“Rocky”, così Sylvester Stallone ha riscritto il suo personaggio
La decisione dopo il feedback negativo di un’amicaPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
La serie cinematografica “Rocky”, che a quasi cinquant’anni dall’uscita del primo film ha consacrato Sylvester Stallone - uno dei volti più amati di Hollywood - al successo internazionale di cui gode ancora oggi, scopriamo esser stata ampiamente rimaneggiata prima di compiere il suo leggendario debutto in sala.
Il titolo di esordio - vincitore di ben tre premi Oscar fra cui miglior film e miglior regia, e classificato nell’88 dall’American Film Insitute tra i 100 film statunitensi più belli di tutti i tempi - ha infatti subito una riscrittura da zero del personaggio principale dopo il feedback negativo ricevuto da un amica stretta di Stallone, che - di fronte al profilo estremamente rude e crudele del protagonista delineato nella prima stesura - sarebbe addirittura scoppiata a piangere.
La star torna a raccontare gli aneddoti più interessanti legati al suo capolavoro nel documentario “Sly”, uscito il 3 novembre su Netflix. Scopriamo allora che - nei piani iniziali - Rocky Balboa si ispirava ai personaggi visti in “Mean Streets” di Martin Scorsese, sfoggiando un temperamento aggressivo e ostile. Dopo la reazione estrema della sua amica, il protagonista sarebbe stato definito addirittura “troppo crudele” perché il potenziale pubblico potesse empatizzare con lui. Da qui sarebbe anche nata l’idea di associare a Rocky il personaggio femminile di Adriana, interpretata da Talia Shire, così da farlo apparire più simpatico e meno spigoloso.
Ricorda Stallone dicendo: «La mia amica mi disse: Odio Rocky. Lo detesto, è crudele, colpisce le persone, le picchia. Ho chiesto: e se si fermasse prima? Se questo fosse il suo lavoro, ma non lo fa? Lei mi ha risposto: Sarebbe carino. Ho aggiunto: E se avesse una ragazza o qualcosa del genere? Sì, che carino!».
Durante la promozione del documentario al Toronto Film Festival, Stallone ha anche spiegato che, pur avendo rimodellato la natura del personaggio, ha voluto comunque mantenerlo imperfetto. Un profilo che, insieme alle sue incrinature, potesse comunque far trasparire “molto cuore”. Secondo l’attore, la stesura definitiva fu estremamente convincente, ma nessuno volle prendere in carico la realizzazione del progetto:
«Nessuno voleva farlo, ma questa è stata la mia sceneggiatura migliore. Ho semplicemente scritto di ciò che conoscevo. Ho parlato di questo tizio con problemi mentali che aveva molto cuore. Volevo scrivere un film su un tizio che dice: Non sono affatto eccezionale, non lo sarò mai. Combatto grandi rivali, ma voglio solo l'opportunità di farcela».
Oltre ai numerosi retroscena sul passato e sulla carriera del divo hollywoodiano, “Sly” fa finalmente chiarezza sulle motivazioni che han portato alla scelta del nome di Rocky Balboa.
In un’intervista concessa a Rolling Stones, Thom Zimmy - regista del documentario - ricorda gli avvenimenti che hanno ispirato Stallone nel conferire al personaggio il nome della strada in cui abitava: «Questa storia incarna perfettamente gli esordi di Stallone: la fiducia in se stessi, il potere dei sogni e delle ambizioni, la bellezza intrinseca di commettere errori e i momenti fortuiti in cui ti trovi nel posto giusto al momento giusto. Sly aveva la capacità di vedere il mondo come fonte di ispirazione creativa nonostante le circostanze. Un ottimo esempio di ciò è stata la scelta di dare a un personaggio il nome di Balboa Boulevard, la strada in cui aveva un appartamento squallido e modesto. Stallone aveva un talento eccezionale nel trovare ispirazione creativa nel mondo che lo circondava».
Nel ripercorrere la vita di un uomo che - da aspirante attore con numerosi rifiuti alle spalle e in seria difficoltà economica - ha saputo trarre dalle proprie sofferenze la giusta ispirazione per dare vita a uno dei personaggi più iconici della storia del cinema, Zimmy si augura che “Sly” «porti con sé una nuova comprensione di Sylvester Stallone come uomo, regista e artista. Desidero che il pubblico riconosca il modo in cui i film di Sly si sono intrecciati nel tessuto delle loro vite, promuovendo allo stesso tempo la comprensione e l'apprezzamento per il suo lavoro e la dedizione alla narrazione».
Giovanni Scanu