Un foglio scolorito, repertorio per nostalgici. È rimasto solo questo del "vecchio giornale" stritolato da una realtà sempre di corsa e dalla tecnologia? Domanda delicata che apre diversi scenari e pone ulteriori problemi e dubbi, ma una risposta esiste già. "Il giornalismo, quello vero, non morirà mai". Lo dice a chiare lettere Marco Gasperetti nel suo libro "La società dei giornalisti estinti" (Mauro Pagliai editore). Livornese, 64 anni, docente di Giornalismo online e Didattica multimediale all'Università di Pisa e firma del Corriere della Sera, in oltre novanta pagine racconta la rivoluzione che negli ultimi quaranta anni ha segnato la carta stampata. Con semplicità, dalla posizione privilegiata di chi ha vissuto il cambiamento sulla propria pelle, descrive un mondo che adesso quasi non esiste più. Un mondo nel quale il piombo e l'odore dell'inchiostro hanno lasciato il posto al computer e agli smartphone. E Gasperetti fa un tuffo nel passato, con il protagonista della sua storia ci porta in quelle vecchie redazioni fatte di persone. Dove c'era il cosiddetto "viale dei giornalisti", un corridoio su cui si affacciavano le porte dei singoli settori dallo Sport alla Cultura passando per la Cronaca. Ad ogni pagina affiorano le immagini dei giornalisti tipo (tutti personaggi di fantasia nel libro) in cui più o meno si sono imbattuti tutti coloro che passano la vita a rincorrere e verificare notizie e a scrivere pezzi. Sognando di stringere in mano quel tesserino da giornalista tanto sudato. E chi non ha mai incontrato ad esempio il classico capo dello Sport che la domenica assegnava una pagina di Seconda categoria con sedici articoli, sedici titoli e sedici risultati da correggere e tagliare. "Non c'era punizione peggiore" ricorda Gasperetti. E ancora il capocronista che accoglieva il nuovo arrivato, aspirante collaboratore con la classica frase: "Di cosa ti occupi, bimbo? Non mi interessano i tuoi titoli, qui si scarpina, si fa cronaca e si diventa giornalisti".

E questa era la scuola, quella che portava gli aspiranti cronisti a dover riscrivere un'infinità di volte il pezzo prima di vederlo pubblicato in pagina. Reporter vecchio stampo di una realtà in bianco e nero, fatta di fumo di sigarette in redazione e macchine per scrivere, odore di inchiostro e taccuini, pezzi dettati al telefono a gettoni. Le "macchinette" come venivano chiamati i primi computer arrivano solo dopo portando la prima ventata di cambiamento in redazione. Fino alla scossa di internet con i giornali online che si affiancano a quelli tradizionali, ma non sempre la convivenza è facile e all'orizzonte si intravedono nubi grigie. "Le notizie gratis in rete, la necessità di essere più veloci della concorrenza nel pubblicare sul sito hanno portato con sé anche una certa disattenzione verso i contenuti e la forma" ammette Gasperetti che con puntualità analizza la crisi del "transatlantico di carta che si è scontrato contro l'iceberg dei new media". Le insidie sono diverse a iniziare dai social network che "divorano i giornali" dando al tempo stesso un'informazione monca senza quel marchio di professionalità, un'informazione in cui viene annullata l'intermediazione dei giornalisti e il risultato è evidente.

Ma niente paura, è proprio da qui che si può e si deve ripartire. Questa crisi, secondo Gasperetti, porta con sé la chiave del riscatto. Come era accaduto nella Francia degli anni Trenta bisogna ripartire dalle scuole e insegnare a comunicare già dalle Elementari. Anche i bambini devono sapere cosa sono le notizie manipolate e false, devono imparare a riconoscerle e per farlo devono imparare a comunicare al meglio. Ma anche i giornalisti dovranno fare la propria parte, rivedere il proprio ruolo, adeguarsi e aggiornarsi continuamente per essere all'altezza di lettori sempre più preparati.

Una nuova sfida, un progetto affascinante e un po' folle come quello che chiude romanticamente il libro: i protagonisti dopo aver ricevuto la lettera di licenziamento dall'azienda scommettono su una vecchia tipografia per "fare un giornale che profuma d'inchiostro, carta e piombo, di metodi antichi ma che non moriranno mai". Sono certi che come sono stati riscoperti i vecchi vinili, così può rinascere la carta stampata. "Credo che l'ultima pagina del giornalismo non sarà mai scritta", dice Marco Gasperetti ma servirà preparazione, etica e amore.
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