Sbarcano nell'Isola Maria Paiato e Mariangela Granelli con “Boston Marriage” di David Mamet, nella traduzione di Masolino D’Amico, una commedia brillante incentrata su due dame della buona società che si rincontrano a distanza di tempo, dopo la fine della loro intensa relazione sentimentale.

Dopo la prima regionale di martedì a Sassari, debutto entusiasmante con il pubblico delle grandi occasioni, le due interpreti, assieme a Ludovica D’Auria, sono arrivate a Cagliari e vi rimarranno fino al 2 aprile, tutti i giorni alle 20.30 e la domenica alle 19, al Teatro Massimo, per la Stagione de La Grande Prosa organizzata dal CeDAC / Circuito Multidisciplinare dello Spettacolo dal Vivo in Sardegna presieduto da Antonio Cabiddu.

Una recita pomeridiana straordinaria, viste le tantissime richieste del pubblico, è in programma venerdì 31 marzo alle 16.30 mentre l’incontro con gli artisti sarà oggi, giovedì 30, alle 17.30 nel foyer del Teatro Massimo: Maria Paiato, Mariangela Granelli e Ludovica D’Auria, racconteranno la pièce in una conversazione con la ricercatrice di Storia Contemporanea presso l'Università di Cagliari Eva Garau.

Lo spettacolo, per la regia di Giorgio Sangati, nella nuova produzione del Teatro Biondo di Palermo e CTB/Centro Teatrale Bresciano, in accordo con Arcadia & Ricono Ltd, per gentile concessione di A4 Artists Agency, con scenografie di Alberto Nonnato, costumi di Gianluca Sbicca e disegno luci di Cesare Agoni, è uno degli appuntamenti più attesi del cartellone firmato dalla direttrice artistica Valeria Ciabattoni.

Maria Paiato e Mariangela Granelli sono le due protagoniste, Anne e Claire: una semplice visita di cortesia si rivela invece densa di sottintesi, ciascuna cela dietro la maschera dell'educazione dell'imperturbabilità pensieri, intenzioni e desideri segreti, ma che via via affiorano mettendo in risalto il temperamento differente e le aspettative rispetto a quel rito mondano, trasformato in cartina di tornasole per le passioni che le animano.

Il titolo della pièce rimanda all'espressione, in uso nel New England tra XIX e XX secolo, per definire la convivenza tra due donne economicamente indipendenti e libere da legami e influenze maschili: “Boston Marriage”, ovvero “matrimonio bostoniano”, indica infatti una unione riconosciuta, anche se solo ufficiosamente, che anticipa la possibilità di celebrare un matrimonio tra persone dello stesso sesso, ormai diffusa in Europa e oltreoceano, innegabile conquista di civiltà della nostra epoca, in cui però l'omosessualità resta un tabù in varie regioni del mondo, osteggiata e negata in seno alla cultura patriarcale.

In una sorta di microcosmo al femminile - in cui si svolge la vicenda, ovvero la lussuosa ed elegante dimora di Anne, che ha trovato un uomo ricco disposto a mantenerla e grazie alla protezione di costui vorrebbe riprendere in casa con sé Claire, mentre quest'ultima ha ben altro per la testa e vorrebbe persuadere l'amica e antica amante a sostenerla nei suoi progetti - la questione dell'esistenza dell'amore tra due donne non si pone affatto, semmai si discute, sia pure tra le righe, su quali possano essere gli elementi che fanno nascere e nutrono questo sentimento arcaico e potente, che governa il mondo, quali siano le regole dell'attrazione, e sulla necessità di conciliare il fuoco della passione con l'affetto e la stima reciproca.

In questa cornice raffinata, tuttavia, le due protagoniste si scontrano, dimenticando a tratti le norme dell'etichetta per lasciarsi trascinare dalla discussione, portando avanti ciascuna i suoi ragionamenti, mentre via via emergono più chiaramente le personalità, quella apparentemente più distaccata e abile nel costruire le sue strategie di Anne e quella più impetuosa e istintiva di Claire, che cerca di persuadere l'altra a assecondarla, in un “conflitto” di interessi in cui si inserisce, in un divertente gioco delle parti, la giovane cameriera, nei cui confronti resiste nonostante tutta la modernità dei personaggi il confine invisibile di una differenza sociale.

 “Boston Marriage” è uno spettacolo divertente e avvincente, ricco di colpi di scena, in cui David Mamet come in un esercizio di stile si ispira al registro linguistico e ai toni affettati nel costruire un dialogo tra signore del bel mondo, che si fa via via più vivace e trascende le forme, lasciando trapelare la verità. Una commedia scoppiettante in cui indirettamente si allude a temi importanti come il ruolo e la condizione delle donne nella società, i pregiudizi e le discriminazione, il diritto di seguire il propri talento e le proprie inclinazioni e scrivere da sé il proprio destino, cimentandosi in una professione e emancipandosi dal potere maschile con la possibilità di scegliere liberamente, in amore come nella vita.

L.P.

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