Suoni gutturali, timbri vocali, versi dialettali che raccontano storie antiche e attuali, voci che si uniscono in un canto unico al mondo e indissolubilmente legato alla Sardegna.

È il canto a tenore sardo che, dal 2005, è entrato a far parte del patrimonio culturale "immateriale" dell'Unesco.

Un'arte che anche la tv "celebra" nel documentario "Il patrimonio immateriale", in prima visione questa sera alle 21,10 su Rai Storia.

Nel racconto, alcuni dei protagonisti di questa "magia" tutta isolana, fra cui i "cantadores" Manuelle Mureddu del Tenore Janna Bentosa di Nuoro, Daniele Cossellu del Tenore Remunnu 'e Locu di Bitti, e Antonio Putzu del Tenore Ulianesu di Oliena. "Avevo non più di 5 anni – spiega Antonio Putzu - quando mio padre mi portò a quelli che noi chiamiamo sa rebottas. Sa rebottas sono dei pranzi comunitari con tanta gente. Io ricordo che stavamo giocando a pallone con degli amichetti e venni attirato da questo suono bellissimo. Mi avvicinai e vidi che c'era un gruppo di pastori tutti abbracciati. Entrai in mezzo a questi pastori. Mi ricordo che mi sembravano grandissimi, enormi, perché io ero piccolino. Vidi delle persone con le mani alle orecchie che cantavano, facevano questo suono che mi è entrato subito nel cuore".

"Il canto a tenore – spiega l'etnomusicologo Sebastiano Pilosi - oggi è praticato in circa 60 comunità del centro nord della Sardegna. E sessanta comunità significano 60 modalità di canto diverse".

Nella Sardegna raccontata questa sera in tv anche la discesa dei candelieri a Sassari, e una splendida pagina di canto a cura dei "Janna Bentosa" con Giovanni Zizzi.

(Unioneonline/v.l.)
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