Lasciare la Sardegna per curiosità, per gioco quasi, e rimanere poi all’estero. Una scommessa vinta quella di Cinzia Cadeddu, 30enne cresciuta ad Assemini, partita otto anni fa e che ora vive a Ginevra. Una città tra le più internazionali che accoglie culture e cittadini di ogni dove.

Ma lei, figlia unica di genitori che l’hanno lasciata andare – anche se il padre con qualche dubbio poi dissipato – a cercare il suo futuro guardandola da lontano, non ha mai messo da parte la determinazione e la voglia di imparare sempre qualcosa di nuovo e di migliorarsi all’interno di ogni esperienza.

Se le si chiede quale sia “casa”, ormai non lo sa più: non è quella di Assemini perché manca da troppo tempo, non è quella nel Regno Unito dove ha vissuto durante l’Erasmus, nemmeno quella in Spagna dove è stata per un master né quella in Francia dove è rimasta per un anno. A Ginevra ha trovato lavori a tempo indeterminato, quasi una chimera in Italia: “Ma è vero anche che in Svizzera il licenziamento non è poi tanto complicato da firmare, non ci sono troppe tutele”.

Di cosa si occupa?

“Adesso di contabilità per un’azienda che trasporta petrolio, fino a cinque mesi fa ero nel settore turistico-alberghiero, per tre anni ho lavorato in un grande hotel a 5 stelle. È stata un’esperienza molto bella poi sono arrivati il Covid e la crisi, c’era da imparare sempre meno, mentre io avevo ‘fame’ di cose nuove. Avevo cominciato al ricevimento poi sono cresciuta e ho potuto contribuire anche in altri reparti ricevendo due promozioni”.

Due fronti totalmente diversi.

“Sì, come lato positivo c’è il fatto che ora ho una vita più regolare, con orari da ufficio, ma è sicuramente tutto meno ‘vibrante’, meno dinamico, meno creativo. L’altro lavoro era forse più stressante ma costantemente a contatto con persone di tante culture diverse”.

Quando ha lasciato la Sardegna?

“All’ultimo anno della triennale in scienze politiche e relazioni internazionali all’Università di Cagliari ho vinto una borsa di studio per l’Erasmus in Gran Bretagna per 10 mesi e in pratica non sono più tornata. Ho presentato la tesi e dopo l’estate sono andata in Spagna, poi dato che volevo imparare anche il francese (parla inglese, spagnolo e sta facendo un corso di tedesco, ndr) ho messo tutti i libri in valigia, pur essendo iscritta alla specialistica, e sono andata a fare la ragazza alla pari in Francia. Il secondo anno l’ho trascorso a Ginevra e ogni due o tre mesi tornavo a Cagliari per gli esami”.

La Svizzera è ancora uno dei grandi sogni e il Paese dei grandi guadagni?

“Al mio arrivo la situazione era molto diversa rispetto a 10 anni fa quando era tutto più accessibile per quanto riguarda il lavoro o l’affitto di una casa. Oggi Ginevra è competitiva ed è difficile riuscire a trovare il proprio spazio. In tanti sono costretti a vivere in Francia perché gli stipendi si sono ridimensionati, non sono quelli che si crede e le spese sono tante: pensiamo non solo all’affitto ma anche all’assicurazione medica che qui è obbligatoria e in realtà copre poco o niente. Certo che ai giovani viene data l’opportunità di crescere, in Italia non è sempre così. Però una cosa mi fa rabbia”.

Cosa?

“Qui il mio titolo di studio non vale come in Italia, la mia laurea non è riconosciuta perché non c’è un qualcosa di ‘equivalente’. Mentre la situazione è diversa ad esempio per chi è laureato in medicina e quindi ha un titolo più ‘pratico’, ‘operativo’”.

Cinzia Cadeddu (foto concessa)
Cinzia Cadeddu (foto concessa)
Cinzia Cadeddu (foto concessa)

Come veniamo visti in generale noi italiani?

“Questo è un Paese di frontalieri, ci sono l’Onu, tante banche e organizzazioni internazionali, persone che arrivano da ogni Stato, è molto difficile trovare degli svizzeri. Forse questo facilita il fatto di sentirsi stranieri. Ho lavorato tanto con i francesi, loro sono esperti nel farti sentire a disagio perché non parli la loro lingua, che qui è quella ‘ufficiale’, ma nel mondo del lavoro gli italiani sono considerati quelli che si rimboccano le maniche, che si adattano agli orari, riceviamo tanti apprezzamenti. I francesi invece sono i brontoloni”.

E durante la pandemia? Gli italiani venivano giudicati come “portatori del Covid”.

“Ricordo benissimo quando è scoppiata l’emergenza. Era il periodo in cui veniva organizzato il Motorshow ed è stato tutto annullato. Per settimane i Paesi più colpiti sono stati Cina e Italia, un po’ mi sentivo additata dai colleghi ma è bastato poco per vedere che poi anche la Francia, e quindi i frontalieri, era arrivata a contare più contagi e vittime. La situazione si è poi allargata ad altri Stati, insomma io sono stata simbolicamente nel mirino per poco, e solo all’inizio”.

Come ha vissuto quei mesi?

“Qui non abbiamo mai avuto l’obbligo di rimanere a casa, né orari di coprifuoco e potevamo spostarci su tutto il territorio svizzero. Una fortuna. La paura c’era, abbiamo limitato gli spostamenti, ma sapere di poter uscire a fare una passeggiata aiutava molto psicologicamente. Sono stata due mesi e mezzo in cassa integrazione, da marzo a giugno, poi ho ripreso ma mai al 100 per cento”.

In un mondo globalizzato lei si sente “emigrata”?

“Un po’ sì, perché lo sono. Ed è così da otto anni. Tornare in Sardegna è sempre più difficile, considerando che da ottobre ad aprile non ci sono voli disponibili, per fortuna la tecnologia aiuta molto e con videochiamate, foto, ecc…, le distanze si riducono”.

Lei tornerebbe nell’Isola? 

“Se trovassi un lavoro stabile e sicuro ci penserei, o almeno non lo escludo. Però sento tanti ex colleghi, amici o parenti che alla mia età stanno ancora lottando per trovare un’occupazione fissa. E senza non potrei fare nulla, nemmeno comprarmi una macchina. Insomma per cambiare ne deve valere la pena”.

A Ginevra c’è una comunità di sardi, li frequenta?

“Mi ero avvicinata al circolo sardo poco prima del coronavirus, poi tutti gli eventi sono stati via via annullati. Ora pian piano stanno ricominciando e anche io ho ripreso i contatti. Inizialmente, negli anni scorsi e nelle altre città in cui ho vissuto, cercavo di non frequentare italiani perché finivo per non imparare la lingua locale, ora la prospettiva è cambiata, forse perché ho molte amicizie internazionali, sono fidanzata con un francese e alcune volte fa bene circondarsi di profumi e sapori della propria terra. Anche per questo ho partecipato sabato al convegno sulla valorizzazione dei beni culturali dell’Isola in ambito europeo. Un’esperienza molto interessante”.

Un momento del convegno a Ginevra (foto Cinzia Cadeddu)
Un momento del convegno a Ginevra (foto Cinzia Cadeddu)
Un momento del convegno a Ginevra (foto Cinzia Cadeddu)

Di cosa si è parlato?

“Intanto vedere le tre bandiere italiana, svizzera e sarda vicine mi ha dato una bella sensazione, e questo è stato solo l’inizio. Grande è stata la mia sorpresa quando mi sono resa conto di quanto bella sia la Sardegna e del fatto che anche se ci sono molti luoghi che ho visto, ce ne sono tanti altri che meritano di essere conosciuti, bellezze culturali e archeologiche tutte da scoprire. E non posso tralasciare di aver gradito molto il rinfresco a base di prodotti tipici e la musica del gruppo ospite che ha intonato varie canzoni che inevitabilmente mi hanno riportato con la mente alla mia terra”.

L'esibizione musicale (foto Cinzia Cadeddu)
L'esibizione musicale (foto Cinzia Cadeddu)
L'esibizione musicale (foto Cinzia Cadeddu)

Un ambiente che l’ha incuriosita…

“Molto, potrei anche impegnarmi in questa realtà, perché non portare idee, contributi, altri giovani sardi? È vero che ognuno di noi è immerso nella propria realtà e quotidianità ma penso che ogni tanto ritrovarsi tra sardi faccia tanto piacere”. 

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