Una ha puntato verso nord-est, toccando prima le coste della Toscana e poi quelle della Liguria, un’altra ha scelto le Baleari, la terza ha fatto rotta verso l’Africa. I ricercatori le hanno chiamate Diva, Gioia e Graziella: sono le tre tartarughe liberate nei mesi scorsi nelle spiagge sarde e monitorate costantemente con un sistema Gps che registra i loro spostamenti e comunica al quartier generale nell’Isola anche altri dati, come la temperatura dell’acqua e la profondità raggiunta. «In passato un’altra Caretta Caretta partita da Oristano è arrivata fino ai Caraibi. Questo ci fa capire che non esiste una tartaruga sarda o del Mediterraneo: le politiche di cura e conservazione sono da decidere e portare avanti a livello internazionale», dice Andrea De Lucia, responsabile del Cres, centro di recupero del Sinis che segue i percorsi di questi animali.

Una tartaruga con un trasmettitore satellitare
Una tartaruga con un trasmettitore satellitare
tartaruga satellitare

I segnali del trasmettitore di Graziella, che era partita da Cabras a maggio, si sono fermati qualche settimana fa davanti ai litorali della Tunisia, dopo un lungo giro che l’ha portata anche a sfiorare le coste della Sicilia. «Purtroppo è morta, si è spiaggiata. Abbiamo contattato le autorità tunisine che sono riuscite a recuperarla e ci hanno restituito il satellitare. Esaminando i dati abbiamo scoperto che è restata imprigionata in una rete, perché è rimasta alla stessa profondità per una settimana. L’apnea di queste tartarughe è di qualche ora. È il secondo caso nel giro di poco tempo con una dinamica uguale. Nelle coste della Tunisia si pesca con le reti da posta ed è più facile che le Caretta Caretta restino impigliate», spiega De Lucia.

È fondamentale il termometro del ricevitore. «Per la tartaruga sono basilari le temperature. I dati ci dicono che le migrazioni, specialmente i tragitti più lunghi, si stanno affievolendo. Prima il settore occidentale del Mediterraneo era freddo, e le Caretta Caretta andavano verso l’Egitto per trovare acque più calde. Ora invece rimangono di più dalle nostre parti».

I ricercatori alle prese con il monitoraggio di un nido di Caretta Caretta
I ricercatori alle prese con il monitoraggio di un nido di Caretta Caretta
nido tartarughe

Un’altra conseguenza è il boom di nidificazioni. Gli studiosi hanno registrato uno spostamento dall’area del Mediterraneo orientale, quella storicamente preferita, verso la Sardegna e la Sicilia. «Quest’anno abbiamo contato 19 nidi, più 4 tentativi. Un record. Prima del 2021 la media era di 3-4 nidificazioni all’anno», aggiunge Andrea Camedda, biologo marino del Cnr impegnato nelle ricerche del Cres.

Il monitoraggio solitamente si protrae per anno e mezzo, massimo due: la durata della batteria del satellitare. Oppure meno, se si rompe o se si danneggia l’antenna. Un intero apparato costa tra 5 e 8mila euro: i finanziamenti per l’acquisto e l’installazione sulle tartarughe sono in parte dell’assessorato regionale all’Ambiente, il progetto di studio coinvolge le Aree marine della Sardegna e il Corpo forestale.

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