L 'ultima sfida al Sant'Elia, oggi alle 15, sarà comunque una festa. Davanti i rossoblù si ritroveranno il Milan che, in verità, non rievoca pensieri stupendi. Dal punto di vista sportivo, i rossoneri furono i primi a violare il campo di via Vespucci, il 17 gennaio del 1971, penultima giornata d'andata: finì 0-4. E poi, il primo febbraio 1976, in una gara col Milan, si ruppe Gigi Riva, il Mito. Per sempre.

LO STADIO - Quarantasette anni dopo l'inaugurazione, datata 12 settembre 1970, nella gara di Coppa Italia con la Massese vinta dal Cagliari per 4-1 davanti a 30 mila spettatori, il glorioso stadio chiude i battenti.

Ha fatto vivere ai tifosi sardi momenti indimenticabili, ma non si può certo dire che l'impianto abbia sempre goduto di buona sorte.

Nel grande stadio si sono disputati circa 1.900 incontri (compresa la finale di Coppa Italia di Serie C, vinta dai rossoblù nel 1989) di tutte le categorie dalla Serie A alla Serie C2: nella stagione 1989/1990 ha ospitato il La Palma, all'epoca secondo club cittadino.

Si sono giocate due partite di Coppa dei Campioni (col Sant'Etienne e con l'Atletico Madrid nel 1970) e, più di recente, nel 1993 e nel 1994, tutte le partite di Coppa Uefa dei rossoblù fino alla semifinale d'andata con l'Inter.

Nel 1972 ha accolto in amichevole il Santos di Pelè. Infine, restano memorabili i match del primo turno del Campionato del mondo di Italia 90, con la partecipazione di Inghilterra, Eire, Olanda ed Egitto.

Il Sant'Elia era un salotto, fresco di ristrutturazione (la prima dalla costruzione), con una capienza di circa 41 mila spettatori, 20 mila in meno rispetto a quella originaria per via della sistemazione dei seggiolini numerati in tutti i settori.

La copertura non fu totale, ma limitata alla tribuna centrale: i fondi furono dirottati a infrastrutture viarie.

IL PIANO - L'esigenza di un nuovo stadio a Cagliari si avvertì nei primi anni Sessanta, con la squadra lanciata verso la Serie A, arrivata nel 1963.

In quell'anno l'architetto Antonio Sulprizio progettò un impianto da 35 mila spettatori strutturato in un unico anello.

Negli anni successivi, fu messa in discussione la stessa costruzione a Sant'Elia: non mancò chi avrebbe preferito l'ipotesi Terramaini.

Alla fine, però, tutti si trovarono d'accordo sullo stadio davanti al mare.

Nel frattempo l'Amsicora era diventato troppo piccolo per ospitare le imprese di Riva, Nenè, Domenghini e Albertosi. Così il nuovo stadio subì una modifica a livello progettuale: fu infatti deciso - sotto il coordinamento dell'ingegnere Giorgio Lombardi - di realizzare il secondo anello, sorretto da 64 telai in cemento armato.

Lo stadio - simile all'interno al San Paolo di Napoli, all'esterno pare reggersi su "palafitte" per via della forma avveniristica dei sostegni (a V rovesciata) - poteva contenere 60 mila spettatori seduti sulle gradinate e altri 10 mila circa in piedi.

Il completamento dei lavori avvenne nel 1970, proprio nell'anno dello scudetto.

Il Comune e il Coni spesero per la realizzazione del quinto stadio d'Italia per capienza circa due miliardi di lire.

Pochi mesi dopo l'inaugurazione, a novembre, accadde un incidente che mise a rischio l'agibilità: sotto il campo si snodava una tubazione che garantiva le forniture di carburante al deposito dell'Aeronautica, a Monte Urpinu.

Ci fu una perdita, il carburante emerse fino alla superficie e prese fuoco quando un operaio dello stadio ci buttò sopra, inavvertitamente, un mozzicone di sigaretta.

I RESTYLING - La prima ristrutturazione è stata quella del 1990: portò al sostanziale ammodernamento dell'impianto dopo due anni di lavori, costati 24 miliardi di lire, più del previsto. In quell'annata, tra l'altro, i rossoblù completarono la cavalcata che, dalla Serie C1, li riportò nella massima serie.

Il Sant'Elia mondiale durò fino alla stagione 2002/2003 quando, con la squadra in Serie B, la Lega Calcio decise di non concedere l'agibilità per via del pericolo di crolli.

La società dell'allora presidente Massimo Cellino, con tre miliardi di lire, realizzò nella pista d'atletica le curve e i distinti con le tribune Dalmine, dimezzando ulteriormente la capienza (a 23.500 spettatori, in seguito a 20 mila per le norme introdotte dalla legge Pisanu).

A modifiche appena ultimate, nell'autunno del 2002 si registrò l'aggressione al portiere del Messina Emanuele Manitta da parte di un tifoso che scavalcò le recinzioni e raggiunse in campo l'estremo difensore siciliano, ferendolo. Il campo fu squalificato e il Cagliari andò in esilio a Tempio.

In ogni caso, è proprio sulle mancate manutenzioni che si aprì il contenzioso tra l'amministrazione di Palazzo Bacaredda e il Cagliari.

Si arriva così al 2012: la Commissione Provinciale di Vigilanza dichiara inagibile lo stadio a tutela della pubblica incolumità, lasciando praticabili solo la curva nord e la tribuna centrale.

Il 7 aprile si registra l'abbandono del Sant'Elia: il Cagliari emigra al Grezar di Trieste. Il ritorno in Sardegna, ma a Quartu, avviene nella stagione successiva.

Nuovo problema: non solo non viene concessa l'agibilità al nuovo impianto di Is Arenas, ma si aprono le porte del carcere per Cellino e alcuni amministratori. Il rientro al Sant'Elia, dopo la firma di una nuova convenzione, è stata possibile solo nella stagione 2013/2014, con l'agibilità per 5 mila spettatori da fine ottobre.

IL RITORNO - Il resto è storia recente: con l'avvento alla presidenza di Tommaso Giulini, il Sant'Elia ottiene di nuovo l'agibilità per tutti i settori nella stagione 2014/2015, per 16.074 spettatori.

Oggi l'ultimo atto.

Lorenzo Piras
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