Una caduta, il piede sul vetro, la corsa all'ospedale: rottura del tendine d'Achille e intervento d'urgenza. Signora, sua figlia zoppicherà tutta la vita. Non sapeva il medico che quella bambina di sei anni avrebbe camminato benissimo e conquistato due titoli del mondo nel pattinaggio volando a cinquanta all'ora nelle piste di mezzo mondo. Certo, la riabilitazione è stata lenta ma era niente rispetto al dopo: Maria Laura Orrù è stata costretta alla noiosissima danza («incompatibile col mio carattere»). Meno male che c'era il calcio. «Giocavo con i mie due fratelli più grandi». Solo che lei stava sui pattini: «Me li avevano regalati i miei genitori per il compleanno, la strada dove abitavo era un po' in discesa». Così seguiva il pallone sulle quattro rotelle. Finché una vicina glielo ha proprio detto: Ma se ti piace tanto perché non vai alla scuola di pattinaggio? Convincere la madre è stato facile come dire una bugia: Mi hanno detto che mi devi iscrivere. Accontentata. Ma ancora non bastava perché aveva visto i pattini con la scarpetta mentre i suoi avevano i laccetti. Si può dire no a una bimba che forse zoppicherà tutta la vita? E allora vai con i pattini veloci. «Quando li ho messi facevo fatica a incrociare le gambe per le curve». Caratterino incontentabile. Dopo sei mesi, però, era in gara a Maracalagonis, sull'asfalto: «Mi ero piazzata tra i primi dieci, eravamo in tanti, all'epoca i pattini tiravano, il livello era alto».

La sfortuna

Per conquistare la prima vittoria la piccola mezzosangue, padre sardo e madre olandese, doveva soffrire ancora. «Ero pronta per i Giochi della gioventù di Forlì, mio padre era già andato con la nave». Aveva dieci anni. «Superavo anche i maschi». Durante l'ultimo allenamento prima della partenza sulla pista di via Rockefeller le rotelle si erano incastrate su una borsa lasciata a bordo campo. «Sono caduta, ho ancora una vistosa cicatrice sul braccio». Ha dovuto aspettare un anno per rifarsi: «Ho vinto due gare, sui due giri e sui dieci». E lì si è capito che sarebbe andata lontano, anche se per lei era ancora un gioco. Il salto di qualità è legato al cambio di pattini, nel 1994. «Tutti su quelli in linea, come gli americani che vincevano tutto. Nel 1997 sono arrivata quarta agli Europei Allieve di Pamplona e prima con la staffetta». Era il suo esordio in Nazionale.

Le vittorie

Ha lasciato il coach Silvio Argiolas per Alessio Gaggioli e ha continuato a vincere: titolo italiano juniores ed europeo, nel 1998, e bronzo ai Mondiali sui 500. L'anno dopo ha preso l'oro ai Mondiali juniones sui mille in Cile. «Mi sono iscritta in Ingegneria e siccome con la Nazionale la vita è dura, per due anni ho alleggerito il carico». Nel 2003 è tornata alla grande e l'anno successivo c'è stato il primo assaggio con un bronzo e un argento ai Mondiali di Sulmona. Nel 2005 l'exploit: oro sui 200 e record del mondo ai Mondiali di Suzhow, «un paesino di un milione di abitanti vicino a Shanghai». E siccome non bastava ha vinto anche tre medaglie d'argento sui 300, 500 e 1.000. «In tutte le gare che ho fatto ho vinto una medaglia». Studiava anche nel ritiro della Nazionale: «Se lo stress fisico è importante la fatica mentale serve». Ma quando frequentava lo Scientifico al Pacinotti non diceva a nessuno di essere una campionessa: «Iniziavo la scuola sempre in ritardo perché a settembre c'erano le gare e finché ho potuto ho tenuto il segreto». Ma poi è arrivata in classe la Rai per un'intervista. «Alcuni professori erano orgogliosi, altri meno».

Lo studio

Si allenava tre ore e mezza tutti i giorni, due volte alla settimana aggiungeva un'ora di palestra all'ora di pranzo: «Non sono mai scesa sotto la sufficienza, lo sport ti insegna a organizzarti». All'università si era data un obiettivo: «Almeno sei degli otto esami del primo anno». Li ha superati tutti e ha continuato con le gare, fino alla laurea, nel 2006: «Centodieci ma senza lode». Due anni dopo ha smesso con i pattini: «Non ce la facevo più». Ha conquistato l'oro agli Europei e poi stop: i postumi di un infortunio alla gamba non le davano pace. Si è buttata a capofitto sul lavoro. «I miei colleghi erano tutti all'estero, allora sono tornata in Olanda, dove ho vissuto con la mia famiglia nei primi due anni e mezzo della mia vita». Non le è piaciuto: «Potevo anche diventare l'architetta più brava del mondo ma sono legata alla Sardegna e volevo dare un contributo attivo alla mia regione. Se tutti vanno via chi rimane? Abbiamo la possibilità, anzi, il dovere di cambiare le cose».

La politica

Lavora qui, dopo essersi specializzata a Roma in progettazione di impianti sportivi. Perché nulla è per caso. Ha messo su pure una società di pattinaggio con Edoardo Elvio Boi a Monte Claro, la Mlskate Cagliari, mentre una nuova passione accendeva la sua vita: «Quando gareggiavo avevo un contributo dalla Regione. Renato Soru mi aveva chiamato alla Fiera per raccontare la mia storia sportiva». Amore a prima vista: si era iscritta alla scuola di formazione politica promossa da Gianmario Demuro. «Ho iniziato a leggere e informarmi». Nel 2010 si è candidata a consigliera comunale di Elmas, dove ha la residenza, e sei anni dopo ha pure tentato di fare la sindaca: «Ho preso il 30 per cento dei voti». Quest'anno ha centrato l'obiettivo al Consiglio regionale: 1.525 voti nel collegio di Cagliari con una lista civica a sostegno di Massimo Zedda. «Il pattinaggio mi ha insegnato che devi essere la migliore te stessa per essere la migliore di tutte. Solo che nello sport c'è giustizia, se ti alleni il risultato arriva, nella vita invece no, non c'è meritocrazia e questo mi dà fastidio. In più io sono donna e i passi da fare per l'equità sono tanti. La fatica si sente».

Ma per una che doveva zoppicare ed è diventata campionessa del mondo non ci sono sfide impossibili.

Maria Francesca Chiappe
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