Questa storia inizia a Ossi, passa per La Maddalena e adesso fa tappa a Pozzuoli, a pochi tornanti da Napoli. È una vicenda di sogni e di solidarietà, di paura e di riconoscenza. Di mezzi miracoli e grandi sfide. La protagonista si chiama Elettra Uras e che sia sarda da generazioni si capisce all’istante, appena si presenta: l’accento non tradisce, il cognome sì. In Accademia militare, dove tra l’altro sono abituati a invertire nome e cognome, è la prima cosa che hanno capito. Ciò che invece non era chiaro subito a tutti è la determinazione di una ventenne apparentemente gracile ma con la forza di un eurofighter. Per capirlo c’è stato bisogno di vederla in vasca, a nuotare, a sfidare i colleghi, nel corso di una gara di nuoto durata ventiquattr’ore. «C’era un obiettivo preciso in quella gara. Le bracciate servivano a raccogliere fondi per aiutare l’ospedale pediatrico che aveva salvato mio fratello e per questo ci ho messo tutta la potenza che avevo in corpo. Ho pensato a quanti altri sorrisi sarebbero stati preservati dal lavoro di quei grandi medici, che diventeranno presto miei colleghi». 

Camici e divise in questa vicenda si mischiano. La maddalenina Elettra Uras ora ha 20 anni ed è allieva del primo anno dell’Accademia dell’Aeronautica. Di indossare i gradi dell’Arma azzurra l’ha deciso con un’idea chiarissima: riuscire ad entrare in un ospedale, passando da una caserma. Missione specifica: diventare un ufficiale medico. «È una scelta che ho fatto da piccola, quando ho temuto di perdere per sempre mio fratello piccolo. Lui aveva tre anni e mezzo e da un giorno all’altro ci siamo trovati di fronte a un dramma: si è scoperto che era stato colpito da una malattia molto rara, una forma molto aggressiva di diabete infantile. Non c’era tempo da perdere, era questione di vita o di morte». L’intervento provvidenziale è stato quello organizzato in fretta e furia dall’equipe specializzata dell’ospedale Bambino Gesù di Roma. «L’hanno salvato e in quel momento è iniziata la mia avventura: sì, proprio lì ho fatto la scelta che mi ha portato fin qui». 

Elettra Uras durante la staffetta di nuoto (Foto Aeronautica militare)
Elettra Uras durante la staffetta di nuoto (Foto Aeronautica militare)
Elettra Uras durante la staffetta di nuoto (Foto Aeronautica militare)

Il sogno di indossare la divisa, per Elettra Uras non è legato alla voglia di volare. Non sarà una top gun ma con i futuri piloti di caccia e di elicotteri per il momento studia fianco a fianco. Rigore, disciplina e principi da cadetti. «Sono qui perché mi sono convinta che questa fosse la strada migliore per inseguire il desiderio di diventare un medico, sì un medico militare - racconta - Con determinazione mi sono preparata per il concorso che mi ha consentito dientrare nell’Accademia aeronautica e ogni giorno affronto i sacrifici che questa scelta comporta. Sempre con la solita idea sempre in testa: diventare un medico, sì un  medico in divisa». In tempi di militari che accorrono ovunque per costruire ospedali, per distribuire respiratori e vaccini, per allestire hub e per arrivare nelle zone più remote del Paese, le forze armate italiane si portano in dote una percentuale sempre più alta sulla scala della fiducia nazional-popolare. E parallelamente fanno i conti con un aumento delle domande di arruolamento. Nell’avventura di Elettra c’è tutto questo e c’è anche dell’altro: «Quel desiderio di restituire un po’ di quel grande dono che la scienza mi ha fatto». 

Un momento del giuramento degli allievi dell'Accademia (Foto Aeronautica militare)
Un momento del giuramento degli allievi dell'Accademia (Foto Aeronautica militare)
Un momento del giuramento degli allievi dell'Accademia (Foto Aeronautica militare)

Quel conto si può saldare sui libri e anche in vasca. A colpi di bracciate. La sfida si chiama “Un dono dal cielo”, ma più che tra le nuvole si è consumata in acqua. Idea dell’Aeronautica militare, che quest’anno ha scelto così di festeggiare il centenario della Madonna di Loreto, che degli avieri è anche la patrona. «Con questa staffetta abbiamo creato una catena di beneficenza che ha consentito di assegnare una bella cifra all’ospedale Bambino Gesù. Appena mi è stato proposto non ho esitato un attimo e così mi sono tuffata insieme ai colleghi del primo, del secondo e del terzo anno. È stato un grande successo: una fatica, certo, ma soprattutto una soddisfazione. Doppia, per di più».

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