Numeri alti, pari incidenza tra uomini e donne: il tumore del colon retto è oggi tra le neoplasie più diffuse nel mondo occidentale, secondo solo al tumore al seno nelle donne e a quello della prostata negli uomini. In Italia, secondo gli ultimi dati forniti dal registro dei tumori, si segnalano 44mila nuovi casi all’anno, poco più di 20mila tra le femmine e circa 23mila tra i maschi. La fascia di età più colpita è quella tra i 50 e i 70 anni, raramente si registrano casi prima dei 40.

«È una patologia molto comune da cui si può guarire – afferma il professor Luigi Zorcolo, direttore del reparto di Chirurgia coloproctologica del Policlinico universitario di Monserrato – è importante però non trascurare i sintomi e aderire alle campagne di prevenzione: la diagnosi precoce consente un trattamento efficace in più del 90% dei casi».

La cura della malattia rientra generalmente nella chirurgia generale, pochi i reparti che si occupano nello specifico di chirurgia colorettale. In Sardegna, il centro del Policlinico, voluto dal professor Giuseppe Casula, è oggi una delle strutture all’avanguardia a livello nazionale. Secondo i dati della Regione, dal 2017 al 2020, sono stati trattati circa 6/ 700 cancri del colon e 350/400 cancri del retto all’anno. Siamo quindi sui 1000/1100 casi complessivi. L’aspetto positivo è che la percentuale di interventi fuori dall’isola è molto bassa: 5% per il colon, 7% per il retto.

«Questo è un motivo d’orgoglio - continua Zorcolo - dobbiamo tanto al mio predecessore: già dagli anni ‘90 aveva capito l’importanza di concentrarsi su un campo specifico per avere cure più efficaci. Oggi dirigo un reparto formato da diverse figure professionali specializzate nel trattamento dei cancri del colon e soprattutto del retto. Dal 2018 l’azienda ha formalizzato il percorso diagnostico terapeutico assistenziale che segue il paziente dal sospetto clinico fino al trattamento chirurgico e alle cure postoperatorie». Molto importante è la diagnosi tempestiva che permette trattamenti poco invasivi. In passato, il prezzo da pagare per la buona riuscita della cura era la convivenza a vita con una stomia, l’apertura sull’addome che collega un tratto di intestino e permette l’espulsione delle feci in una sacchetta esterna.

«Un tumore diagnosticato in fase precoce può essere rimosso con delle tecniche di chirurgia mininvasiva transanale messe a punto più di trent'anni fa. In una percentuale purtroppo ancora limitata di pazienti consentono di rimuovere il tumore senza asportare il retto. È la conferma che si sta arrivando a trattamenti sempre più conservativi». Oggi, la necessità di avere la sacchetta definitiva si è molto ridotta: nella maggior parte dei casi è solo temporanea: una volta raggiunto il risultato, la stomia viene eliminata.

Carla Zizi

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