Era in crisi già prima del 2020, quando nel mondo è comparso il Covid-19. Un virus che ha annientato, e purtroppo continua a farlo, vite umane e non solo. Uno dei settori più sofferenti fin dall’inizio dell’emergenza pandemica era quello del commercio al dettaglio. Le chiusure imposte nei mesi scorsi hanno provato ancora di più questo comparto, già messo in crisi negli ultimi anni.

In linea generale vale il principio che la capacità o meno di fatturare attraverso un esercizio commerciale dipende molto dalle caratteristiche dell’imprenditore o dell’imprenditrice che lo avvia. Ma è altrettanto indubbio che possono essere messe in atto diverse azioni di politica pubblica che dovrebbero aiutare un settore in difficoltà da troppo tempo e che rischia di aumentare il numero delle serrande abbassate definitivamente. Aiuti che possono arrivare non solo sotto forma di ristori, così come vengono chiamati i contributi a sostegno di famiglie e categorie di imprenditori che in questo anno e mezzo hanno avuto come risarcimento dei problemi dati dalla pandemia.

Esistono infatti delle politiche, portate avanti quindi dalle amministrazioni comunali, che possono indirizzare in modo più o meno incisivo il commercio locale, a vantaggio degli esercenti e dell’intero tessuto economico. Infatti le amministrazioni locali possono utilizzare somme in bilancio con lo scopo di sostenere il commercio locale, e di conseguenza le filiere produttive che ne fanno parte.

E così la Fondazione Openpolis ha svolto una interessante ricerca analizzando i bilanci dei comuni italiani. <Nella parte delle uscite una voce è dedicata al Commercio, reti distributive e tutela dei consumatori. Si trova in una missione dal titolo Sviluppo economico e competitività, in cui sono incluse anche Industria, pmi e artigianato, Ricerca e innovazione e Reti e altri servizi di pubblica utilità - spiegano gli esperti - Nel capitolo di spesa per il commercio sono comprese le attività per il settore della distribuzione, conservazione e magazzinaggio, oltre che per la programmazione di interventi e progetti di sostegno e sviluppo del commercio locale. Si intendono anche i mercati rionali, l’organizzazione di fiere cittadine, ma anche i sussidi e i contributi per la promozione di politiche improntate sull’incentivo all’acquisto presso gli esercizi locali. Infine in questa parte del bilancio vengono conteggiate anche le spese investite dall’ente per la tutela del consumatore e una corretta informazione della comunità>.

Il comune di Trieste ha il primato della spesa per il sostegno del commercio locale, tra le città più popolose nel 2019. Sono 15,81 gli euro pro capite investiti dall'amministrazione giuliana, a fronte di 14,48 spesi da Firenze e 13,62 da Bari. A chiudere la classifica delle grandi città sono Bologna (3,69 euro pro capite) e Napoli (2,48).

Il Municipio de La Maddalena (foto archivio L'Unione Sarda)
Il Municipio de La Maddalena (foto archivio L'Unione Sarda)
Il Municipio de La Maddalena (foto archivio L'Unione Sarda)

E in Sardegna? Primo posto per La Maddalena che nel 2019 ha investito 86,08 euro pro capite per il sostegno al commercio locale (951.258 euro in tutto), secondo Serri con 26,43 euro pro capite (16.942 in tutto), al terzo Arzachena con 24,24 euro pro capite (334.863). La Città metropolitana di Cagliari si piazza subito dopo con una spesa pro capite di 23,89 (complessivamente tre milioni e 660.824). Bene anche Olbia (20,37 euro pro capite e un milione e 248.984 in tutto).

In provincia di Oristano Arborea è il comune che ha speso di più per sostenere il commercio locale (15,61 euro pro capite e 60.012 in tutto), nel Nuorese invece Lei. Attenzione però, ci sono ben settanta amministrazioni comunali con importo sconosciuto, tra cui Oristano e Nuoro, <spesso i comuni non inseriscono le spese relative a un determinato ambito nella voce dedicata, a discapito di un’analisi completa. Non sono disponibili i dati di alcuni comuni perché alla data di pubblicazione non risultano accessibili i rispettivi bilanci consuntivi 2019>, precisano dalla Fondazione Openpolis.

A livello nazionale <Il piccolo borgo di Exilles, in provincia di Torino, è il comune dove si spende di più per il sostegno al commercio: ben 689,59 euro pro capite. Segue Barbara, comune di poco più di mille abitanti in provincia di Ancona, con 489,28 euro pro capite. Sono proprio le Marche la regione dove, in media, i comuni elargiscono più risorse per il settore: 5,05 euro pro capite, a fronte una media nazionale pari a 2,84 euro. Le tre regioni dove gli enti locali spendono meno si trovano tutte al sud. Si tratta di Sicilia (1,74), Basilicata (1,17) e Calabria (0,89)>, si legge nel report a cura della Fondazione.

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