Dopo aver ucciso tre persone nella chiesa di Notre Dame a Nizza, tra cui una donna praticamente decapitata, Brahim Aoussaoui, 21 anni, tunisino arrivato in Francia dall'Italia dopo essere sbarcato a Lampedusa, continuava a urlare "Allah Akbar". Ripetutamente. La polizia lo ha immobilizzato e catturato. Lui, probabilmente, contava di essere ucciso. Così com'è successo due ore dopo a un altro giovane che, dopo aver tentato di attaccare con un coltello degli agenti di polizia e dei passanti ad Avignone, due ore e mezzo di treno da Nizza, è stato centrato dai proiettili esplosi dalle forze dell'ordine.

Cronache di un giorno drammatico: giovedì 29 ottobre. Teatro: la Francia già azzannata dal riesplodere dei contagi da Covid-19.

DEDITI ALL'HASCISC Attacchi suicidi: una tecnica terroristica con cui il mondo ha acquisito consuetudine dopo l'attentato alle Torri Gemelle di New York dell'11 settembre 2001. Chi la mette in pratica, per consuetudine, viene indicato con un termine giapponese: kamikaze. Il nome, in senso proprio, indicava i piloti giapponesi che durante la seconda guerra mondiale, a bordo di aerei carichi di materiale esplosivo, andavano a schiantarsi contro le imbarcazioni statunitensi.

Ma il mondo islamico non ha bisogno di un nome giapponese per definire un concetto che gli appartiene da secoli. Tanto più che quel concetto ha un nome talmente potente da essere stato esportato da lungo tempo, un nome che in italiano si ritrova, per esempio, già nella Divina Commedia di Dante Alighieri: "assassino". Deriva dall'arabo haššašin, forma plurale di haššaš, termine attestato già nella prima metà del XIII secolo e che alla lettera significa: dedito all'hascisc. Cioè alla droga che il Veglio della Montagna somministrava ai suoi sicari.

IL VEGLIO DELLA MONTAGNA Chi era il Veglio della Montagna? L'espressione si trova nel Milione di Marco Polo. Il Veglio, ovvero Vecchio, era una sorta di Osama Bin Laden ante-litteram: ricco, solitario, irraggiungibile, sanguinario. Il suo nome era Hasan-i Sabbah, capo carismatico di una setta: quella dei Nazariti, musulmani ismailiti. Marco Polo racconta che a Milice (Mulehet, in Persia, a sud del Mar Caspio), in un giardino stretto in una valle, il Vecchio aveva fatto realizzare un giardino sontuoso dove accoglieva giovani uomini e giovani donne a cui offriva ogni comfort. Questo giardino sarebbe in realtà la fortezza di Alamut, a 240 chilometri dall'attuale capitale dell'Iran, Teheran. Obiettivo del trattamento di riguardo: convincere i giovani aderenti alla setta che si trovavano in Paradiso. Poi arrivava la droga: hascisc o oppio, in dosi tali da far addormentare la vittima. Questa, racconta ancora il mercante-scrittore veneziano, era di solito un giovane maschio, "quello che sia più vigoroso". Quando il giovane era privo di coscienza, veniva trasportato fuori dalla valle. Cioè fuori dal Paradiso. Per rientrare nella valle delle beatitudini, gli veniva chiesto di superare una prova: una missione suicida. Compiuta quella, sarebbe rientrato nel Paradiso. Così il Veglio, terrorista medievale, riusciva a forgiare i suoi guerrieri, i fida'iyyan, ovvero "quelli che si sacrificano": gli assassini propriamente detti.

GLI EREDI DELL'ANTICA SETTA Una dinamica ben nota, oggi, a distanza di tanti secoli. Ammaliati dalla retorica dell'integralismo islamico, quella che (per esempio dalle pagine digitali della rivista ufficiale dell'Isiss, Rumiyah) considera "halal", ovvero legittimo, versare il sangue del miscredente, in Asia e Africa tanti giovani radicalizzati (e spesso marginalizzati, spesso dediti all'abuso di alcol e magari hascisc) abbracciano un ideale distorto del jihad (la guerra santa) così totalmente da accettare di immolarsi in un attacco da cui hanno alte probabilità di non uscire vivi. Il loro, ha sostenuto Roberto Calasso nelle pagine de "L'innominabile attuale" (Adelphi, 2017, di recente tornato nelle librerie in edizione economica e con una postilla dedicata all'impatto del coronavirus sul mondo), è un sacrificio, un rito in cui "la vittima è l'attentatore" e "coloro che vengono uccisi nell'attentato sono il frutto".

NEL MIRINO E qual è il frutto più ghiotto, per questi sanguinari assassini? Per Calasso, i rappresentanti del "mondo secolare", ovvero, sempre citando dalla rivista Rumiyah: "L'uomo d'affari che va al lavoro in taxi, i giovani (già puberi) che praticano sport nel parco, il vecchio in coda per acquistare un panino". Potenzialmente, chiunque di noi, scelto a caso come in una drammatica lotteria. Ma sono numerosissimi gli attentati compiuti da guerriglieri dell'Isis contro obiettivi specificatamente cristiani: dall'Iraq all'Egitto alla Svezia, fino alla Francia, che prima di piangere le vittime di Nizza ha dovuto fare i conti, quattro anni fa, con l'omicidio sacerdote cattolico Jacques Hamel, sgozzato da due fondamentalisti nella chiesa di Santo Stefano di Saint-Étienne-du-Rouvray, vicino a Rouen.
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