“Avevo 8 anni, e quando salivo nello studio di mio padre, a Castello, incontravo i suoi amici, che, immersi in una cortina di fumo, per interi pomeriggi  si accapigliavano sul senso di un colore o su una forma. Ancora non capivo perché litigassero così tanto”.

Succedeva ogni sabato, nella piccola mansarda - studio di Ermanno Leinardi, uno dei principali esponenti della Neoavanguardia sarda.

Uno spaccato del grande fermento culturale e artistico cagliaritano degli anni Cinquanta ce lo restituisce il figlio di Ermanno Leinardi, Raul, oggi sessantecinquenne, che ha raccontato tanti episodi della vita del padre nel corso di un incontro, al Museo Diocesano, a margine della mostra antologica su Leinardi, scomparso a Calasetta, 15 anni fa.

Ha raccontato i suoi ricordi di bambino, le sue emozioni e gli insegnamenti appresi da tutte quelle strane persone, i protagonisti di quello che fu il movimento Neo avanguardista nella seconda metà del Novecento in Sardegna.

Insieme a lui la curatrice  del catalogo, Maria Dolores Picciau, amica della famiglia Leinardi, e lo storico dell’arte Gianni Murtas.

L’incontro, fortemente voluto dalla direttrice del Diocesano, Silvia Oppo, si è svolto in conclusione della mostra, rimasta per alcuni mesi nelle sale del museo oristanese.

Ma cosa è stato per l’isola il movimento delle Neo avanguardie?

Ad introdurre il tema, in una chiacchierata molto informale, ma seguitissima dal pubblico oristanese, lo storico dell’arte Gianni Murtas che ha risposto alle domande di Antonello Carboni, co-curatore della mostra.

Lo scenario è la seconda metà del Novecento, il luogo è la città di Cagliari, capoluogo sardo in cui si sono concentrati un gran numero di esponenti delle Neo avanguardie isolane.

“In quegli anni – racconta Gianni Murtas – nasce a Cagliari lo “Studio 58” un gruppo di artisti molto eterogeneo di cui facevano parte, tra gli altri, Primo Pantoli, Gaetano Brundu, Ugo Ugo , Rosanna Rossi, Mirella Mibelli e Luigi Pascalis. Giovani creativi che cercavano uno spazio nuovo in cui confrontarsi, e mostrare le loro differenze rispetto ai sardi del primo Novecento legati principalmente al figurativo, come Biasi e Figari”.

Il gruppo nasce nel 58, ma già dal 57 c’era stata un’avvisaglia di queste nuove tendenze, continua Murtas, “in occasione della prima biennale di Nuoro, quando Mauro Manca aveva vinto con un lavoro astratto, dal titolo “L’ombra del mare sulla collina”. Un’opera coraggiosa in un contesto artistico dominato ancora principalmente dal figurativo”.

“Il gruppo Studio 58 - aggiunge Antonello Carboni – nasce per contrastare tutto quello che dal punto di vista figurativo rappresentava la tradizione, cioè tutti quei pittori che Primo Pantoli definiva la retroguardia”.

Ma da chi era composto questo gruppo?

“Erano tutti artisti più o meno conosciuti, come Primo Pantoli, Tonino Casula, Gaetano Brundu, Rosanna Rossi, tutti uniti da un unico spirito: quello di avversione nei confronti della tradizione”.

Un gruppo eterogeneo, un grande contenitore nel quale però gli artisti non si amalgamavano benissimo. Da una costola del “Gruppo 58”, infatti nasce qualche anno dopo (nel ‘61) un secondo manifesto, quello di “Iniziativa democratica per la rinascita culturale della Sardegna”. Di questo nuovo gruppo, molto vicino al Partito Comunista, entrano a far parte Luigi Mazzarelli, Primo Pantoli, Mauro Staccioli e Gaetano Brundu.

Erano realtà intellettualmente molto attive, che discutevano di estetica, filosofia, politica, ed erano in stretto contatto con tutto il mondo creativo di allora, oltre ad essere ben visti dal mondo accademico, nutrimento per l’evoluzione di un discorso culturale che coinvolgeva più strati intellettuali, dai poeti, ai musicisti ai letterati.

In quegli arrivò a Cagliari a Cagliari Corrado Maltese, docente di Estetica che sostituì Gillo Dorfles. "Maltese – ricorda Murtas - era stato curatore della pagina culturale dell’Unità, e traduttore di un testo molto importante sulla psicologia dell’arte di john Dewey. Attorno a Maltese si aggregano diversi artisti che gravitavano già nel gruppo di “Studio 58”, ed è proprio Maltese in questo periodo che fa da collante per i quattro artisti che poi fonderanno il Gruppo Transazionale: Tonino Casula, Ugo Ugo (ex direttore galleria comunale) Italo Utzeri ed Ermanno Leinardi” aggiunge Carboni.

Siamo nel 1964, l’anno prima della proclamazione del manifesto artistico Transazionale.

Un grande apporto alla filosofia estetica del gruppo lo diede Tonino Casula, attraverso un’applicazione pratica della psicologia dell’arte.

“Casula che era praticamente cieco - racconta Murtas – e una volta operato si trovò improvvisamente nella condizione di chi imparare a vedere, da adulto. Inizia così a studiare la percezione visiva, a scoprire la Gestalt e la Transazione percettiva e si pone il problema di come poter tradurre questo concetto nell’arte”. Stravolgendo evidentemente vecchi canoni estetici e spingendosi verso campi di più ampia sperimentazione sensoriale.

“Erano gli anni dell’ optical e il gruppo Transazionale introdusse un riferimento percettivo nuovo. Mai nessuno aveva osato andare così avanti in un panorama sardo in cui tutta la Neo avanguardia aveva oscillato al massimo tra le radici espressioniste e l’informale” spiega Murtas.

In quel periodo sull’Unione Sarda scriveva Mario Ciusa Romagna, che rimase molto sorpreso da questi artisti che, spiega Murtas, “proponevano una sorta di pittura dialettica, cioè una pittura fatta di forme che dialogavano tra loro”.

Anche a Sassari nascono gruppi simili: Mauro Manca fa da catalizzatore alla nascita del “Gruppo A", di cui hanno fatto parte, tra gli altri, anche Aldo Contini, Nino Dore, Antonio Atza, Gaetano Pinna, Zaza Calzia e poi il Gruppo della Rosa composto da Igino Panzino, giovane docente dell’istituto d'arte sassarese, Giovanna Secchi, Riccardo Campanelli, Paola Dessy e altri ancora.

La prima grande mostra della Neoavanguardia sarda fu fatta negli anni Settanta a Cagliari e maturò dall’unione tra il “Gruppo Transazionale” e il “Gruppo di iniziativa democratica”.

Nello stesso periodo apre nel capoluogo la galleria Duchamp di Angela Migliavacca che per anni diede grande spazio alle opere della Neo avanguardia. Poi il vuoto. Per questo le Neo avanguardie sarde non sono molto note al grande pubblico. Dopo la chiusura della Duchamp questo gruppo di artisti non ha avuto spazio per mostrarsi al pubblico e ha continuato a lavorare nell’ombra.

“C’è bisogno anche di questo tipo di dibattiti per parlare di arte– sostiene Maria Dolores Picciau, attualizzando il discorso al nostro tempo– Purtroppo non abbiamo più le nostre grandi figure storiche di riferimento come Corrado Maltese, Salvatore Naitza, Gillo Dorfles e Marco Magnani oggi si è creato il vuoto attorno ai nostri creativi, che hanno perso riferimenti importanti”.

E continua: “Prima c’erano tanti docenti universitari vicini agli artisti: se non ci fossero state persone come Maltese il movimento Transazionale non avrebbe avuto la risonanza che ha avuto”.

Maria Dolores Picciau ha conosciuto bene Leinardi e scritto tanto su di lui e sui creativi del suo gruppo: “Grazie a Ermanno Leinardi ho conosciuto Italo Utzeri, Zaza Calzia, Nino Dore, Gaetano Brundu. Ho raccontato il loro periodo nel volume “Tracce sull’acqua” prendendo spunto da una mostra sull’acquarello, organizzata da Leinardi”. Un frammento di storia sarda importante che racconta la rivoluzione estetica di quel periodo.

Ermanno Leinardi non era solo un artista. Era anche un organizzatori di eventi, incontri, mostre viaggi. “Voleva far incontrare i creativi sardi con altri gruppi che stavano nascendo nella Penisola e all’Estero, creare dibattiti: ha fatto molti viaggi per entrare in contatto con i gruppi di arte contemporanea delle grandi capitali europee” ricorda il figlio Raul.

Oggi Maria Dolores Picciau, promotrice e organizzatrice della mostra itinerante su Ermanno Leinardi, è assessore alla Cultura del Comune di Cagliari e ha una serie di progetti importanti per l’arte sarda e soprattutto relativi alla seconda metà del Novecento: “Fortunatamente  abbiamo un sindaco illuminato che ha appena ristrutturato un edificio storico importante dove nascerà un museo. L’idea è quella di valorizzare i movimenti della seconda metà del 900 fino agli ultimi decenni”.

Sulla stessa linea d’onda Silvia Oppo, direttrice del Museo Diocesano, da sempre intenta a creare dibattito e movimento attorno all’arte sarda in uno spazio d’eccellenza dedicato al Sacro e alla conoscenza.

© Riproduzione riservata