Taccuino veneziano
di Sergio NaitzaPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Non ha ricevuto i consensi della critica, almeno stando al termometro della proiezione riservata alla stampa il film di Pappi Corsicato “Il seme della discordia”, quarto e ultimo italiano in concorso. E’ la storia di una donna, Veronica (Caterina Murino) sposata ad un rappresentante di fertilizzanti. Il matrimonio costeggia la crisi e quando lei resta incinta (una gravidanza tanto attesa dalla madre soffocante e pettegola), il marito però scopre di essere sterile. Chi è il padre? E’ l’uomo che la aggredì sotto casa, facendole perdere i sensi? E Veronica, che farà, ora che il marito l’ha lasciata: terrà il bambino oppure no? La commedia, ironica e colorata, dai toni almodovariani parla di sessualità, aborto, sterilità ed ha il merito di lanciare l’astro di Caterina Murino, molto brava nei panni della protagonista, una scoperta per il pubblico italiano (non per quello estero, dove l’attrice sarda lavora regolarmente e con grandi nomi) dopo ruoli marginali in piccoli film o nelle fiction tv. L’attrice sarda, ora di casa a Parigi, racconta di aver lavorato molto sull'estetica, "Pappi controllava tutto, era esigente, pignolo, ogni dettaglio, dai capelli alle scarpe era studiato, soprattutto sul trucco mi ha fatto impazzire". Nel film la Murino ricalca le icone della bellezza anni Sessanta, le dive alla Sophia Loren: "Niente del fattore fisico è casuale. Ma se la bellezza è il tema esteriore del film, il cuore è un altro: tutte queste donne interiormente sono disastrate”. Comunque racconta l'attrice “anche se talvolta accennato si toccano i temi dell'aborto, della sessualità, della violenza sulla donna, sempre sotto il segno leggero di Corsicato". C'è anche una scena di nudo che - spiega Caterina Murino - "mi ha messo a disagio, sono sotto la doccia col corpo insaponato, dovevo essere coperta di schiuma invece ne è rimasta poca".
Ovazione per Mickey Rourke. La Mostra ha chiuso il concorso col divo americano Mickey Rourke, strepitoso nel ruolo di un lottatore di wrestling ormai al tramonto, un perdente dalla vita sregolata che cerca di ritrovare l’amore della figlia ma tornerà a combattere, deluso da tutto e da tutti, nonostante un infarto. In “The wrestler” di Darren Aronofsky l’ex sex symbol di “Nove settimane e mezzo” mostra il suo corpo tatuato appesantito e bolso, la faccia gonfia, i lunghi capelli biondi: una performance che potrà fargli vincere la Coppa Volpi come miglior attore. Alla conferenza stampa, accolto da un'ovazione, Rourke ha portato la sua aria maudit perfetta per incarnare il personaggio di Randy Robinson detto Ram (Ariete) da lui stesso definito "un sognatore che vive come una merda" . Riconosce che c'è un parallelo fra "la mia carriera e la mia vita di 15 anni fa durante la quale provavo sempre vergogna. Ma devo dire che non ho mai accettato compromessi". Il film gli ricorda anche l'esperienza pugilistica del 1991 (che gli è stata utile, e non ha mai usato la controfigura) quando a 39 anni nel pieno del successo lasciò il cinema per il ring (otto incontri, sei vittorie e due pareggi con il soprannome di El Marielito). Il wrestling non gli è mai piaciuto, "anzi lo disprezzavo ma dopo due mesi di palestra ho capito che è un vero e proprio sport in cui poi, tra l'altro, ci si fa davvero male. Ti trovi di fronte persone di oltre cento chili che ti lanciano da una parte e dall'altra".
Leone d'oro a Olmi. La giornata ha vissuto anche l'incoronazione di Ermanno Olmi, Leone d'oro alla carriera consegnatogli dalle mani dell'amico Adriano Celentano. Che ha trasformato la cerimonia ufficiale in un mini show, prima nascondendo il premio poi dicendo che certi riconoscimenti li danno per giubilare chi non ha niente da dire e nel caso di Olmi l'idea gli sembrava sbagliata. Il maestro de "L'albero degli zoccoli" ha ringraziato commosso e ha fatto un cenno alla possibilità di tornare al cinema di finzione che dopo "Centochiodi" aveva dichiarato di abbandonare per dedicarsi solo al documentario.
di Sergio Naitza