Difficoltà ad addormentarsi, improvvisi e frequenti risvegli durante la notte, riposo frammentato. E poi ancora, risveglio precoce. Se tutto questo non rientra più nell’eccezionalità legata a un periodo difficile, magari alla sfera affettiva, al lavoro, a stress continuato, ma al contrario diventa la norma e si prolunga nel tempo, allora è il caso di correre ai ripari. L’insonnia è già un problema serio. Da affrontare. E magari tentare di risolvere. Perché se è vero che l’uomo trascorre in media nell’arco dell’esistenza un terzo della vita dormendo e che proprio il sonno è quella condizione che contribuisce a garantire la buona salute di ognuno di noi, è anche vero che finire nel vortice dei ritmi alterati significa fare i conti con una vera patologia. Un disturbo del sonno che va affrontato, mai tralasciato. E soprattutto riconosciuto e compreso.

Intanto perché gran parte dei disturbi del sonno è curabile, ma sono ancora pochi i pazienti che si affidano ai medici per affrontare un problema spesso non percepito come una vera malattia. In particolare nella popolazione più anziana, dove l’insonnia è il più delle volte vista come una condizione “naturale” strettamente legata all’età.

«Perché l’insonnia venga definita cronica bisogna tener conto di diversi aspetti. Intanto il tempo. Superati i tre mesi deve scattare il campanello d’allarme. L’insonnia non è più episodica, passeggera, temporanea. Ci sono poi i disagi durante la giornata come la fatica, la pesantezza, la sonnolenza, la cefalea che contribuiscono a caratterizzarla», spiega la neurologa Monica Puligheddu, responsabile del Centro di medicina del sonno del Policlinico di Monserrato. «La prima cosa che andiamo a guardare nei pazienti che si rivolgono al nostro centro è il loro ritmo del sonno, ovvero il corretto rapporto sonno-sveglia. Ogni situazione che interferisca con la qualità del sonno, soprattutto se prolungata e duratura, può alimentare problemi importanti e seri sia sul funzionamento del nostro cervello ma anche sull’attività cardiaca, sul sistema di difesa immunitario e sul nostro benessere psichico».

Resta dunque la necessità di ristabilire un equilibrio salutare, ristabilire, per chi lo ha perso, il corretto dormire, dando la giusta importanza al ritmo circadiano, al buio e alla luce. Quando un paziente si rivolge al medico per comunicare una condizione di malessere legata a troppe notti insonni, allora bisogna indagare a fondo. Lo fanno in primo luogo i medici di famiglia, lo fanno ancora di più i centri specializzati dove operano vere e proprie équipe multidisciplinari. Che mettono intanto in guardia dalle terapie “fai da te” ma anche da quelle scorciatoie racchiuse in una pastiglia. «Non è l’uso della pillola a risolvere le difficoltà, che se necessaria va comunque e sempre somministrata dal medico dopo una corretta diagnosi. Bisogna invece indagare il ritmo e le caratteristiche del sonno, affrontare problematiche specifiche come le apnee ostruttive che sono trattate con veri presidi e non con farmaci», ricorda Monica Puligheddu. «Bisogna inoltre prestare attenzione all’igiene alimentare, di sicuro non andare a dormire dopo un pasto abbondante e magari pesante che di sicuro interferisce col sonno. La sera, poi, bisogna ridurre le attività stimolanti, compresa l’attività sportiva».
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