Per spiegare i numeri mostruosi di contagi da Covid-19 in Lombardia "servono dati definitivi e depositati. E questi dati - se saremo in grado di raccoglierli - li potremo avere solo alla fine, facendo uno screening su malati e deceduti, andando a vedere le cartelle cliniche per ricostruire il percorso della patologia".

Ne è convinto Silvio Garattini, 91 anni, presidente e fondatore dell'istituto di ricerche farmacologiche "Mario Negri". In un'intervista a la Repubblica Garattini sottolinea che "le cose che abbiamo visto in Lombardia dall'inizio dell'emergenza non possono passare sotto silenzio. Perché sono successe. Il senso della vita viene prima del senso degli affari. Ma qualcuno, forse, ha invertito le priorità. E così è stato fatto un danno ulteriore. Che si è sommato gli effetti già devastanti di questo virus, di cui purtroppo sapevamo tutti molto poco''.

Secondo Garattini se in Lombardia i numeri sono così alti "è anche perché non hai fermato prima le aziende e comunque, anche se avevi deciso di tenerle aperte, non hai protetto i lavoratori, che continuavano a spostarsi per andare in fabbrica. Così si sono moltiplicati i contagi".

Non solo. "Non abbiamo protetto nemmeno chi lavora negli ospedali e nei luoghi di cura, nelle case di riposo, negli studi medici", aggiunge. "La prima linea - medici, infermieri, personale sanitario - ha fronteggiato l'onda di piena del virus senza avere attrezzature adeguate. Dov'erano i dispositivi? Adesso quella prima linea è falcidiata da malattie e, purtroppo, da decessi. Penso ai medici di base. Penso a strutture che si sono trasformate in camere di incubazione. Le maggiori infezioni avvengono in ambiente ospedaliero. A farne le spese sono state e continuano a essere le persone più fragili, gli anziani come me, ma anche persone un po' più giovani".

Sulla crescita dei numeri dopo la frenata dei contagi, Garattini evidenzia come sia importante darli, spiegando cosa si fa: "Se non sono stati fatti più tamponi è logico che il numero dei contagiati è più alto. Quanto ai decessi mi sembra si sia raggiunto una fase di stallo, tenuto conto di giorni più e giorni meno. Il punto è che bisognerebbe comunicare il numero dei test e tirare una media che tenga conto di almeno tre-quattro giorni. Ragionare su un giorno o due rischia di creare scompiglio e ansia tra la gente. Uno poi pensa: ma come, sto chiuso in casa e non serve a niente?''.

(Unioneonline/v.l.)
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