"La salute: un bene da difendere, un diritto da promuovere": è il progetto al quale aderiscono Salute Donna onlus e altre 19 associazioni e che arriva in Sardegna.

Nell'Isola sono oltre 70mila le persone affette da tumore e solo l'anno scorso ci sono stati 9mila nuovi casi, secondo i dati Istat; a Cagliari oggi è stato presentata la nuova iniziativa diretta al miglioramento dell'assistenza e della cura dei pazienti oncologici e onco-ematologici, con l'intenzione di superare le disparità esistenti tra le varie regioni italiane.

Tra le priorità, ci sono quelle di rendere più omogenea l’offerta di servizi, aumentare l’adesione agli screening e attivare la Rete oncologica: di questo hanno parlato i rappresentanti delle istitutzioni e delle associazioni che hanno partecipato al tavolo sul progetto.

"Crediamo nel ruolo delle Associazioni di pazienti e familiari nelle scelte sanitarie - ha detto Luigi Arru, assessore regionale alla Sanità - E infatti uno dei primi atti compiuti come assessore è stato quello di stringere un accordo con Slow Medicine, per un monitoraggio delle strutture ospedaliere e ambulatoriali della Sardegna".

"La medicina moderna si sta specializzando sempre più e oggi quella di genere rappresenta certamente un importante traguardo della sanità moderna - è il commento di Luigi Ruggeri, segretario della Commissione consiliare Salute e Politiche Sociali della Regione Sardegna - Ben vengano iniziative come quella di oggi, che vedono il coinvolgimento di operatori, pazienti e Istituzioni. Dialogare e raccogliere il punto di vista dei pazienti è di importanza fondamentale per la crescita e il miglioramento qualitativo dell'offerta sanitaria".

In Sardegna emerge il bisogno di atti di programmazione che favoriscano il lavoro in rete degli operatori, il confronto e lo scambio delle migliori prassi e la condivisione del lavoro tra equipe multidisciplinari.

L'Isola "sta vivendo un grande fermento rispetto all’oncologia spiega Francesca Bruder, Gruppo Melanoma e Patologie Rare, Oncologia Medica Ospedale Oncologico Businco di Cagliari – è del 30 gennaio 2018 la Delibera che mette su carta la programmazione delle attività da portare avanti riguardo la costituzione della Rete oncologica regionale. È stato individuato nel modello del Comprehensive Cancer care Network, quello da utilizzare e nel quale è prevista una Autorità centrale per la gestione della Rete. Il modello prevede una presa in carico multidisciplinare e l’attuazione di PDTA relativi alle varie patologie oncologiche".

In termini di sopravvivenza, invece, aggiunge Giuseppina Sarobba, direttore UOC Oncologia, Ospedale San Francesco, ATS Sardegna, ASSL di Nuoro, per la Sardegna il dato basso è preoccupante, "perché ha a che con le diagnosi precoci, l’aderenza agli screening è molto ridotta, e con l’efficacia delle cure. Altra peculiarità della Regione è il fenomeno della migrazione sanitaria passiva che si verifica sia per le lunghe liste d’attesa sia per la mancanza di trattamenti ad alta specialità".

Creare una Rete oncologica regionale va quindi nella direzione di assicurare "la presa in carico totale e sul territorio dei pazienti oncologici e onco-ematologici - chiariscono i responsabili - Secondo la complessità del caso e il tipo di tumore il paziente verrà indirizzato ad uno dei centri di riferimento regionale mentre i trattamenti successivi dovrebbero essere seguiti a livello territoriale e, laddove possibile, secondo il principio della prossimità".

"La Sardegna conta un milione e mezzo di abitanti, a ciò si contrappone l’ampiezza territoriale e la conseguente disseminazione della popolazione in luoghi impervi e non facili da raggiungere, in quanto il territorio è carente di infrastrutture e di collegamenti viari e ferroviari sono le parole di Giorgio La Nasa, professore ordinario di Ematologia, Direttore SC Ematologia e Centro Trapianti Midollo Osseo, Ospedale Oncologico Businco di Cagliari – ne consegue che le priorità sulle quali dobbiamo lavorare in via prioritaria sono il potenziamento dei collegamenti e delle strade e la creazione di strutture di accoglienza per venire incontro ai bisogni dei pazienti e delle loro famiglie. Questo permetterebbe tra l’altro di ridurre i tempi di ricovero e i costi sanitari e sociali complessivi".

(Unioneonline/s.s.)
© Riproduzione riservata