«La sclerosi multipla è una malattia cronica del sistema nervoso che presenta in Sardegna una delle frequenze più alte al mondo. La malattia esordisce generalmente in persone in età giovane adulta (tra i 20 e i 40 anni), frequentemente donne (il rapporto fra femmine e maschi è di circa 2,5 a 1)».

I dati evidenziano l’importanza di occuparsi di una malattia così diffusa, come dice il professor Luca Saba, direttore della Radiologia del policlinico Duilio Casula, nel corso di “15 minuti con…”, il talk di approfondimento sulla salute dell’Azienda ospedaliero-universitaria di Cagliari, in collaborazione con il gruppo Unione Sarda, condotto dal giornalista Fabrizio Meloni, responsabile della Comunicazione e delle relazioni esterne dell’Aou.

In Italia la malattia colpisce 126.000 personec

«Si tratta di una malattia autoimmune in cui il sistema immunitario non riconosce come proprie alcune componenti del sistema nervoso (la mielina e i neuroni) e le attacca con un processo infiammatorio», spiega l’altra ospite del programma, la professoressa Eleonora Cocco, responsabile del Centro sclerosi multipla dell’ospedale Binaghi di Cagliari.

«L’infiammazione si presenta a ondate e determina la comparsa di lesioni multiple che possono essere visualizzate con la risonanza magnetica e clinicamente si manifesta con degli episodi acuti (ricadute) dalla sintomatologia variabile (disturbi motori, della sensibilità della vista, cognitivi, dell’umore e disturbi nel controllo degli sfinteri, eccetera) seguiti da periodi di remissione. Dopo un periodo variabile (15 anni in media), la malattia può cambiare il suo decorso diventando progressiva e portando all’accumulo di disabilità e conseguente riduzione dell’autonomia quotidiana».

«La storia naturale della malattia è però cambiata negli ultimi decenni grazie all’introduzione di numerose terapie (al momento sono più di 15 quelle approvate e altre sono in fase di studio) definite non a caso “farmaci modificanti il decorso”», aggiunge il professor Saba, «che a vari livelli modulando o riducendo l’attività infiammatoria limitano il danno ai neuroni e possono rallentare sino a bloccare la malattia. L’approccio attuale è quindi basato sulla prevenzione della disabilità attraverso un’identificazione e un trattamento precoce della malattia.

In questo ambito ha un ruolo fondamentale la risonanza magnetica, che permette di evidenziare le lesioni infiammatorie nelle loro diverse fasi di evoluzione (anche quelle clinicamente silenti) e consente, integrandosi con i dati clinici e strumentali, da un lato di supportare la diagnosi anche in fasi molto precoci, e dall’altro di valutare la risposta alle terapie e permettere di personalizzarla».

Luca Mirarchi

***

Perché le donne si ammalano meno degli uomini

Ce ne accorgiamo ogni giorno. Quando cerchiamo di fare una sorta di “mappa” delle malattie che interessano il sistema immunitario, vediamo che questo complesso sistema di difesa dell’organismo (che a volte “sbaglia” rivolgendo i suoi attacchi anche a organi e tessuti del “proprietario”, come accade nel caso

delle malattie autoimmuni) tende a prediligere i maschi o le femmine con quadri diversi. Insomma: esiste una sorta di differenza di “genere”. E questa deve essere considerata anche nei più piccoli, tanto che gli esperti della Società Italiana di Pediatria, in occasione del Congresso Italiano di Pediatria, hanno presentato un utilissimo supporto per i genitori: la prima Guida sulle differenze di genere nei bambini e negli adolescenti. Ma come mai tanta attenzione a questo aspetto? Per capire bisogna innanzitutto valutare le differenze tra i bimbi. In termini generali, infatti, il sistema immunitario funziona diversamente nel maschio e nella femmina. Quello femminile è più efficiente e ciò si traduce in una maggiore suscettibilità dei maschi alle infezioni e alle allergie. D’altro canto, però la “reattività” più intensa del sistema immunitario nelle femmine ha anche alcuni aspetti negativi perché una più elevata risposta immune può sfociare nello sviluppo di malattia grave e nella comparsa di autoimmunità. Queste differenze tra sessi sono meno pronunciate nei bambini rispetto agli adulti perché il sistema immunitario è in via di sviluppo, tuttavia, alcune diversità si manifestano fin dalle prime epoche di vita. I neonati maschi, così come i lattanti e i bambini di età inferiore a 2 anni, sono più spesso interessati da infezioni respiratorie. Nei Paesi in via di sviluppo è stato dimostrato che i bambini maschi sono a maggior rischio delle femmine di contrarre infezioni protozoarie come malaria, leishmaniosi e amebiasi e infezioni da trematodi o nematodi.

Federico Mereta

© Riproduzione riservata