Valerio Mastandrea, andare avanti “Nonostante” tutto
L’attore sabato sarà a Villasimius per il “Festival della Marina”. Ci sarà anche la proiezione dell’ultimo filmPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Per onestà: quella che segue è una chiacchierata tra due persone che da 20 anni provano a restare amiche. Valerio Mastandrea è un’icona del cinema e non ha bisogno di presentazioni. Ecco perché il Festival della Marina di Villasimius lo ha chiamato sabato sul palco (alle 21.30 in dialogo con Francesca Serafini) insieme a Valeria Golino e Valeria Bruni Tedeschi. Venerdì, inoltre, darà un assaggio di sé come regista al pubblico cagliaritano della Manifattura dopo la visione del suo “Nonostante” in programma la sera.
E da qui partiamo. Tenendo conto che del film si può svelare poco. Lo spettatore non deve sapere in partenza chi sono quei tre personaggi che chiacchierano davanti a una camera mortuaria.
Quando hai finito “Nonostante” hai fatto una cosa che, in anni di amicizia e tanti film in mezzo, non hai mai fatto. Mi hai chiamato e mi hai detto: “Vallo a vedere. Ci siamo tutti”. Perché lo hai fatto? e cosa intendevi con “Ci siamo tutti”?
«Perché è una storia in cui volevo raccontare la persona che sono e quelle che mi stanno intorno. Tutti uniti da un sentire comune sulle cose della vita, quelle belle e quelle meno belle. Se mai continuerò a raccontare storie da questa posizione credo che il cinema che farei sarebbe pieno di me e degli altri come del resto è stato pieno anche nel ruolo di attore da 32 anni ormai».
Sull’origine del titolo ti sei più volte spiegato: viene da una frase del poeta Angelo Maria Ripellino. Ok, ma “Nonostante” cosa?
«I Nonostante, diceva Ripellino, sono una tipologia di persone a contatto con la sofferenza dell’esistere e che fanno di tutto per reggere botta e reagire».
Qual è il messaggio?
«Non mi piacciono i messaggi. Mandarli o riceverli. Il cinema rimane uno strumento stimolante e non consolatorio o pedagogico. Io volevo solo usare la possibile poesia che il mezzo cinema ti mette a disposizione per raccontare quanto coraggio ci vuole ad accogliere le emozioni, una tra tutte, la madre di tutte, l'amore e la possibilità di cambiare la propria vita a causa sua».
“Nonostante” non è un film sull’ospedale ma in ospedale. Un luogo che ritorna in molte altre tue opere.
«È puramente casuale. Nel film era il pretesto per esplorare l’animo umano nel contesto in cui è più vicino alle dinamiche della vita. Raccontare i nostri personaggi allettati era utile per raccontare l’immobilismo di certe fasi della vita di ognuno. E quanto un incontro ti obbliga a reagire».
Che tu voglia, o no, “Nonostante” tocca un tema assai attuale, il fine vita.
«Non abbiamo mai pensato al tema del fine vita. E neanche ci siamo permessi l’ardire di galleggiare nel durante. Sono tematiche che meritano rispetto, pudore e, se proprio uno volesse, un film interamente dedicato a quello. Semplicemente la nostra storia succede mentre si sta nell’intercapedine della vita ma, ripeto, è una grande metafora».
Arrivi in Sardegna per raccontarti. Hai superato i 50 (anche se ne dimostri di più perché ti ostini a portare la barba): è tempo di bilanci? Piuttosto, perché non te la tagli, ’sta barba?
«Non c’è bisogno di cifre tonde o di decadi da anniversari. Io i bilanci li faccio a settimana, quando mi dice bene».
E la barba perché non la tagli?
«Ma che è, una rivista di moda?».
Infine c’è un altro luogo che ti attira costantemente, professionalmente e affettivamente. È questa Isola.
«La Sardegna è un posto a cui sono legato perché ci vive gente a cui voglio bene e anche tanto ma senza un motivo reale. Dovresti dirlo, infatti, che alle mie sollecitazioni per andare a vedere il film non hai risposto e hai voluto vederlo a casa».