“Cara Unione,

Vorrei replicare alla lettera del signor Angelino Mereu, presidente del circolo sardo ACSIT di Firenze (un tempo glorioso), in merito alla decisione presa di non festeggiare Sa Die de Sa Sardigna assieme ad altre dodici associazioni, con cui si è voluto rispondere alla mia constatazione precedente. Mi è sovvenuto subito l'antico proverbio sardo, da noi in Goceano molto in voga: ‘A su caddu toccadu, sedda li piticat’. Per non parlare del famoso detto attribuito a Carlo V sui sardi ‘pocos, locos y mal unidos’.

La mia presa di posizione, in sostanza, evidenziava un dato di fatto: tredici circoli sardi del centro Italia hanno deciso di non festeggiare Sa Die de Sa Sardigna. Scelta legittima, ma immotivata. Contravvenendo e non rispettando quanto già statuito dalla Regione con la legge istitutiva de Sa Die come ‘momento costitutivo dell'identità sarda’. Un'identità che si costruisce, si permea e si cementa volta per volta. Non certamente con il silenzio. E non certamente, lo scrivo e lo ribadisco da storico economico che ha scritto tanto ultimamente sul tema invocando, a mo' di rivendicazionismo stantio, la centrale e dirimente ‘quaestio’ della continuità territoriale disapplicata. Che non può essere uno ‘specchietto per le allodole’ utilizzato e invocato per coprire certe insipienze e mancanze.

Lo ripeto e lo ribadisco: qua non si discute la battaglia per la continuità territoriale, tanto cara a Giuseppe Sanna Sanna (Anela, 1821 - Genova, 1874) fin dalla formazione del primo Parlamento italiano e primo deputato sardo, per questo, ad aver posto la Questione Sarda (inviterei il signor Mereu a conoscere meglio tale personalità che ricorderemo presto a giugno a Monza con un apposito convegno, ne avrebbe di che giovarsi). Qua si discute l'opportunità di ‘barattare’ un momento fondante della nostra identità, anzi il momento fondante, con il ‘piatto di lenticchie’ della continuità territoriale e dei connessi aspetti economici. Per poi, ovviamente, chiedersi: a che ‘pro’ tutto questo?

La risposta, purtroppo, mi viene spontanea ed è legata alla precedente, evocata, affermazione imperiale di sardi intesi come popolo diviso. E la dura realtà non si smentisce mai. Questo nonostante circoli come il nostro di Monza, non affatto marginale ed escluso (con all'attivo una trentina di iniziative annuali e di grande spessore culturale e sociale), o anche altri affiliati all'emigrazione sarda organizzata (la Fasi ha, opportunamente, diramato un comunicato su Sa Die che, in sostanza, prende le distanze da quest'iniziativa ‘autonoma’ di tali circoli) abbiano ricordato Sa Die con tutti i crismi e la solennità del caso. E in questa sede mi piace citare, oltre alla nostra iniziativa del 24 aprile a Monza con la brava scrittrice siciliana parigina, amante della Sardegna, Adriana Valenti Sabouret, autrice di ‘Madame Dupont’, anche quella riuscita, accompagnata per giunta da alcune polemiche iniziali, fatta dal circolo culturale sardo Antonio Gramsci di Torino, di presentare proprio il 28 aprile il libro del carissimo prof. Francesco Casula ‘Carlo Felice ed i tiranni sabaudi’. Scelta, questa, fatta da un circolo affiliato Fasi, molto coraggiosa e apprezzabile. E il dato di fatto è stato ed è incontrovertibile: a Torino e a Monza, unici fra i vari circoli sardi in Italia, si sono tenuti i due incontri più rilevanti e più inerenti alla tematica (perché tale dev'essere!) de Sa Die de Sa Sardigna 2022. Un'occasione mancata, per gli altri circoli, che non fa altro che confermare come la testimonianza e il sacrificio di Giovanni Maria Angioy e degli altri esuli e martiri della Sarda Rivoluzione continuino ad essere misconosciuti ed incompresi.

Segnalo sempre al signor Mereu che Sa Die de Sa Sardigna per noi a Monza non si esaurisce solo al 28 aprile ma dura tutto l'anno, con una serie di mostre e iniziative che promuoveranno la figura di Giovanni Maria Angioy, la Sarda Rivoluzione e il libro di Adriana Valenti Sabouret in tutti i quartieri della città e nel territorio. Perché questa è la nostra filosofia. E dovrebbe essere quella di tutti i circoli sardi”.

Gianraimondo Farina

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