Gli zombi classici deambulano lentamente, ma quelli del cortometraggio del regista Domenico Montixi vanno veloci e si spostano da un festival all'altro. È davvero un caso singolare quello dell'opera “L'isola dei resuscitati morti” scritta, diretta e montata dall'artista sassarese. È appena arrivato l'invito dal Tokyo Horror Film festival che segue quello al Concorto Film festival di agosto nella sezione “Deep Night”. Proprio in questi giorni invece “L'isola dei resuscitati morti” è al Grossmann Film & Wine Festival in Slovenia, dove è addirittura in lizza per i Melies d'argento, dato che il festival fa parte del circuito europeo che assegna il prestigioso premio.

Una scena del film (foto concessa)
Una scena del film (foto concessa)
Una scena del film (foto concessa)

Ha già partecipato ai festival e alle proiezioni di London (Canada), Los Angeles, Sant'Ana, Landshut, Verona, San Sebastian, Southport, Roma, Verona e ha vinto il Premio CineLab Spazio Corto al Trieste Science+Fiction Festival del 2022.

Il corto omaggia il filone horror italiano degli anni '70 e '80, quel cinema di Fulci, Deodato, Lenzi e Mattei che a dispetto di budget miseri riusciva a sorprendere per creatività e soluzioni narrative e visive. 

Domenico Montixi spiega: «Il corto è tanto nella forma quanto nei contenuti una sorta di fittizio breve film perduto del filone zombi movie italiani anni ‘70/’80. Ideato con attenzione filologica ai film di riferimento, presenta le atmosfere, i personaggi, le facce, i dialoghi, le musiche, gli eccessi, l'effettistica, lo spirito camp e l'umorismo a volte greve, le pruriginosità, l'esoticità maccheronica e lo stile di quel tipo di cinema, in un omaggio appassionato, divertito e sincero. Non c'è mai l'intenzione di una satira o di una parodia, anche se ci sono chiaramente dei momenti divertiti e ironici».

La locandina del film
La locandina del film
La locandina del film

Girato a Sassari e dintorni si avvale di alcuni attori locali già noti come Mario Olivieri e Stefano Deffenu (“Perfidia” di Bonifacio Angius) o che lo sono diventati in seguito, come Orlando Angius e Francesca Cavazzuti (“Tutti i cani muoiono soli” di Paolo Pisanu). Riprese, colori, recitazione caricata, musiche, fotografia, salti narrativi, exploitation, trattati con affetto e ironia, ma senza alcuna intenzione parodistica: c'è davvero tutto in questo gioiellino, che riesce a divertire il pubblico di tutte le latitudini.

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