Dal colle del colore della volpe si vedono la porta della croce, i conducenti di asini, la terra argillosa e lo stazzo dei carmelitani. Anche il più profondo conoscitore di cose cagliaritane stenterebbe a riconoscere quattro luoghi che, invece, conosce benissimo. Il colle dal colore volpino è Monte Urpinu, la porta della croce è il quartiere di Genneruxi, i conducenti di asini indicano la zona di Molentargius, la terra argillosa è il canale di Terramaini mentre lo stazzo dei carmelitani indica Medau su Cramu. In realtà, dal colle del colore della volpe, si vede anche la zona dei pozzetti. Quale? La spiaggia del Poetto, naturalmente.

È decisamente curioso il viaggio tra i toponimi cittadini che raccontano storie talvolta incredibili. Vale davvero la pena di raccontarne qualcuno, utilizzando come fonte uno studioso del calibro di Massimo Pittau, il docente di Linguistica sarda ed ex preside della facoltà di Magistero di Sassari, recentemente scomparso.

Urpinu. Nessun dubbio sul fatto che il nome (Monte) Urpinu derivi dall'aggettivo sardo "(g)urpinu" che significa "del colore della volpe, rossastro" ma anche "malizioso". Qualcuno sostiene che, in quel colle, prima dell'urbanizzazione del Dopoguerra, circolassero davvero alcune volpi. Magari è vero. O, magari, il toponimo indica semplicemente il colore del terreno o della vegetazione prevalente.

Genneruxi. Risalire all'etimologia di questo toponimo, per un conoscitore della lingua sarda, è abbastanza semplice. Genn'e ruxi significa Porta (dal campidanese "genna" che, a sua volta, deriva dal latino ienua-ianua) della croce (dal sardo "cruxi", anche in questo caso termine giunto dal latino crux). Indica, probabilmente, la croce che era posto in uno degli ingressi della città dal Campidano di Quartu. Una croce, i cagliaritani veraci lo sanno perfettamente, simile a quella che indicava l'ingresso della città da Sant'Avendrace.

Molentargius. Facile intuire, per un cagliaritano, l'etimologia del toponimo. "Is molentis" sono gli asini: un termine, anche in questo caso, che deriva dal verbo latino "molere" che significa macinare. Gli asini giravano intorno alla mola che, appunto, macinava il grano. Nella zona del canale di Molentargius (letteralmente "asinai" o "conduttori di asini"), i carri trainati dagli equini servivano a trasporare il sale che veniva estratto dalle vicine saline. La grande presenza di asini nella zona è testimoniata da un altro toponimo, citato dall'Anonimo Ravennate: a oriente di Cagliari c'era un centro abitato chiamato Assinarium, probabilmente una denominazione del villaggio di Quartu.

Terramaini. Come Genneruxi era, in origine, Genn'e Ruxi, anche il toponimo Terramaini è da scomporre in Terr'e Maini. Cioè. Terra d'argilla, terra argillosa. Inutile spiegare la ragione di questa denominazione. Curioso, invece, è scoprire il fatto che la parola "maini" deriva dal latino "imagine" (immagine, figura). Quindi, traducendo letteralmente il termine, Terramaini significa "Terra da figurare, argilla fittile, da plasmare".

Medau su Cramu. Pochi problemi nella ricostruzione del significato del nome del quartiere all'interno del parco di Molentargius: "medau" significa stazzo, podere e anche ovile mentre "Cramu" indica il Carmine. Difficile però stabilire la ragione per la quale quella zona si chiama così. Secondo alcuni studiosi, i primi carmelitani sbarcati nell'Isola costruirono il loro convento nella zona di Sant'Elia. Ma, dal momento che allora non esistevano certo i supermarket, dovevano anche produrre il cibo da consumare e, visto che la zona vicino al mare non si prestava particolarmente all'allevamento e all'agricoltura, individuarono un luogo (relativamente) vicino più adatto ai loro bisogni. Lo stazzo del Carmine, appunto. Medau su Cramu.

Poetto. E, dal momento che si parla di zone umide della città, vale la pena di soffermarsi sulla spiaggia cagliaritana per antonomasia, il Poetto. In questo caso, risulta particolarmente difficile individuare l'etimologia di questo nome. L'unica certezza sembra essere uno dei tantissimi danni fatti dai Savoia: con l'obiettivo di italianizzare il nome, fu aggiunta una "t" e la "u" finale divenne "o". Su Poetu divenne il Poetto. Secondo quanto ricostruito da Pittau, il toponimo deriverebbe dal catalano "pouet", diminuitivi di "pou". Un'ipotesi plausibile: in passato, nella Sella del Diavolo venivano scavati pozzetti per raccogliere e conservare l'acqua piovana. Secondo altri studiosi, invece, il nome deriverebbe dalla "Torre del Poetto", costruzione aragonese non più esistente. Un posto di osservazione situato in una posizione di difficile accesso, sempre nella Sella del Diavolo. Ma c'è anche un'altra ipotesi: anticamente il Poetto non era certo una spiaggia per bagnanti ma aveva la funzione di porto. Era, per dirla in spagnolo, un "puerto" (in sardo, "puertu"). Dunque, a parte lo sfregio al nome inflitto dai Savoia, esiste anche un'altra certezza: il toponimo, come tantissimi altri a Cagliari e in tutta la Sardegna, è di origini spagnole.
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