Una vita da mediano contro il fumo. È quella della pneumologa Francesca Polo che, come il calciatore in ombra ma decisivo del celebre brano di Ligabue, guida sottotraccia uno sforzo collettivo per sconfiggere la dipendenza da nicotina.

«Per 33 anni - ricorda lei, nata a Sassari ma originaria di Bonorva - ho lavorato nel reparto di terapia semi-intensiva dell’Aou di Sassari». Il tempo verbale si coniuga al passato perché, appena una settimana fa, la professionista dismette il camice, nella struttura diretta dal professor Pietro Pirina, dopo oltre 40 anni da medico per vestire i panni della pensionata. Un ritiro in realtà solo teorico, vista la missione da compiere. «Continuerò a occuparmi del centro antifumo che ho contribuito a far nascere in città nel 2006».

Con sede nelle Cliniche di San Pietro, nido della folla di tabagisti preda dell’assuefazione alla sigaretta e vittime delle circa 4mila sostanze chimiche assorbite, tra cui 70 cancerogene. «In questi anni abbiamo curato centinaia di persone. Alcune sono riuscite a smettere, altre ci sono ricascate». Un fallimento su cui ha sorvolato perché, come riferisce chi frequenta il presidio, “la dottoressa Polo non colpevolizza mai se si riprende a fumare”. E invece rimette in moto con umiltà quella corsa in avanti, da mediano appunto, di chi vuole cessare la dipendenza. «Perché di questo si tratta e non di un vizio. Stiamo parlando di una droga».

D’altra parte la nicotina fa parte della famiglia degli alcaloidi, che tra i parenti annovera la cocaina, ed è capace di scavallare i recinti ematoencefalici a velocità doppia rispetto all’eroina. «Basta una tirata e in otto secondi il fumo arriva al cervello attivando i centri del piacere del mesolimbico». Gratificazione a cui è difficile rinunciare ma che intanto scava il corpo in almeno sedici sedi tra cui il polmone, primo organo target dell’insorgere di patologie.

«Si rischiano il cancro anche alla vescica, all’esofago, alla laringe, la cardiopatia ischemica, l’ictus e l’aneurisma aortico oltre alla broncopneumopatia ostruttiva». E non sono ipotesi ma realtà ratificate dai numeri: 80mila i morti in Italia ogni anno per patologie correlate al fumo mentre i seguaci del demone tabacco accertati solo in Sardegna si attestano sul 27 per cento, con una percentuale preoccupante di adolescenti. A fare da specchio dell’angolo sassarese del fenomeno sono le migliaia di messaggi contenuti nella chat whatsapp gestita dalla dottoressa e riempita dalle storie tabagiche di chi frequenta o ha frequentato il centro. In cui abbondano richieste che sfiorano l’appello disperato: «Mi faccia sapere se è possibile smettere di fumare». O riflettono l’equilibrio precario, a un passo dalla ricaduta: «Tranquilla, non sto fumando…ma ci penso ogni tanto». Fino all’ammissione: "Purtroppo ho ricominciato”.

«Le ragioni per cui si riprende con le sigarette - sintetizza la dottoressa – possono essere tante. Tra queste, con frequenza, il verificarsi di un lutto o di dolori personali, e allora il fumo diventa una specie di consolazione». Ci sono poi pure le predisposizioni genetiche, campo ancora in fase di vaglio, ad attanagliare il fumatore. Ma qualunque siano le tipologie dei pazienti, il protocollo del centro contempla lo stesso iter: «Visita pneumologica, esame spirometrico e il test di Fagerstrom». Nel quale si valuta il legame con la nicotina attraverso domande esemplari tipo: «Fuma anche se è tanto malato da dover rimanere a letto?» In seguito i due incontri settimanali del gruppo, il counseling e la terapia farmacologica: «Abbandonato il Ciampix, ora prescriviamo la citisina, estratta dall’albero del maggiociondolo». 40 giorni circa l’arco della cura, e se si riesce l’effetto è da elisir di giovinezza perché “chi fuma dimostra dieci anni in più”.

Intanto la dottoressa Polo non demorde e motiva i tabagisti così come se stessa: «Dirigere il centro rappresenta una grande utilità sociale». Per “lavorare sui polmoni”, canterebbe Ligabue, “una vita da mediano”.

Emanuele Floris

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