Chi ha avuto la sfortuna di ammalarsi di Covid lo sa bene: in molti casi il fisico è stato debilitato a tal punto che una stanchezza inusuale è proseguita ben oltre la negativizzazione. Un effetto del cosiddetto “long Covid”, ormai testimoniato da numerosi studi. Ora però emerge la possibile connessione tra Coronavirus e la sindrome da fatica cronica. A dirlo è l’indagine di un gruppo di ricercatori tedeschi della Charité–Universitätsmedizin Berlin e del Max Delbrück Center for Molecular Medicine.

La ricerca

Secondo gli studiosi, anche dopo una lieve forma di Covid-19 è possibile che un sottogruppo di pazienti possa sviluppare una serie di sintomi compatibili con quelli ascrivibili alla encefalomielite mialgica.

Entrando più nel dettaglio, la ricerca ha preso in considerazione i casi di 42 pazienti che presentavano affaticamento persistente e grave a sei mesi  dall’infezione da Covid. I risultati? La maggior parte dei partecipanti allo studio non era in grado di eseguire lavori leggeri per più di due o quattro ore al giorno. Alcuni, addirittura, riuscivano unicamente a prendersi cura di loro stessi, senza riuscire a lavorare. Eppure solo tre persone del campione preso in esame avevano avuto bisogno di cure ospedaliere durante l’infezione acuta iniziale di Covid, e nessuno era stato trattato con l’ossigeno.

E se è vero che già nell’estate del 2020 era possibile ipotizzare una connessione tra infezione da Covid e la sindrome da fatica cronica, lo è altrettanto il fatto che non è stato facile dimostrarlo, come sottolineato da Carmen Scheibenbogen, direttrice dell’Istituto di immunologia medica della Charité nel Campus Virchow-Klinikum, a causa della “scarsità di ricerche sulla ME/CFS e al fatto che non esistono criteri diagnostici universalmente accettati”. Ma, grazie a questo studio, “siamo stati in grado di dimostrare che il Covid-19 può innescare la sindrome da fatica cronica”.

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