Non cede, non molla, ci crede. Tommaso Giulini è il proprietario del Cagliari da quasi tremila giorni e questo è senza dubbio uno dei passaggi più difficili della sua presidenza. Nonostante una retrocessione arrivata subito, al primo anno, e qualche scossone fisiologico, oggi il calo di consensi è il più forte, anche difficile da gestire, seppure nulla – lo dicono i numeri – sia ancora deciso. Errori, valutazioni sbagliate, flop tecnici prevedibili e inattesi, la corsa alla salvezza che diventa routine quotidiana, le ambizioni riposte: lo scenario è questo, da qualsiasi parte lo si guardi. Martedì sera l’ultima gara dell’anno, una sconfitta con la Juventus a Torino ma a testa alta, un piccolo segnale positivo – in un anno molto complicato – dopo le figuracce recenti. Giulini accetta di tirare una linea. E (finalmente) di dire la sua. Su tutto. Chiuso in casa, proprio sotto le feste, perché positivo al Covid.

Presidente, intanto, come si sente?

«Bene, grazie».

Dal suo punto di vista, che momento è?

«Il momento è quello che vedete. Cerco sempre di guardare avanti, non amo i processi. Ovviamente, sia chiaro che non mi voglio nascondere e so che la società in primis è responsabile di questa situazione. Sono le regole del gioco, quando le cose non vanno come dovrebbero è onesto assumersi la responsabilità. Dispiace molto, pensavamo di aver creato i presupposti per una crescita importante, ma non è andata così. È stato un periodo durissimo e alcuni infortuni cruciali nei momenti importanti hanno avuto un impatto negativo. Ma non mi piace costruire alibi, se siamo qui la responsabilità è esclusivamente nostra e siamo noi che ci dobbiamo tirare fuori».

A gennaio, come da tradizione, ci si aggrappa al mercato se le cose non stanno andando come previsto. Voi come vi comporterete?

«Cercheremo di fare del nostro meglio per coprire alcune lacune che abbiamo individuato col direttore sportivo e il mister. Voglio dire però che ci sono alcune cose che non si trovano sul mercato, come la voglia di soffrire tutti insieme e di aiutarsi, l’orgoglio di indossare questa maglia. Chi fa parte di questa società, a tutti i livelli, mette dentro passione e sacrifici. Guardate la Primavera, gioca con un’intensità straordinaria. Questi sono i valori che dobbiamo trasferire anche in prima squadra. Mi auguro che, insieme agli interventi tecnici che cercheremo di portare a casa, possiamo riappropriarci dello spirito necessario e conquistare la salvezza».

Abbiamo assistito a un duro sfogo del direttore sportivo dopo la prova con l’Udinese. Ha parlato il diesse, scuse comprese, ma era la voce della società?

«Dopo una serata come quella di sabato scorso è umanamente comprensibile un’uscita di quel tipo. Capozucca vive ogni giorno intensamente con la squadra e lo staff tecnico. L’amarezza è tanta e molti giocatori sono come figli per lui. Aver visto alcuni ragazzi piangere per la frustrazione lo ha portato ad esprimere dei concetti forti, ma credo sia più che comprensibile».

Ci racconti cosa vi ha portato all’esclusione dalla rosa di Godin e Caceres.

«Non mi piace parlare di epurazioni. Non ci sono buoni o cattivi, come ho detto prima nella lista dei cattivi c’è la società al primo posto. Ci sono delle valutazioni che facciamo tutti insieme solo per il bene della squadra. Si sa, quando si prendono delle decisioni non sempre è piacevole e qualche volta si prendono dei rischi. Ma non possiamo permetterci di stare a guardare, ripeto per il bene della squadra».

Godin ha preannunciato le sue verità.

«È lecito che Godin esprima la sua opinione e la sua versione, come è più che lecito che abbia a cuore i suoi interessi e la sua immagine. Come ho detto non si tratta di una epurazione, piuttosto di una scelta tecnica che, come sempre accade, si presta ad essere divisiva. Vedremo cosa succede nella finestra di mercato. Ma ora più che mai, il Cagliari viene prima di tutto: dobbiamo ragionare solo come gruppo per il bene del club e non parlare più dei singoli».

Di norma, quando una squadra cammina pericolosamente sul cornicione, paga l’allenatore.

«Come lui stesso ha avuto modo di dire, Mazzarri si aspettava fosse tutto meno problematico. Ed è indubbio che anche noi ci aspettavamo di fare meno fatica con lui e con questa rosa. Ma la situazione è questa e dobbiamo prenderne atto. Mazzarri è un grande professionista, lavora tantissimo con i nostri ragazzi per cercare di preparare al meglio le partite e di toccare le corde giuste con ognuno di loro. Gli staremo ancora più vicino per aiutarlo a tirarci fuori da questa situazione».

Durante la gara con l’Udinese, ma anche nelle uscite precedenti, perfino in Coppa Italia, la contestazione verso società e squadra è stata forte e chiara.

«Ho fatto enormi sacrifici e ritrovarsi così è frustrante. Però ai nostri tifosi voglio dire di non smettere di stare vicini alla squadra. Mai come ora i nostri ragazzi ne hanno bisogno. La squadra ha necessità di recuperare autostima e la vicinanza dei tifosi è l’antidoto migliore alla depressione».

Leviamoci il dente: la società è in vendita? Se ne sentono ogni giorno sul tema, ma il padrone è lei.

«Guardi, ho ben chiaro cosa significhi avere responsabilità e accettare la pressione. Chi fa l’imprenditore sa bene che la pressione è un carburante positivo, quello che ti porta a non arrenderti, a continuare ad investire tempo e soprattutto denaro per ciò che ti sta più a cuore. Però quando la pressione diventa impropria e priva del rispetto necessario, allora diventa un’altra cosa, decisamente meno nobile. E quindi meno accettabile. Nella vita, come nello sport, si vince e purtroppo si perde, è la regola, ma quando si perde è necessario tenere fermi i principi di correttezza e di dignità. Il Cagliari è un patrimonio che appartiene ai suoi tifosi, il mio compito è quello di valorizzarlo ponendo le basi per un club che possa continuare la sua gloriosa storia. E mi creda, non è facile né scontato. I momenti difficili fanno parte di qualsiasi percorso. Paradossalmente sono le fondamenta di ciò che di solido si costruisce nel medio e lungo periodo».

Un bilancio di questo 2021 difficile per tutti, per il Cagliari fatto di luci e ombre.

«Gli ultimi due anni sono stati un tunnel buio con pochi sprazzi di gioia. Personalmente sento addosso una grande responsabilità. C’è tanto amore intorno a questa squadra, mi fa male quello che stiamo vivendo, ma è il momento di dare ancora di più. Piangersi addosso non serve a niente. Questa è una società seria e sana, poco è andata come speravamo. Conosco solo un modo di reagire, quello di lavorare ancora di più».

Enrico Pilia

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