Funghi, batteri, virus e insetti divoratori aggrediscono il patrimonio verde. L’Isola, esposta al cambiamento climatico coi processi accelerati di tutta l’area del Mediterraneo, nei prossimi decenni rischia di trasformarsi in una terra con un altro paesaggio. L’altalena di siccità e nubifragi che già cominciamo ad assaggiare, secondo gli esperti del clima entro il 2050 sarà la regola in Sardegna; una condizione che - al di là delle conseguenze nella vita urbana e per la nostra salute - mette a dura prova le colture agricole, il benessere animale e, appunto, le piante e l’ecosistema del paesaggio.

I boschi e la vegetazione già debilitati da lunghi periodi di siccità ininterrotta, diventano facili prede dei patogeni. È quel che sta succedendo al patrimonio verde di Paulilatino, dove dal 2022 si combatte contro la fitoftora, una muffa che aggredisce le radici delle piante, provocando marciume e causandone la morte. Un’epidemia che sta colpendo gli olivastri, ma anche le querce da sughero, roveri e roverelle, e adesso – finalmente – sembra dare buoni risultati il trattamento avviato un anno fa dall’equipe di Bruno Scanu, ricercatore del dipartimento di Agraria dell’Università di Sassari.

Le specie aliene sono le principali minacce per la biodiversità e le produzioni. La banca dati dell’Ispra, l’Istituto per l’ambiente, registra in Italia la presenza di ben 3.363 specie aliene, di cui oltre il 15% invasive. Dagli insetti, alle piante (un esempio è il giacinto d’acqua, originario del Rio delle Amazzoni), ai patogeni invisibili. Tra gli insetti alieni, sta causando danni pesanti la psilla dell’eucalipto, la cui puntura finisce per debilitare la pianta con pesanti ripercussioni sulla produzione di miele, più che dimezzata da dieci anni a questa parte.

Ma sono i microrganismi invisibili, se un confronto può essere fatto, i nemici più subdoli. Patogeni che, in un mondo ormai a portata di mano con trasporti e spedizioni sempre più veloci, arrivano da ogni parte del pianeta attraverso i canali più diversi. È il biglietto di sola andata di funghi e muffe alieni, per esempio. «Che vivono nel suolo e vengono trasportati attraverso i semi, le piante, la terra stessa, anche quella che resta sulle suole e i pneumatici. È la ragione per cui in Australia si disinfettano le suole».

Quirico Migheli, docente dell’Università di Sassari, è un patologo vegetale che dal suo laboratorio del dipartimento di Agraria ha un osservatorio privilegiato sulle campagne, i boschi e le foreste dell’Isola. Se è vero che anche in passato si sono conosciuti malattie e attacchi al patrimonio verde, spiega, «oggi l’impatto è più pesante. Questi periodi stagionali anomali, con lunghe ondate di siccità e precipitazioni molto intense in un lasso di tempo limitato, causano alle piante un forte stress e le rende più soggette ad attacchi di patogeni».

Il programma della “Strategia regionale di adattamento al cambiamento climatico” per l’agricoltura e le foreste - messo a punto dall’assessorato all’Ambiente e dagli esperti degli Atenei sardi - rileva che, «nonostante la presenza dei vivai di Forestas, si fa ricorso alla importazione e alla commercializzazione di piante forestali»; abitudini, «che espongono la Sardegna alla comparsa di nuovi patogeni e problemi fitosanitari». Il problema è che è poi difficile arginare il rischio perché - pure in una condizione da questo punto di vista privilegiata per un’isola - nei porti e negli aeroporti il filtro dei controlli è una rete a maglie larghe. Siamo alle solite: manca il personale. Le agenzie dell’Ambiente e dell’Agricoltura hanno organici ai minimi termini e il grosso dei dipendenti vicini alla pensione.

La Regione ha firmato più volte le convenzioni con l’Università per il monitoraggio di alcune malattie, ma si agisce per singole emergenze, mentre ci vorrebbe più lavoro di prevenzione. Cosa difficile perché manca il personale necessario.

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