Giggirriva, il mito rivive a teatro
La leggenda del campione in un monologo di Silvano Vargiu, attore di LanuseiQuando finisce la cronaca comincia la storia. Tanto più grande se racconta un mito. Quello di Giggirriva scritto, diretto e interpretato da Silvano Vargiu. Quarantasei anni, attore di Lanusei, si è messo sulle tracce del leggendario campione e in 55 minuti di spettacolo ne ha ripercorso le tappe, dall’arrivo in Sardegna fino all’addio di popolo sulle scalinate di Bonaria. La piece, scandita dall’armonica a bocca e dalla chitarra di Mauro Aresu, musicista anch’egli di Lanusei, presto approderà nelle scuole.
«Essendo nato nel 1978 - dice l’artista- il mito di Riva lo avevo vissuto soltanto nei racconti degli altri. Ho indagato, mi sono appassionato alla storia dell’uomo e del campione e ho iniziato a pensare a uno spettacolo che potesse essere rappresentato proprio nelle scuole». Invece il debutto - doppio appuntamento, a La Caletta e Tortolì - è avvenuto sul palcoscenico della pastorale del Turismo. «Coincidenza ha voluto che proprio in quel periodo la Curia organizzasse l’evento con un tema ben preciso: il cuore». E chi meglio di Riva poteva rendere l’idea del cuore? Lo spettacolo - collaborazione tecnica di Francesca Nieddu, suggestioni di luci di Tony Grandi - è costruito sul filo rosso tra Riva e la Sardegna. Suggestivo, imprescindibile il corredo delle fotografie e dei ritagli di giornale, concessi all’autore da L’Unione Sarda.
L’incipit è la valigia che Riva si è portato appresso quando è sbarcato – senza entusiasmo – nell’Isola. L’attore la apre e comincia a raccontare. «Nel secondo dopoguerra – è il prologo – la Sardegna è ancora considerata una terra lontana, povera, popolata da pastori e banditi, un posto dove si viene mandati in castigo. “Ti sbatto in Sardegna!”… così venivano minacciati soprattutto militari e poliziotti. Già dal tempo del regno Sabaudo “destinazione Sardegna” voleva dire andare in un distaccamento lontano, alla frontiera, dove la gente parlava una lingua diversa dalla tua e dove rappresentavi un potere tanto odiato... perché i sardi hanno subìto nel corso dei secoli ingiustizie e abbandono dai dominatori di turno. Miseria e disoccupazione costringono molti Sardi a cercare lavoro e condizioni di esistenza migliori anche al di fuori dell’Isola, e l’emigrazione, dai primi anni Cinquanta, riprende a svuotare la Sardegna. Quell’Isola che - racconta Vargiu - fino alla metà degli anni sessanta è povera, molti bambini mangiano carne solo a Natale e a Pasqua. La terra dove quella che sarà in futuro la Costa Smeralda è solo una landa desolata che si affaccia sul mare. Karim arriverà dopo».
E dopo ancora arriverà Rombo di Tuono. «L’inizio – racconta Silvano Vargiu - ha quasi il sapore di un romanzo Ottocentesco: un ragazzo che, dopo un’infanzia segnata da stenti e lutti familiari, è costretto ad abbandonare la propria terra per recarsi in un’isola lontana, sconosciuta. Un trasferimento, anche il suo, vissuto all’inizio proprio come un obbligo e una condanna ma che poi si rivelerà essere una grande fortuna, quasi una benedizione. Un ragazzo che si è farà davvero grande nello sport e nella vita e il suo nome diventerà una leggenda: Luigi Riva, meglio noto in Sardegna come Giggirriva». Lo spettacolo è un crescendo di emozioni, ricordi, aneddoti. Con una colonna sonora che incanta. E la memoria del campione che domina. «Al di là di ogni retorica», l’epilogo è intriso di emozione, «di lui ci resterà, oltre al ricordo dello straordinario campione, anche quello del grande Uomo che ha dimostrato di essere in vita. Ci resteranno gli importanti valori che ci ha saputo trasmettere con la semplicità e la sincerità di un vero amico. E a maggior ragione nel mondo di oggi, dove il Dio denaro la fa da padrone sotto ogni aspetto nella società come nello sport, questa storia rappresenta un prezioso lascito per le nuove generazioni. Una storia epica e gloriosa ma che affonda saldamente le sue radici nella nell’umiltà, nella coerenza, nella caparbietà, ma soprattutto nel grande cuore del suo protagonista».
C’è tanto trasporto nel monologo dell’attore ogliastrino. «Ho visto piangere un’insegnante dopo la morte di Riva», racconta Silvano Vargiu. «In lacrime diceva: questo è stato un grandissimo uomo per la nostra terra, i suoi valori dovrebbero essere portati in tutte le scuole, per farlo conoscere alle nuove generazioni». E così farà l’attore di Lanusei. Un leggio davanti, la valigia aperta, le immagini del mito che scorrono alle sue spalle. L’infanzia dura a Leggiuno, il viaggio in aereo verso la Sardegna, la stagione dello scudetto, il tributo di infortuni pagato alla Nazionale. E quella maglia rossoblù cucita addosso. Eternamente. Anche nel cielo che lo ha accolto, disseminato di stelle.