È il farmaco salvavita per eccellenza, l’unico che non si può comprare né produrre in laboratorio. Il sangue è necessario a garantire salute e sopravvivenza, indispensabile negli interventi di primo soccorso, per le trasfusioni, nei trapianti di organo e di midollo osseo e nelle cure delle malattie oncologiche ed ematologiche. Purtroppo non basta mai. Tutto ruota attorno all’unico gesto in grado di assicurarne la presenza negli ospedali: la donazione.

La Sardegna, da sempre, fatica un po’ di più rispetto alle altre regioni di Italia: la malaria ha lasciato una pesante eredità e oggi, nell’Isola, si contano circa 1060 persone affette da beta talassemia - su un totale nazionale di 6000 pazienti – che periodicamente necessitano di trasfusioni per poter condurre una vita normale. Due terzi delle scorte sono destinati a loro. Tra talassemia, trapianti, interventi ed emergenze, il sistema trasfusionale sardo ha bisogno ogni anno di circa 107/108mila unità di sangue.

Nel 2021, le donazioni sono state 54.344 secondo i dati emersi lo scorso 24 aprile durante l’ultima assemblea dell’Avis. A queste vanno aggiunte le altre donazioni nei centri trasfusionali degli ospedali che hanno permesso di raggiungere le 81mila unità, circa l’80% del fabbisogno totale. Per il 20% mancante si ricorre alle eccedenze di altre regioni.

«La Sardegna, ogni anno, riceve circa 26 mila unità di globuli rossi dal Nord Italia – dice il dottor Mauro Murgia, responsabile della Struttura regionale di Coordinamento delle Attività trasfusionali dell’ospedale Brotzu di Cagliari – alla fine del 2021, la Regione Piemonte ha però tagliato il 30% delle forniture (da 15.000 a meno di 10.000) per mancanza di medici addetti alla raccolta del sangue. Anche il Veneto ha interrotto l’invio di unità di globuli rossi in Sardegna a causa dell’aumento della richiesta interna. Sono mancate circa 200 unità di sangue alla settimana ripartite tra Cagliari (2/3) e Sassari. Per questo, nonostante le gravi carenze di organico, tutti i nostri centri trasfusionali hanno attivato delle raccolte straordinarie. Grazie all’attività delle associazioni (in primis l’Avis), alle Forze di Polizia e alla raccolta presso le caserme dell’Esercito, si è riusciti a far fronte all’emergenza con numeri record nel mese di febbraio».

La generosità del popolo sardo ancora non basta: se gli oltre 55mila donatori donassero due volte all’anno, con 110mila unità si raggiungerebbe l’autosufficienza.

«Va detto che in Sardegna esiste una carenza qualitativa e una quantitativa di sangue – continua Murgia – quella qualitativa riguarda le emazie di gruppo Zero nonostante sia quello più diffuso tra i donatori sardi. Per quanto riguarda la carenza quantitativa, i centri cronicamente in sofferenza sono quelli con più donatori ma con un’offerta sanitaria più ampia. È lì che c’è una richiesta più pressante di sangue ed emocomponenti. Un esempio: il Centro trasfusionale di Cagliari deve fornire le unità all’Ospedale Microcitemico che segue 500 dei quasi 1000 pazienti talassemici».

Secondo l'Organizzazione mondiale della sanità, per raggiungere l’autosufficienza una nazione deve poter contare su quattro donatori abituali ogni 1000 residenti,. «In Sardegna i donatori sono circa 5,2 ogni 1000 abitanti - sottolinea Antonello Carta, consigliere nazionale Avis - dovremmo essere al di sopra della soglia indicata. Invece non siamo ancora autonomi per le peculiarità della nostra regione».

E il problema si fa sentire ancora di più durante la stagione estiva con l’arrivo dei turisti e l’aumento degli incidenti stradali. «È questo il periodo più critico – rimarca Vincenzo Dore, presidente regionale dell’Avis – il nostro invito è quello di donare prima di partire per le vacanze e - perché no?- convincere chi viene in villeggiatura a compiere un gesto sicuro e preziosissimo. Donare non comporta rischi. Tutti, dai 18 ai 65 anni, fisicamente sani, possono farlo, sotto il controllo dei medici».

Carla Zizi

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Intesa su assistenza e cure

Anche in Sardegna Novartis stringe un accordo quadro con l'amministrazione regionale per lavorare in maniera congiunta a soluzioni che possano aiutare alcuni tipi di pazienti. Nel caso dell'Isola quelli affetti da malattie cardiovascolari e da Sclerosi multipla.

L'intesa con la Regione rientra tra quelle collaborazioni pubblico-privato che stanno alla base delle opportunità offerte dal Pnrr. Non si è ancora arrivati alla fase operativa ma l'obiettivo è di portare progetti e idee alla Regione e gestirle in maniera ottimale. «Novartis, non ha ambizioni di accedere ai fondi, ma vuole collaborare per utilizzarli al meglio», spiega l'Ad di Novartis Italia, Pasquale Frega. Riguardo alle malattie croniche, si sconta lo svantaggio di un sistema ospedalocentrico: «Le persone devono spostarsi per le cure e in Sardegna è più complesso ad esempio per chi ha la Sclerosi multipla visto che sono solo 4 i centri di riferimento e l'Isola ha l'incidenza maggiore d'Italia. Quindi pensiamo di agire sul fronte terapeutico con farmaci a domicilio e poi con un sistema di trasformazione digitale, che non è solo telemedicina, ma sistemi integrati di salute connessa». Sulle malattie cardiovascolari, «che sono sottovalutate e sottostimate e che rappresentano il 35% degli accessi in emergenza, le situazioni patologiche possono essere preventivate con anche un impatto sui conti della regioni: in questo caso parliamo di tecnologie farmacologiche e di follow up».

In più in Sardegna Novartis è presente con iniziative di collaborazione con le istituzioni politico sanitarie regionali che riguardano il miglioramento dei servizi al paziente e al cittadino come la Federazione Italiana Medici di Medicina Generale, per sfruttare le potenzialità dell'Intelligenza qrtificiale e della telemedicina.

In Sardegna a oggi circa 30 medici di famiglia sono stati attivati e coinvolti centri quali l'ospedale Santissima Trinità e il Binaghi Inoltre a Sassari va avanti il progetto SimPLE Evolution che permette di misurare l'impatto effettivo della pandemia, calcolando la riduzione del numero di visite effettuate durante i mesi di emergenza.

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