più grande potenza mondiale. Nata a Oakland il 20 ottobre del 1964 da madre indiana, oncologa specializzata nella cura dei tumori al seno, e da padre di origine giamaicana, professore emerito di economia, Harris ha già scelto il suo slogan. «We choose freedom», recita il refrain. «Scegliamo la libertà», declinata come solo in America sanno fare. L’inno a non avere zavorre vale per tutto quello che da quelle parti uccide: le armi, vendute come fossero gelati; la sanità, che cura solo a pagamento; la disparità dei redditi, un cancro sociale. Lei, in giacca blu una volta e azzurra un’altra, il colore in assoluto più distensivo (di berlusconiana memoria), allunga l’indice verso il pubblico che a sua volta urla «Kamala-Kamala-Kamala». Il tifo è da stadio. Grande quanto la posta in gioco. In sottofondo “Freedom”, la canzone a tema di Beyoncé, orgogliosamente nera come Kamala e come gli afroamericani di ogni età che fanno da comparsa alla pubblicità, insieme agli altri cittadini del mondo, padri, figli e nipoti di quell’America anche razzista e suprematista, ma capace di accogliere tutti.
I latinos ne sanno qualcosa. In America sono trentasei milioni. Poco più di un decimo della popolazione. Sono rappresentati da un’associazione che da vent’anni promuove la partecipazione al voto e a Harris sta strizzando l’occhio. Specie negli Stati in bilico. “Voto Latino “, così si chiama il movimento, ha registrato 12.240 nuovi elettori in Georgia, dove Biden nel 2022 l’ha prevalso su Trump di appena 11.779 preferenze alle elezioni di medio termine. Buone notizie per Harris anche dalla Florida: 17mila latinos sono pronti a sostenere la candidata democratica. In Texas l’entusiasmo per Kamala è valso 13.322 iscrizioni, in Arizona 9.957, nella Carolina del Nord 5.237. In maggioranza sono donne e giovani, i due gruppi demografici che sempre di più, in tutto il globo, dimostrano capacità di mobilitazione, sino a cambiare scenari e destini.
L'altra comunità che per Harris ha deciso di spendersi è quella Lgbtq+. Un feeling non certo elettorale, anche se per almeno quindici secondi dello spot le bandiere arcobaleno diventano una dedica. Nella sua carriera di procuratrice della California, l’aspirante presidente americana si schierò apertamente contro la Prop8, la Proposizione 8, un emendamento costituzionale che nello Stato di San Francisco faceva valere solo i matrimoni tra un uomo e una donna, in seguito a una sentenza della Corte suprema. Ci fu un referendum. Si tenne il 4 novembre del 2008. Harris non solo dichiarò apertamente che mai avrebbe applicato la norma, ma sottoscrisse quella che in America si chiama amicus curiae. Letteralmente, “amico della Corte”. È un istituto giuridico statunitense in cui una persona titolata, non parte in causa, esprime un parere su una legge. Ecco, Harris definì «incostituzionale» la Prop8, cancellata poi nel giro di cinque anni. Sempre da procuratrice, Kamala si era battuta per far eliminare “la difesa da panico gay/trans” dalle aule dei tribunali. Nei processi. Nei dibattimento. Nelle arringhe. A conti fatti una giustificazione dell’omofobia, quindi un’attenuante per chi commetteva atti di violenza contro gay e trans.
Lo spot delle presidenziali 2024 finisce con il più classico «Harris for president». Kamala saluta così: «Perché noi, quando combattiamo, vinciamo». Con un’altra promessa annessa, «la libertà di decidere sul proprio corpo», che prende la giusta forma del valore universale e non negoziabile. Civiltà. Pura, purissima.