Che sia una delle figure femminili più grandi della storia è risaputo. Eleonora di Serra Bas, giudicessa di Arborea, è una delle prime eroine dell’indipendentismo, capace di radunare sotto un’unica bandiera le popolazioni sarde e lottare contro gli aragonesi. A lei si deve l’aggiornamento della Carta de Logu, codice di leggi che restò in vigore fino al 1827. Potrebbero bastare questi elementi per delineare la sua immagine in realtà però su “Eleonora d’Arborea non è detta ancora l’ultima parola”. Se è vero che intorno a questa regina medioevale sono sorte tante leggende, è ancora più vero che su “Eleonora c’è ancora tanto da dire e da scoprire”. Ne è convinta Bianca Pitzorno, scrittrice sassarese che alla giudicessa ha dedicato anni di studio e lavoro fioriti poi in uno dei suoi romanzi più celebri Vita di Eleonora d’Arborea. “Quando ho pubblicato la prima versione del mio libro, era il 1984, c’erano soltanto nove documenti su Eleonora. Ce ne erano tanti sulla sua famiglia ma non su di lei. Per fortuna i suoi nemici, i catalani, avevano la fissazione di conservare tutto e così, dopo il franchismo (che per poca simpatia verso i catalani non facilitava la consultazione degli archivi di Barcellona) gli studiosi si sono ritrovati davanti a un ricchissimo patrimonio storico” ha spiegato durante una delle recenti conferenze organizzate dall’assessorato alla Cultura del Comune di Oristano in occasione delle celebrazioni per i 140 anni della statua dedicata alla regina degli Arborea.

Il libro di Bianca Pitzorno\u00A0(foto V. Pinna)
Il libro di Bianca Pitzorno\u00A0(foto V. Pinna)
Il libro di Bianca Pitzorno (foto V. Pinna)

Dialogando con la responsabile dell’archivio storico comunale Antonella Casula, la scrittrice mostra come partendo da quel tesoretto di carte e lettere si possa fare un tuffo nel passato, scoprire dettagli non solo della vita istituzionale ma anche della quotidianità e del carattere di donna Eleonora. Dalla corrispondenza con il re Pietro IV ad esempio emerge un temperamento forte: “Il re le si rivolge chiamandola contessa di Monteleone, un attributo che era un insulto sia perché la sminuiva riducendola a contessa sia perché le attribuiva un contado che era dei Doria, la famiglia del marito Brancaleone. Puntualmente Eleonora rispondeva firmando Eleonora giudicessa di Arborea. C’è un continuo botta e risposta in cui il re le dice di abbassare la cresta e lei invece non ci sta”.

Da altri documenti si scoprono le abitudini alimentari dei giudici ad esempio mangiavano carne e formaggi mentre consumavano pochissime verdure. Ma amavano anche la frutta candita tanto che da Barcellona la portavano a Oristano.

Quella dei giudici di Arborea era una ricca famiglia ed Eleonora era una erede al trono che inevitabilmente si adeguava a certi stili di vita. “In quei tempi non ci si poteva ribellare, non erano i tempi di Harry e Meghan di Inghilterra. La vita era così difficile per i poveri che se uno nasceva in un giudicato ricco e rinomato non pensava di certo di poter fare altro” spiega Pitzorno. La morte prematura del fratello, consentì a Eleonora di salire al trono e tenerselo ben stretto tanto da riuscire a non far cadere il giudicato in mano agli stranieri.

Le carte degli archivi mettono in luce anche la modernità del rapporto tra Eleonora e il marito. Brancaleone a volte può apparire come “un tipaccio però riconosceva sempre che la moglie era migliore di lui”. Ad esempio nel 1382, prima di diventare giudicessa, Eleonora chiede al doge di Genova di diventare cittadina genovese senza pagare le tasse (e il doge accetta perché era un onore avere una cittadina di un giudicato così importante). A fare la domanda va Brancaleone che però non si presenta a nome della moglie ma fa il semplice portavoce della figlia di Mariano IV “lui si annulla completamente”. E ancora è Eleonora in prima persona a trattare con il doge di Genova per il fidanzamento del figlio Federico con la figlia. Brancaleone non compare. “Decide di lasciarlo prigioniero per sette anni prima a Barcellona poi nelle torri di Cagliari: Brancaleone deve incassare e quando viene liberato torna a fare il capo dell’esercito, sempre in subordine a Eleonora”. Secondo la studiosa già questi elementi bastano per delineare il carattere della giudicessa e quello del marito.

“Resta un mistero invece il perché Eleonora sia stata data in sposa a un nobiluccio, certamente non scelto da lei. Brancaleone era vedovo, era più grande e non è chiaro perché sia diventato suo marito. Abbiamo documenti in cui si parla di trattative per far sposare la figlia del giudice con il figlio del re di Cipro, o con altre persone di importanza europea e poi la ritroviamo sposata a Genova con uno di una casata molto meno importante della sua”. Un punto oscuro della vita di Eleonora che ci si augura di chiarire grazie a nuovi documenti. “Di certo gli studi consentiranno di scoprire altre particolarità sulla regina degli Arborea. Della sua famiglia si parlava molto in Europa, abbiamo documenti a Barcellona ma anche a Pisa e Firenze che fanno riferimento al giudicato – spiega – recentemente una studiosa facendo ricerche nell’archivio notarile di Firenze ha trovato quattro documenti in cui si parla di una persona incaricata dai giudici per andare a Pisa, sede della facoltà di Medicina più seria del periodo, per scritturare due medici affinché stessero sempre a fianco di Eleonora, Mariano e Brancaleone per evitare il contagio di peste”. Un classico esempio di come nuove notizie possono emergere anche casualmente dagli archivi. “I nuovi elementi che emergono dalle carte consentono di definire sempre meglio Eleonora come una principessa di calibro europeo della fine del ‘300. Una donna che ha fatto tanto per il mondo, la Carta de logu è una forma di Costituzione che ha ispirato moltissimi anche fuori dai nostri confini”.

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