«L’osteoporosi è una malattia dello scheletro caratterizzata da modificazioni quantitative e qualitative dell’osso che diventa pertanto più fragile con un aumentato rischio di fratture e gravi complicanze che compromettono la qualità di vita del paziente». A parte le rare forme giovanili, l’osteoporosi interessa principalmente le donne dopo la menopausa e gli uomini in età senile a seguito di un parafisiologico depauperamento della massa ossea.

Alcune malattie e l’assunzione di certi farmaci possono contribuire allo sviluppo in età giovane adulta di osteoporosi e, in questi casi, il primo approccio è quello di curare la malattia di base che influenza negativamente il metabolismo fosfo-calcico determinando la fragilità ossea».

Con queste parole il professor Alberto Cauli, direttore della Reumatologia del Policlinico Duilio Casula, introduce la puntata di “15 minuti con…”, il talk di approfondimento sulla salute dell’Azienda ospedaliero-universitaria di Cagliari, condotto dal giornalista Fabrizio Meloni, responsabile Comunicazione e Relazioni esterne dell’Aou.

«Dato che l’osteoporosi decorre senza sintomi in fase iniziale, è di straordinaria importanza effettuare una diagnosi precoce. Lo strumento che la consente, prima dell’insorgenza delle possibili complicanze, è la mineralometria ossea computerizzata (MOC), che viene effettuata studiando la densità ossea a livello di femore e vertebre lombari, sedi frequenti di fratture, confrontando la densità del paziente con lo standard ideale di picco di massa ossea che si riscontra nei soggetti sani all’età di circa trent’anni», prosegue Cauli: «La prevenzione primaria dell’osteoporosi prevede una dieta ricca di calcio e normali valori di vitamina D, indispensabile per un fisiologico assorbimento intestinale del calcio. Il regolare esercizio fisico sotto carico determina inoltre la stimolazione della neoformazione ossea da parte dello scheletro, risultando pertanto un fondamentale aspetto della prevenzione, al contrario della sedentarietà o della immobilità per cause di forza maggiore. Importante inoltre è l’astensione completa dal fumo e un consumo limitato di bevande alcoliche. Bisogna infine considerare che esistono cause predisponenti su base genetica che risultano pertanto non modificabili dal paziente e non soggette a misure di prevenzione».

«Per quanto riguarda la terapia farmacologica», sottolinea il reumatologo, «le medicine attualmente utilizzate nel contrastare l’osteoporosi agiscono sul rimodellamento scheletrico con l’obiettivo di incrementare la neoformazione rispetto al riassorbimento. Possiamo distinguere i farmaci che agiscono inibendo gli osteoclasti, cioè le cellule deputate al riassorbimento osseo, come i bisfosfonati e il denosumab, rispetto ai farmaci anabolici che stimolano le altre cellule dell’osso, gli osteoblasti, a formare nuovo tessuto osseo, come la teriparatide e il recente inibitore della sclerostina.

I farmaci menzionati, insieme alla supplementazione di vitamina D e calcio, hanno dimostrato di ridurre il rischio di fratture e sono pertanto indicati sia nella terapia preventiva primaria (cioè nei soggetti che non hanno mai avuto fratture), sia nella prevenzione secondaria nei soggetti che hanno già avuto un evento fratturativo. La scelta del farmaco dipende da molti fattori e caratteristiche del paziente e viene discussa e condivisa con l’interessato. La terapia, come per altre malattie croniche, è necessariamente protratta nel tempo per poter avere efficacia».

«Alla luce di quanto esposto», conclude Cauli, «si consiglia pertanto alle donne in menopausa e agli uomini in età senile, nonché ai pazienti affetti da malattie predisponenti o che assumono cortisonici, di effettuare gli esami di screening al fine di poter individuare la malattia nelle fasi precoci e poter essere indirizzati al Centro di Reumatologia di competenza per iniziare la terapia più appropriata volta a preservare la propria massa ossea e ridurre il rischio di fratture».

Luca Mirarchi

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