Il pianeta del Piccolo Principe era così piccolo che, dopo aver visto il sole scomparire sotto la linea dell’orizzonte, bastava spostare di qualche passo la sedia per vedere un altro tramonto. Al personaggio ideato da Antoine de Saint-Exupéry piaceva tanto osservare il sole tramontare, e aveva confessato al suo amico aviatore di averlo visto, tempo addietro, addirittura 43 volte in un giorno. Per poi aggiungere: “Sai… quando si è molto tristi si amano i tramonti”. E così il suo amico aveva immaginato che quel giorno lontano il Piccolo Principe fosse profondamente rattristato. Eppure, nella realtà c’è chi per mestiere guarda in successione albe e tramonti per mesi e mesi, e non ne ricava tristezza. Anzi.

Astronauti come Suni Williams e Butch Wilmore, rientrati il 18 marzo 2025 sulla Terra dopo nove mesi e mezzo a bordo della Stazione spaziale internazionale, possono arrivare a vedere il sole sorgere e tramontare anche ogni 90 minuti, a seconda dell’orbita in cui si trovano. Dopo il loro ammaraggio nel Golfo del Messico, sono stati subito sottoposti a un attento monitoraggio delle loro condizioni psicofisiche, che durerà molti anni, per verificare gli effetti di una permanenza nello spazio così protratta (ma la missione sarebbe dovuta durare molto meno). Molte conseguenze negative di una simile condizione sono abbastanza note e tutto sommato intuibili: vivere a lungo in assenza di gravità può comportare una serie di alterazioni nel sistema muscolo-scheletrico, cardiovascolare e neuro-oculare.

Impatto sorprendente

Meno scontato, e meno noto, è invece il cosiddetto “Overlook Effect”, o Effetto panorama. Si tratta di un fenomeno psicologico e cognitivo vissuto dagli astronauti quando osservano la Terra dallo spazio. Questa esperienza provoca una profonda trasformazione nella loro percezione del mondo e dell'umanità, portando a un senso di unità globale e a una rinnovata consapevolezza ecologica. Il termine è stato coniato nel 1987 dallo scrittore e filosofo spaziale Frank White, che ha intervistato numerosi astronauti per comprendere l’impatto della visione del nostro pianeta dallo spazio.

A pensarci bene, in effetti, può sembrare un’applicazione specifica di una regola generale. Non si dice forse che per vedere bene le cose, sia quelle materiali che quelle immateriali, bisogna osservarle da una certa distanza? Gli astronauti che hanno avuto il privilegio di osservare la Terra dall’orbita bassa, dalla Luna o addirittura dallo spazio profondo, descrivono un cambiamento radicale nella loro comprensione della realtà. La Terra appare come un globo fragile, privo di confini nazionali visibili, immerso nel nero infinito dello spazio. Piccola e quasi irrilevante nell’immensità. Questa visione porta a una profonda realizzazione: tutte le divisioni umane sono arbitrarie e, in ultima analisi, insignificanti di fronte all’unità del pianeta.

Alcuni astronauti descrivono questa esperienza come un’epifania spirituale o filosofica. Edgar Mitchell, astronauta dell’Apollo 14, sesto uomo a mettere piede sulla Luna, ha parlato di una sensazione di “connessione cosmica” con l’universo. Il suo collega canadese Chris Hadfield ha sottolineato come questa visione rafforzi il senso di responsabilità nei confronti della Terra e della sua fragile biosfera.

Empatia per l’ambiente e le persone

L’Overview Effect, per come è stato descritto dagli studiosi, ha conseguenze profonde sulla psicologia degli astronauti. Molti di loro tornano con una maggiore empatia verso l’umanità e un più forte impegno per la protezione dell’ambiente. Alcuni, come l’astronauta giapponese Koichi Wakata, hanno riportato un cambiamento nella loro filosofia di vita, con una maggiore enfasi sulla cooperazione e sulla pace globale.

EPA
EPA
Un'immagine della Terra vista dallo spazio

Questo effetto non si limita a una rinnovata coscienza ecologica, ma si estende anche alla filosofia e alla spiritualità. Alcuni astronauti lo descrivono come un’esperienza mistica, paragonabile a stati di illuminazione descritti in diverse tradizioni religiose. La visione della Terra come un piccolo punto azzurro nel vuoto spaziale può far emergere una prospettiva olistica, in cui i problemi umani appaiono minuscoli rispetto alla vastità del cosmo. E c’è chi spera che, ora che la possibilità di viaggiare nel cielo sembra destinata ad ampliarsi con le navigazioni commerciali di SpaceX e altre compagnie, questa visione in qualche modo pacificata possa diventare “contagiosa” e diffondersi.

Naturalmente è ancora molto presto per ipotizzare una prospettiva simile. Per adesso, gli studi sugli astronauti si concentrano soprattutto sul modo di prevenire e rimediare le conseguenze negative della permanenza nello spazio: quelle fisiche, già citate, e quelle psicologiche come ansia e stress, disturbi del sonno, persino danni alle funzioni cognitive, a partire dalla memoria a breve termine. Ma è confortante pensare che guardare la Terra da lontano, come faceva il Piccolo Principe dal suo minuscolo corpo celeste, l’asteroide B-612, possa aiutarci a restituire alle cose la loro giusta prospettiva, relativizzare i problemi, evitare di farsi la guerra per delle stupidaggini. O evitare di farsi la guerra e basta, per qualsiasi ragione.

© Riproduzione riservata