Leucemia mieloide acuta, diagnosi e terapie

Come si riconosce e si affronta la leucemia mieloide acuta? Cosa sono le terapie di supporto?

La Leucemia Mieloide Acuta (LMA) è un tumore del sangue a decorso aggressivo come dice il nome stesso, certamente è una condizione in cui si è osservato un miglioramento della performance dei risultati della terapia ma bisogna anche dire che rimane una malattia che per molti pazienti non consente ancora una guarigione. Oggi abbiamo a disposizione nuove terapie, introdotte in questi ultimi pochi anni, che hanno la caratteristica di essere farmaci bersaglio andando a colpire specifici target cellulari. Questo differenzia queste molecole dagli schemi chemioterapeutici che sono stati utilizzati finora, che peraltro continuano a rappresentare lo scheletro sostanziale del trattamento della LMA. Effettivamente, alcuni di questi farmaci possono essere utilizzati in associazione alla terapia convenzionale, quasi sempre rappresentata da uno schema chiamato 3+7; altri possono essere utilizzati in particolari gruppi di pazienti, per esempio nei cosiddetti “unfit” cioè nei soggetti che non hanno le caratteristiche per poter tollerare una chemioterapia convenzionale; altri farmaci ancora possono essere utilizzati in pazienti che hanno perso la risposta al primo trattamento o per mantenere una risposta dopo il trapianto di cellule staminali. È chiaro che questi farmaci sono stati approvati perché hanno dimostrato di poter conferire un vantaggio rispetto alla terapia convenzionale in termini di sopravvivenza e/o di assenza di recidiva della malattia, ma nessuno di questi può da solo portare a guarigione la malattia. Sul fronte della terapia di supporto parliamo terapia di supporto è un concetto molto ampio per un paziente ematologico. Si può intendere la trasfusione di globuli rossi per compensare l’anemia e la trasfusione di piastrine, che conseguono alla chemioterapia, però in realtà in un paziente leucemico il concetto di terapia di supporto si allarga alla terapia somministrata per ridurre al minimo gli effetti collaterali della chemioterapia, come ad esempio la terapia anti-emetica, o rivolta alla prevenzione o il trattamento delle complicanze infettive. Terapia di supporto è anche il supporto nutrizionale nel momento in cui, a causa dell’infiammazione delle mucose, il paziente ha difficoltà ad assumere autonomamente il cibo. La terapia di supporto è un concetto a 360 gradi che ha lo scopo di ridurre al minimo gli effetti avversi della chemioterapia. Per quanto riguarda il futuro del trattamento della LMA, a breve, anzi brevissimo termine ci potrà essere una maggiore comprensione delle potenzialità che già offrono alcune molecole recentemente approvate per l’uso, e dai tanti studi clinici in corso con ulteriori farmaci bersaglio è lecito attendersi risultati favorevoli.

Alessandro Vannucchi, professore di Ematologia, Università di Firenze

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Ricostruzione del seno, diritto di tutte le donne

Quanto è importante puntare sulla ricostruzione del seno dopo un intervento per tumore?

Nel carcinoma mammario la chirurgia plastica gioca un ruolo importantissimo, poiché ricostruisce un seno mutilato asportato per motivi oncologici, e consente di garantire una qualità della sopravvivenza a chi ha già avuto la sfortuna di incontrare il cancro. A tal proposito c’è un progetto volto a diffondere la presenza del chirurgo plastico in tutte le Breast Unit per dare pari opportunità alle donne che incorrono in questa grave malattia. La ricostruzione mammaria deve essere considerata parte integrante del percorso terapeutico di chi ha sviluppato un cancro al seno. Purtroppo, nella realtà sanitaria italiana solo una percentuale del 50/60 per cento dei casi viene sottoposta a ricostruzione, relegando l'approccio terapeutico alla cura della malattia senza considerare la qualità della sopravvivenza che la ricostruzione potrebbe offrire. Questo dipende dal fatto che non in tutte le strutture in cui si effettua la cura del cancro al seno esiste una chirurgia plastica. L'obiettivo deve essere quello di portare la percentuale delle ricostruzioni al 100%, nel rispetto di un concetto di pari opportunità.

Francesco D’Andrea, direttore del Dipartimento di Chirurgia plastica, Policlinico Federico II di Napoli

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Separazione, come comunicarla ai figli

Come affrontare una separazione quando ci sono figli?

Se molti figli vedono la divisione della famiglia come un evento rilevante ma transitorio, per altri si tratta di un’esperienza impattante anche a distanza di anni. Un aspetto cruciale è il momento in cui si comunica la decisione di separarsi: è opportuno permettere al figlio di esprimere la rabbia, il dolore, la tristezza, mostrando ascolto e comprensione. La situazione si complica quando i genitori non sono nelle condizioni per poter aiutare i figli nell’elaborazione di quello che per loro si configura come un “lutto” dato dalla perdita di uno dei due genitori in casa, di una serie di abitudini e momenti trascorsi assieme a entrambi. È importante cercare di non sconvolgere l’organizzazione della quotidianità, evitando che i figli si sentano soli, trascurati o che abbiano l’impressione che i genitori non svolgano più il loro ruolo: occorre adattarsi e inventarsi una nuova genitorialità per dare un senso di continuità ai figli e riuscire a mantenere un rapporto di qualità che sia coerente col passato. Si può smettere di essere marito o moglie di qualcuno, ma non è possibile smettere di essere genitore.

Marco Pinna, psicologo clinico, Centro Bini Cagliari, Clinica Psichiatrica e SPDC SS Trinità

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Alcol e cancro, una relazione pericolosa

Il consumo eccessivo di alcolici aumenta il rischio di sviluppare un tumore?

L’alcol contenuto in vino, birra, amari, cocktail e superalcolici aumenta il rischio di cancro e tale rischio cresce in funzione delle quantità consumate. La Sardegna è una delle regioni in cui è maggiore il consumo di alcol e il 15% dei sardi assume quantità di alcol ad alto rischio per lo sviluppo di un tumore. Sono due le fasce d’età critiche: i ragazzi con meno di 17 anni e gli adulti dai 65 ai 74 anni. I tumori in questione sono quelli del fegato, dell’esofago, dello stomaco, del cavo orale e del colon, ma è importante sottolineare come il 10% circa di tutti i tumori mammari sia dovuto a un abuso di alcol. Gli alcolici aumentano il rischio di tumore al seno perché inducono l’incremento ponderale e l’obesità, ma soprattutto perché, favorendo le mutazioni del gene tumorale BRAF, potenziano l’attività degli estrogeni, implicati nel 75% di tutti i carcinomi mammari. D’altra parte un consumo eccessivo di alcolici rende meno efficace l’ormonoterapia e aumenta l’incidenza di recidive locali e di metastasi. Il 40% di tutti i tumori si può prevenire adottando idonei stili di vita.

Daniele Farci, Responsabile Oncologia, nuova Casa di cura Decimomannu e coordinatore regionale Aiom

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