Le dimensioni del problema sono sfumate, per la natura del problema stesso: perché per molte donne è qualcosa che genera imbarazzo, vergogna, e così si tende a nasconderlo, a non parlarne, a far finta che non esista, anche di fronte al medico, anche se ignorarlo è di fatto impossibile. Eppure, indagando, le dimensioni appaiono tutt’altro che trascurabili: nelle donne che si trovano in menopausa iniziale o nella post menopausa avanzata, il prolasso e l’incontinenza urinaria sono due patologie ad alta incidenza. Nel primo caso, la percentuale delle donne interessate cresce con l’aumentare dell’età; nel secondo caso, in Italia, a soffrirne sono circa 3 milioni di donne. «Si tratta di fenomeni tipici di una società che tende a invecchiare», spiega il direttore di Ostetricia e Ginecologia dell’Aou di Sassari, Giampiero Capobianco. «L’aumento della popolazione femminile anziana determinerà un aumento esponenziale di queste patologie e degli interventi chirurgici», aggiunge.

Il prolasso

Per queste patologie, l’Aou di Sassari è Centro di riferimento regionale con l’ambulatorio di “Uroginecologia e diagnosi e cura delle disfunzioni del pavimento pelvico femminile”. Secondo i dati dell’Aiug (l’Associazione italiana di urologia ginecologica che di recente ha organizzato un convegno sul tema a Sassari) nella popolazione generale, in una fascia di età compresa tra i 20 ei 50 anni, il prolasso ha una prevalenza media del 30,8% con incrementi relativi all'aumento dell'età, mentre tra i 20 ei 29 anni la prevalenza è del 6,6%, sale al 55,6% nelle donne tra i 50 e 59 anni. I disturbi del pavimento pelvico, ovvero quella struttura che racchiude le pelvi contenendo gli organi dell’apparato genitale, l’intestino e la vescica, sono legati principalmente a un indebolimento dei muscoli e un rilassamento dei tessuti e legamenti. Sono diverse le terapie adottabili, da quella medico-riabilitativa (indicata nella fase iniziale del problema) a quella chirurgica. «È chiaro che all’attività di riabilitazione devono essere associati anche altri interventi: uno stile di vita sano e la ginnastica che rendono tonico il pavimento pelvico. Il prolasso va prevenuto in giovane età», spiega il professor Capobianco. «La ginnastica in gravidanza è importante, ecco perché sono consigliati i corsi di preparazione al parto. E in questo settore, le nostre ostetriche hanno un importante bagaglio di esperienza», aggiunge.

I sintomi del prolasso sono diversi: senso di pesantezza al perineo, dolore alla schiena, difficoltà a urinare o andare di corpo quindi dolore durante i rapporti sessuali. La Ginecologia e Ostetricia di Sassari realizza in media 2 interventi chirurgici di prolasso a settimana. La chirurgia vaginale è il gold standard nelle cure chirurgiche della patologia, anche se quella mininvasiva robotica e laparoscopica stanno diventando sempre più crescenti.

Incontinenza

L’incontinenza urinaria, come il prolasso, è una patologia che riguarda la “terza fase della maturità” della donna ma può insorgere anche in età fertile. L’obesità, l’ereditarietà, malattie neurologiche e il prolasso genitale sono tra i vari fattori che possono determinare e aumentare il fenomeno. Colpisce il 25% delle donne nell’arco della loro vita, e aumenta con l’aumentare dell’età (fino a interessare il 60% delle donne in post-menopausa). È una patologia invalidante che altera la qualità della vita e ha importanti costi per la società per disabilità associate. «È causata da un indebolimento del pavimento pelvico», spiega ancora il professor Capobianco, «e da una diminuzione della tonicità dello sfintere dell’uretra». La forma più frequente è quella da sforzo (50% dei casi), seguita da quella da urgenza quindi da forme miste. «Ecco perché», sottolinea ancora il docente, «è necessaria un’adeguata diagnosi, con l’avvio di percorsi diagnostici terapeutici assistenziali mirati». Cosa fare? Il consiglio dello specialista è modificare lo stile di vita, eliminare i fattori che possono alimentare il problema, come la caffeina, la teina e il fumo quindi dimagrire se si è sovrappeso oppure obese. «Il primo step è la riabilitazione», conclude Capobianco. «La chirurgia entra in campo soltanto dopo il fallimento della terapia comportamentale e riabilitativa». (ma. mad.)

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